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Risorgimento Firenze

Il sito del Comitato Fiorentino per il Risorgimento.

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Firenze capitale

Per non smarrire i valori nazionali

24/12/2015 da Alberto Lopez

Giovedì  17 dicembre 2015 nella sala concerti di Casa Martelli di Firenze si è tenuta la conferenza “Le bandiere di Dante. L’inaugurazione del monumento a Dante in Firenze Capitale e l’identità nazionale” promossa dal Comitato fiorentino per il Risorgimento in collaborazione con  Il Museo di Casa Martelli, l’Associazione Insieme per San Lorenzo in occasione della prima edizione della settimana delle Associazioni culturali fiorentine.

Dante 2Dopo un omaggio a Paola D’Agostino, neo direttrice del Museo Nazionale del  Bargello di Firenze, sono intervenuti Laura Cirri e Sergio Casprini che ha curato nel 2013 insieme ad Alessandro Savorelli e Rodolfo Galleni la mostra dei documenti che riproducono le effigi dei numerosissimi vessilli che parteciparono all’evento, il quattordici maggio 1865, in rappresentanza di comuni, scuole istituzioni e associazioni di ogni parte della penisola.

Casprini ha rievocato la cerimonia di inaugurazione della statua di Dante posta al centro di piazza Santa Croce (in seguito rimossa incautamente nell’attuale posizione)  soffermandosi sul ruolo dei monumenti nell’assetto urbanistico dell’epoca,  citando lo storico dell’arte Mario De Micheli: «In Italia nell’Ottocento quello dei monumenti è stato un fenomeno di grande rilievo, una scultura espressione della borghesia risorgimentale ed infatti sarà dopo il ’60 che le statue nelle piazze si moltiplicheranno, con il compito di svolgere una funzione pedagogica nei confronti del popolo e di sviluppare presso di esso una coscienza nazionale…” ( La scultura italiana dell’Ottocento UTET 1992)

A riguardo, per inciso, non si può non ricordare la gradita guida “Firenze, percorsi risorgimentali” di Silvestra Bietoletti e Adalberto Scarlino (Lucio Pugliese edizioni) a cura del Circolo Piero Gobetti utile per maturare anche e soprattutto oggi tale coscienza.

Di seguito, Cirri in modo conciso ed efficace ha ripercorso le vicissitudini delle bandiere che sfilarono in corteo e di cui si erano perse le tracce fino al recente ritrovamento nei depositi di Palazzo Pitti. Per alcune di queste è stato possibile scattare una foto, le più attendono un delicato e oneroso restauro. Di queste si hanno le copie acquerellate in un inedito manoscritto della Biblioteca Nazionale

In particolare, hanno suscitato curiosità quelle dei gonfaloni con gli stemmi delle città di Venezia e di Roma che all’epoca erano ancora territorio straniero come ci ricorda, fra l’altro, il prezzo maggiorato (di ben il settanta per cento!) con cui veniva distribuito in quei luoghi il “Giornale del Centenario di Dante Alighieri” pubblicato per circa un anno, a cavallo tra il 1864 e il 1865, in occasione dei preparativi per la festa del centenario del Poeta. Fatto di difficile concezione per noi abituati ad un’unità e integrità nazionale, che, allora, ben lungi dall’essere scontata doveva, invece, essere conquistata. Il ritrovamento di questo significativo materiale ha motivato anche un convegno che ha avuto luogo a Palazzo Vecchio e di cui è stato pubblicato un volume che ne raccoglie gli atti: “Le Bandiere di Dante” (Edizioni il Campano).

Questa edizione di pregevole qualità a cura di Cirri, Casprini e Savorelli si articola in tre parti:

1) “La festa in piazza Santa Croce del 14 maggio 1865” con interventi di Sergio Casprini (“L’inaugurazione della statua di Dante in Piazza Santa Croce nel 1865: celebrazione di Firenze capitale ed educazione ai valori nazionali”), Alessandro Savorelli (“Le bandiere della festa di Dante: un plebiscito per immagini”) e Laura Cirri (“Una parata di simboli per la giovane Patria”);

2) “Musei, archivi, biblioteche: la memoria dell’evento” con interventi di Laura Lucchesi (“Bandiere per l’Italia: una storia ritrovata”) e Maria Letizia Sebastiani (“La festa di Dante nei manoscritti della Biblioteca Nazionale”);

3) ”Dante e il Risorgimento” con interventi di Cosimo Ceccuti (“Dante padre della nazione”) e Carlo Sisi (“Santa Croce e il mito di Dante”).

Arricchisce l’opera il Catalogo della mostra “Le Bandiere di Dante”, Firenze Biblioteca Nazionale Centrale, tribuna dantesca 15-29 ottobre 2013.

La conferenza si è conclusa con un brindisi per gli auguri di Natale. Auguri che è opportuno continuare a fare se vogliamo conservare memoria del significato di questa ricorrenza. Non c’entra la religione, ma la storia, duemila anni di storia occidentale. E se ci si ferma a riflettere senza pregiudizi e pretesti polemici ci accorgeremmo che ricordare la nascita di Gesù secondo quanto riportato dalla tradizione evangelica è più motivo di unione e rispetto verso tutti che di divisione.

Poi ognuno festeggerà come meglio crede, se crede.

 

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TRACCE DI FIRENZE – Palazzo Vecchio racconta la città

06/12/2015 da Comitato Fiorentino per il Risorgimento

Più spazio all’arte e alla storia di Firenze. Il museo di Palazzo Vecchio  dal 2012 ha aperto una nuova sezione espositiva ospitata in due sale al piano terra . che si chiama “Tracce di Firenze”, un racconto per immagini della città e del suo sviluppo urbanistico e architettonico

Pianta_della_CatenaRid500Tracce di Firenze  è  appunto una nuova sezione espositiva che intende offrire al pubblico una seducente panoramica della città nel suo edificio storico più rappresentativo.
Qui Firenze si mostra attraverso le suggestive immagini di una selezione di importanti opere raffiguranti vedute e scorci cittadini, invitando a scoprire la sua storia e le sue bellezze.
Il racconto di Firenze in quanto urbs – forma urbana – e in quanto civitas – identità politica, sociale e culturale – trova una sede privilegiata nel monumento simbolo della città e nelle sue stratificazioni architettoniche: dai resti del teatro della Florentia romana conservati nelle sue fondamenta, passando attraverso le testimonianze del medievale Palazzo dei Priori e dei fasti dell’età medicea, si giunge alle memorie degli anni di Firenze capitale del Regno d’Italia.
l nuovo nucleo espositivo, che trae origine dalle collezioni dell’ex Museo Storico Topografico “Firenze com’era”, occupa due ambienti al piano terreno del palazzo ed è costituito da un allestimento permanente affiancato da una sezione temporanea.
Nella sezione permanente si traccia un profilo della città e del suo sviluppo urbano con una selezione di dipinti, incisioni e disegni che documentano l’aspetto di Firenze nel corso dei secoli, dal primo Rinascimento (xv secolo) all’epoca contemporanea (xx secolo).
Il percorso di visita si apre con due capisaldi dell’iconografia fiorentina, la riproduzione ottocentesca della Pianta della Catena e la veduta prospettica di Stefano Bonsignori. Seguono alcune delle celebri incisioni di Giuseppe Zocchi, che mostrano la Firenze settecentesca colta nella sua molteplice e umana quotidianità, e una serie di incantevoli vedute fluviali e scorci urbani di stimati pittori, come Livio Mehus, Thomas Patch, Emilio Burci e Giovanni Signorini.

Il vecchio centro è rievocato da un gruppo di piccole tavole di Augusto Marrani raffiguranti i caratteristici vicoli scomparsi nell’ambito delle travagliate trasformazioni urbanistiche dell’Ottocento, qui documentate dai disegni di uno dei progetti di Giuseppe Poggi per Firenze capitale del Regno d’Italia.

La rappresentazione delle espansioni della città moderna è affidata alla grande Veduta panoramica di Firenze disegnata da Luigi Zumkeller nel 1936. Il percorso si conclude con due testimonianze dei momenti più dolorosi della recente storia locale, le distruzioni belliche del 1944 e l’alluvione del 1966.

La sezione temporanea accoglierà periodicamente piccole mostre incentrate su aspetti peculiari della storia di Firenze, attingendo prevalentemente dai depositi e dalle collezioni dei Musei Civici Fiorentini, con il duplice intento di offrire nuovi e ulteriori spunti di riflessione sul passato e sul presente della città e restituire visibilità a raccolte o singole opere poco note o mai esposte al pubblico
Ingresso gratuito nelle ore di apertura di Palazzo Vecchio

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La bellezza salverà il mondo… ma non Firenze e i fiorentini!

01/12/2015 da Sergio Casprini

dostoevskij“La bellezza salverà il mondo” afferma il principe Miškin nell’Idiota di Dostoevskij, ma senza addentrarci nei possibili e tanti significati metaforici di questa frase, tratta dal bel romanzo dello scrittore russo, restiamo al significato della bellezza, come bellezza dell’arte e alla sua funzione pedagogica e catartica.

Contemplare un quadro, una scultura, un’architettura provoca a un tempo emozione e pensieri; certo sono quasi sempre opere del passato, a cui si attaglia indiscutibilmente il canone della bellezza, l’arte contemporanea, in cui l’aspetto estetico è meno importante, invece parla più alla testa che al cuore.

Non tutti sanno che Dostoevskij portò a termine il romanzo l’Idiota a Firenze dove alla fine del novembre 1868 si era trasferito con la moglie in un palazzo in Piazza Pitti, proprio quando a Palazzo Pitti abitava il re d’Italia. Erano gli anni di Firenze capitale,

In quell’anno che rimase a Firenze oltre a terminare l’Idiota fece con la moglie lunghe passeggiate tra chiese, musei e palazzi e qui nacque sua figlia, Ljubov, che in russo vuol dire amore. Fu per lo scrittore un periodo sereno nella sua vita, contrassegnata da tormenti e drammi, e nelle passeggiate tra i monumenti cittadini fu certamente coinvolto dalla bellezza dei luoghi e ne fece partecipe i fiorentini, con cui era entrato in confidenza

Negli anni di Firenze Capitale ed in tutto l’Ottocento nella società civile e nel mondo delle arti tra forestieri e residenti nascono infatti reciproche relazioni di cultura e di amicizia, nella condivisione dei valori e degli ideali del Risorgimento.

Oggi invece a Firenze assistiamo ad un quotidiano assalto dei turisti ai monumenti, ad un consumo passivo e compulsivo dei beni artistici, alla scomparsa dei locali storici e delle botteghe artigiane con le vie e le piazze, trasformate in un mercato caotico e vociante di giorno e talora di notte. E questo allarme non proviene da qualche comitato cittadino, nostalgico del bel tempo che fu, ma dall’agenzia dell’Unesco che tutela i siti, patrimonio mondiale dell’umanità, che ha inviato a maggio a Palazzo Vecchio una lettera in cui denunciava il degrado del centro storico.

Ne consegue che in questa inarrestabile invasione di massa dei turisti i fiorentini progressivamente vengono espropriati della loro città e della possibilità di poter fruire della bellezza del patrimonio storico-artistico con cui per anni avevano convissuto e di cui avevano conservato la memoria.

Ne è un esempio la chiesa di Santo Stefano al Ponte, che si trova tra piazza della Signoria e Ponte Vecchio che da più di un anno non è più accessibile come sito storico-artistico ai fiorentini in quanto, essendo sconsacrata e dopo un lungo restauro riportata agli antichi splendori ( la chiesa ha una facciata romanico-gotica ed un interno barocco con pregevoli opere d’arte) la Curia l’ha concessa in affitto ad una società privata che organizza non solo concerti ma anche mostre multimediali di artisti famosi, per cui all’interno della chiesa in una recente esposizione, tra le altre, di quadri di Van Gogh una sinfonia di luci, colori e suoni ha azzerato per i visitatori la percezione dell’architettura e delle sue decorazioni.

Il Museo dell’Opera del Duomo con un rinnovato, moderno ed intelligente allestimento delle sue splendide collezioni invece è accessibile, ma il prezzo d’ingresso è caro, con la giustificazione da parte dei responsabili del Museo che con lo stesso biglietto si possono pure visitare i monumenti di piazza del Duomo, Battistero, Cattedrale e Campanile, ( una visita per altro da fare nell’arco di 24 ore !).

Anche in questo caso i residenti di fatto vengono respinti da una politica meramente commerciale e per niente culturale in una svendita della città al turismo “mordi e fuggi”.

Andrebbe invece ricordato ai nostri amministratori locali che il nostro patrimonio culturale ed artistico, prima che a produrre ricchezza con lo sfruttamento intensivo del turismo, il nostro petrolio secondo la vulgata del Ministero dei Beni Culturali, serve alla formazione di uno spirito civico e a dare ai fiorentini il senso di appartenenza ad una comunità con le sue specifiche radici storiche e artistiche nell’ambito della comunità più ampia del nostro Paese.

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Firenze Capitale 1865-2015. I doni e le collezioni del Re

19/11/2015 da Comitato Fiorentino per il Risorgimento

royal-apartments-600x400(1)Dal 19 Novembre 2015 al 03 Aprile 2016

Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti Firenze

Curatori:

Simonella Condemi, Sandro Rogari, Cosimo Ceccuti

 

La decisione di trasferire la capitale d’Italia da Torino a Firenze viene stabilita dal Protocollo allegato alla Convenzione firmata con la Francia il 15 settembre 1864. Ma il passaggio non fu indolore: a Torino scoppiò una rivolta che vide molti morti e feriti (tra il 21 ed il 22 settembre) e nuovi scontri ebbero luogo alla fine di gennaio con l’assalto delle carrozze che si recavano al ballo di corte. Vittorio Emanuele II il 3 febbraio lasciava Torino offeso ed amareggiato. Il nuovo prefetto di Firenze il Conte Girolamo Cantelli notava nei fiorentini un’assoluta mancanza di entusiasmo e nessuna preparazione per celebrare il grande evento. Forse nella città toscana pesavano i molti sospetti sui cambiamenti previsti dal piano regolatore di Giuseppe Poggi, che avrebbe definitivamente cancellato l’aspetto della Firenze mediceo – lorenese, modernizzandolo e rendendolo più europeo.

Il 18 novembre del 1865 si insediava a Firenze il Parlamento: Vittorio Emanuele inaugurò la nona legislatura nel salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio. Le vie cittadine in cui si fece strada il corteo reale erano affollate nonostante la pioggia. Il cannone della Fortezza da Basso sparò un colpo quando il Re insieme ai suoi figli uscì da Palazzo Pitti, nuova residenza reale. Con questa cerimonia la capitale era ufficialmente inaugurata.

Firenze aveva tuttavia già rivestito un suo ruolo particolare ed unico nel cammino verso l’unità quando il 27 aprile del 1859, con la cosiddetta rivoluzione di velluto ed il pacifico addio dei Lorena era diventata capitale provvisoria. In quel momento a Firenze erano presenti personalità del calibro di Bettino Ricasoli, Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi e molti degli artisti appartenenti al gruppo macchiaiolo che si alleavano volontari per combattere le guerre di indipendenza.
Vittorio Emanuele II si impegnò a rendere Palazzo Pitti non solamente il più confortevole possibile, ma anche viva testimonianza dei suoi gusti in fatto di arredi, indirizzando i soggetti dei dipinti e delle sculture da lui commissionati. È proprio per indagare quale fosse la passione collezionistica del Re, che si è pensato di festeggiare la ricorrenza di Firenze Capitale con una mostra dedicata alle opere d’arte da lui raccolte e donate poi al Palazzo. Fra queste i dipinti ispirati a celebri episodi storici, legati alla stirpe sabauda, come quello di Giuseppe Ciaranfi ispirato dall’Elemosina del Collare della SS. Annunziata e quello di Giuseppe Bellucci celebrativo della Firma del trattato di Bruzzolo e ancora i dipinti raffiguranti i protagonisti della cultura medievale e rinascimentale, sia letteraria che artistica, italiana. Saranno infatti esposti il marmo di Pio Fedi tratto dall’episodio dantesco di Nello e Pia de’ Tolomei, il quadro di Pietro Saltini che raffigura Francesco Petrarca che ritrae la sua amata Laura, Piccarda Donati fatta rapire dal convento di Santa Chiara dal fratello Corso di Raffaello Sorbi, Michelangelo Buonarroti declama le sue poesie a Vittoria Colonna di Francesco Vinea.

Dagli inventari di opere d’arte di proprietà privata di Sua Maestà il Re si possono inoltre ricavare informazioni interessanti sugli oggetti d’uso e quelli più comuni che accompagnavano le giornate del Sovrano: pipa, portafiammiferi, carte da gioco, stampe con cavalli, portaritratti d’argento con l’immagine della Regina. Questi soprammobili naturalmente venivano posati sui mobili stile barocchetto che il Re aveva personalmente ordinato di intagliare agli artigiani fiorentini imitando il gusto piemontese e francese.

Vittorio Emanuele II non mancò di considerare anche i risultati della pittura macchiaiola scegliendo presso l’Esposizione Nazionale – la prima del regno unito che si era tenuta a Firenze nel 1861 – i Novellieri Toscani, tela di Vincenzo Cabianca, ispirato al Decamerone di Giovanni Boccaccio, uno tra i primi dipinti moderni di storia, assieme a Medioevo di Odoardo Borrani, che concedeva uno spazio da coprotagonista al brano di paesaggio.

Per celebrare nel suo contesto i centocinquanta anni di Firenze Capitale si è pensato di riunire in una sola esposizione dedicata alle scelte culturali e di promozione del Re, le opere che attualmente (in base a quanto documentato dall’inventario Oggetti d’arte del 1911) si trovano collocati in vari ambienti degli appartamenti Reali, presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti.

Gli spazi espositivi prescelti sono quelli del Salone da Ballo del Quartiere d’inverno e della Sala della musica, sale facenti parte dell’appartamento detto di “Sua Maestà il Re”, ora conosciuto come Appartamento della Duchessa d’Aosta, che sarà aperto al pubblico interamente per questa occasione celebrativa. Inoltre saranno messi in luce i rapporti tra il Palazzo e la città e tra questi soprattutto quello con le botteghe artigiane che lavoravano per la Reggia di Pitti (falegnami, fabbri argentieri e orafi, tappezzieri etc…) che si dedicarono alla invenzione di particolari elementi di arredo creati unicamente per il Re, come la spalliera per il trono disegnata e ricamata dalle allieve dell’istituto magistrale di Firenze. “Abilità degli artigiani fiorentini promossi da Demetrio Carlo Finocchietti al rango di propagatori politici dell’idea italiana di progresso.

Era infatti opinione dell’intraprendente amministratore di corte, succeduto al marchese Bartolini, che, per consolidare i vincoli di fratellanza intrecciati prima sui campi di battaglia e poi nelle aule parlamentari, non restasse che “misurarsi nella palestra delle industrie”, incentivando di conseguenza il gusto e la creatività non solo degli artisti ma anche delle più disparate categorie di artigiani, che avrebbero trovato nelle Esposizioni nazionali ed internazionali la sede più adatta per il confronto e l’emulazione” (C. Sisi in Gli Appartamenti Monumentali di Palazzo Pitti, 1993).

Vittorio Emanuele II prestò anche particolare attenzione alle esigenze della città prendendosi cura della formazione scolastica sostenendo l’apertura nel capoluogo toscano di nuovi Istituti quali il collegio della Querce diretto dai padri Barnabiti o l’istituto per Ciechi per il quale promosse l’applicazione del metodo Braille.

Guidato da questa attrazione verso la “modernità” il Re ordinava i nuovi arredi per Palazzo Pitti che divenne a sua volta galleria ufficiale del moderno stile italiano, consacrato e destinato a rappresentare, come aveva annotato l’articolista del “Giornale Illustrato”, la vitalità produttiva scaturita dal travaglio risorgimentale che coinvolse la Firenze Capitale d’Italia e di cui questa mostra darà testimonianza.

Enti promotori:

  • Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo
  • Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana
  • Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze
  • Galleria degli Uffizi
  • Firenze Musei
  • Ente Cassa di Risparmio di Firenze

Costo del biglietto: intero € 8,50, ridotto € 4,25, gratuito under 18

Telefono per informazioni: +39 055 238 8601

E-Mail info: info@polomuseale.firenze.it

Sito ufficiale: http://www.polomuseale.firenze.it

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Un Museo per Firenze

01/10/2015 da Sergio Casprini

copertina 1Un nuovo Museo a Firenze? In una città d’arte che di musei pubblici, sia statali che comunali e privati, di collezioni artistiche e scientifiche ne conta oltre 40, senza considerare poi che Firenze stessa per i palazzi e le chiese, per le vie e per le piazze, essa stessa è un museo a cielo aperto ?

E tra l’altro l’istituzione di un nuovo luogo espositivo, a parte il costo di realizzazione e di mantenimento, non avrebbe poca resa sul piano economico, dato che solo la Galleria Uffizi e la Galleria dell’Accademia tra tutti musei fiorentini sono in attivo per numero di visitatori e relativa vendita dei biglietti ?

I Beni culturali- artistici devono essere allora solo una merce, il nostro petrolio come affermano i nostri amministratori, oppure il nostro patrimonio culturale prima che a produrre ricchezza dovrebbe formare dei cittadini, consapevoli della propria identità e memoria storica ?

Le celebrazioni iniziate quest’anno dei 150 anni di Firenze Capitale non sono servite solo a rievocare un momento significativo della storia nazionale, ma anche a riflettere sul passato, il presente e il futuro della nostra città a partire dagli anni in cui la Firenze granducale diventava appunto la capitale del Regno d’Italia.

In questo senso, l’importanza delle manifestazioni che sono state promosse per questa occasione risulterà ancora maggiore se la città ne uscirà incoraggiata a dedicare una specifica istituzione alla ricostruzione organica della sua intera storia, al di là di pur importantissime ricorrenze. Va pure ricordato che da anni in altre città italiane già esistono analoghe istituzioni, tra le quali per esempio il celebre Museo Carnavalet di Parigi .

Oltretutto attualmente non esistono né un Museo del Risorgimento, né uno dedicato alla Resistenza; il recente Museo del Novecento espone solo opere d’arte; è chiuso da anni il Museo di “Firenze com’era”; il Trecento ed il Quattrocento vengono solo in parte documentati da Palazzo Davanzati e dal Museo Horne.

A maggior ragione, dunque, si sente la mancanza di un luogo, progettato e organizzato secondo i più aggiornati criteri museografici, nel quale i momenti salienti della storia di Firenze dagli anni di Florentia romana a oggi si possano dipanare in un avvincente percorso museale attraverso molteplici forme di documentazione. D’altra parte, in poche città al mondo l’esistenza di una simile istituzione sarebbe così ovvia, perché poche possono vantare una storia così ricca di eventi, di invenzioni, di personaggi straordinari in ogni settore della cultura, dell’arte, della scienza, dell’economia e della politica.

Il Museo della Città sarebbe prezioso in primo luogo per i fiorentini e per tutti quelli che hanno a cuore la memoria storica di Firenze e la conservazione di un patrimonio straordinario; lo sarebbe per i ragazzi, di cui stimolerebbe la curiosità e l’amore per la storia, e per le scuole, che avrebbero a disposizione un potente strumento di divulgazione storica; e ai tanti visitatori della nostra città offrirebbe un’occasione di comprensione più organica di un multiforme e ricchissimo passato.

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AL TEMPO DI FIRENZE CAPITALE
i Tipografi, i Libri, i Velocipedi

20/08/2015 da Comitato Fiorentino per il Risorgimento

 copertina

Sala dei Consoli Biblioteca Palagio di Parte Guelfa Firenze
3 agosto – 31 agosto

 

Come ogni anno in agosto la biblioteca propone una mostra dal titolo che puntualmente ritorna, I MAI VISTI, facendo uscire dagli scaffali del Fondo Storico Biblioteca dell’Università Popolare i libri più rari, le curiosità, quei documenti che bene testimoniano una stagione culturale o un periodo storico.

 

In questo 2015 si celebrano i 150 anni di Firenze Capitale e allora per festeggiarli, come ci si deve aspettare da una biblioteca, siamo andati a ricercare nel Fondo Storico tutti i libri stampati

a Firenze fra il 1865 e il 1871. Una selezione dei documenti ritrovati, per stato di conservazione,

importanza o semplicemente per l’argomento trattato, viene presentata al pubblico in una vetrina

nella Sala dei Consoli dal 3 al 31 agosto 2015.

È successo poi che in Ugo Pesci, Firenze capitale (1865-1870) dagli appunti di un ex-cronista,

Firenze, R. Bemporad & Figlio, 1904 ci siamo imbattuti a pag. 368 nel seguente pezzo di

cronaca: «I ciclisti che, all’alba del secolo XX, credono di essere i precursori d’una nuova civiltà,

si rassegnino a sentirsi dire che nil sub sole novi. Nel 1869 i velocipedi erano di moda in Firenze

capitale, e quantunque le prescrizioni municipali relegassero i velocipedisti nei viali delle Cascine

e li obbligassero a fare i loro esercizi nelle sole ore mattutine […]».

Da libro a libro ecco che in Sergio Camerani, Cronache di Firenze capitale, Firenze, Leo S. Olschki,

1971 troviamo un capitolo a pag. 168 dal titolo Il velocipede dove si narra appunto

sindaco Ubaldino Peruzzi e dei suoi colleghi che si trovarono di fronte ad un avvenimento che

minacciava di sconvolgere la vita in città. Si trattava di regolamentare il traffico dei velocipedi. Si

legge poi anche di una corsa lunga, impegnativa, da Firenze a Pistoia, di Km 33, con partenza

alle 9 del mattino del 2 febbraio 1870 dal Ponte alle Mosse, che vede trionfare un giovane

americano, Van Hest Rymer. Ma meglio e di più di questa competizione su strada si può leggere

in Paolo Ciampi, La prima corsa del mondo, campioni e velocipedi nella Firenze capitale,

presentazione di Riccardo Nencini, Firenze, Mauro Pagliai Editore, 2012.

Dai velocipedi tornando ai libri del Fondo della biblioteca, a quelli stampati a Firenze fra il 1865

e il 1871, si può dire che tante sono le sorprese ma anche tanti i nomi noti. Fra gli editori si

evidenziano per numero di pubblicazioni Barbera e Le Monnier. Fra gli autori troviamo Edmondo

De Amicis con La vita militare, bozzetti, Pietro Fanfani con il Vocabolario della lingua italiana,

Sidney Sonnino con Il suffragio universale in Italia e Pasquale Villari con Saggi di storia, di critica

e di politica. Questi e altre chicche per bibliofili, scelte per festeggiare anche i 750 anni dalla

nascita di Dante Alighieri, i visitatori potranno ammirare nella mostra dedicata a chi è rimasto

d’agosto in città.

 

Andrea Stoppioni

Biblioteca del Palagio di Parte Guelfa

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Il Palazzo dei Pittori
Viale Giovanni Milton 47/49 Firenze

23/06/2015 da Comitato Fiorentino per il Risorgimento

Palazzo-dei-Pittori-FirenzeIl Palazzo dei Pittori, in occasione dei 150 anni di Firenze Capitale è stato nuovamente aperto al pubblico. Il fabbricato destinato a studi di artisti e denominato da sempre “Palazzo dei Pittori” e’ ubicato sulla riva meridionale del torrente Mugnone, oggi viale Giovanni Milton, ai numeri 47 e 49. L’edificio, commissionato dal pittore inglese Lemon, residente a Firenze, fu progettato dall’architetto e ingegnere Tito Bellini ed edificato nella seconda metà dell’Ottocento per ospitare gli artisti di varie nazionalità quali inglese, tedesca, russa, svizzera ed italiana che già operavano durante Firenze capitale (1860-1865). Il Palazzo dei Pittori ha una struttura architettonica che risente fortemente dell’epoca in cui fu costruito: “periodo umbertino”; esso lo caratterizza per l’interpretazione degli spazi e della decorazione particolarmente austera.

Attraversando il gigantesco portone in noce, scopriamo il monumentale androne con un portale decorato a marmi antichi sovrastato da un timpano, ancora oltre si sviluppa la grande scalinata con decorazioni fortemente caratterizzate dai colori rosso pompeiano e blu notte. Il Palazzo dei Pittori, ha un alto valore cittadino, per il ruolo storico e culturale che ha svolto dalla sua origine a tempi recenti. Tra i suoi più illustri ospiti, il pittore svizzero Arnold Böklin (Basilea 1827, Fiesole 1901) ospite dell’amico e pittore russo Wladimir Swertschkoff (Lovisa, Finlandia1821, Firenze 1888), pittore di vetrate molto attivo in Finlandia, che abitava ed aveva ampi studi al piano terreno del palazzo e laboratorio per la lavorazione del vetro al piano interrato. In questi studi Böklin concepì la sua opera più nota “Die Toteninsel” meglio conosciuta come ‘Isola dei Morti’.

Dalla sua costruzione ai giorni nostri, sono stati veramente tanti gli artisti noti e meno noti, che hanno abitato il palazzo, dallo scultore siciliano Domenico Trentacoste, al pittore macchiaiolo Egisto Ferroni, Giovanni e Romeo Costetti, lo scultore Giuseppe Graziosi, e nella migliore tradizione fiorentina, fu sede anche di una prestigiosa scuola di pittura, la “Scuola Fiorentina di Pittura” diretta dai professori Giuseppe Rossi ed Alberto Zardo. Possiamo andare avanti con i pittori Gianni Vagnetti, Arrigo Dreoni e Giorgio Gentilini, fino agli anni del G.A.VI.M. acronimo di Gruppo Artisti Viale Milton, che, nato nel 1983, per arginare un tentativo speculativo conclusosi con il vincolo posto dalla Soprintendenza sull’edificio architettonico, ha organizzato eventi annuali che vedevano il palazzo aprire il suo grande portone alla città. L’ultimo di questi nel Maggio del 1990. Facevano parte del gruppo Renato Alessandrini, Bruno Bartoccini, Gaetano Cenci, Romano Cinelli, Carlo Galleni, Giulio Diana, Luisa Floridia, Silvano Galletti, Raffaello Lopez, Piero Pierini, Anna Romano Giuseppe Salvetti, Remo Squillantini. Ed insieme agli artisti residenti troviamo anche i loro amici come lo scultore Donatello Gabbrielli, frequentatore come Giovanni e Guido Spadolini degli studi di Rossi e Zardo, tra gli altri anche poeti e scrittori, dei quali troviamo traccia negli scritti di Giovanni Papini, che per esempio, racconta del suo primo incontro con Gabriele D’Annunzio nello studio del Trentacoste, o di Mario Luzi in visita all’amico pittore Carlo Galleni.

Ed è proprio Giovanni Spadolini che si attiva perché l’edificio possa vantare un’ulteriore peculiarità, quella di essere vincolato per la destinazione d’uso degli spazi interni, e che riconosce soltanto agli artisti il diritto di occupare quegli studi. Questo è dunque un luogo che parla a chi passa, di un passato importante ma dimenticato, vagamente misterioso che incuriosisce e desta attenzione per le sue alte finestre e il timpano prospettico.

Alla riapertura del Palazzo dei Pittori è intervenuta la Presidente della Commissione Cultura e Sport del Comune di Firenze che ha rilanciato l’idea di riproporre la G.A.VI.M. come appuntamento fisso di primavera

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Ferragamo celebra Firenze Capitale

08/05/2015 da Comitato Fiorentino per il Risorgimento

copertinaIn occasione del 150mo anniversario di Firenze Capitale una speciale mostra celebrerà la storia di Palazzo Spini Feroni, dal 1938 sede della Maison Salvatore Ferragamo e del suo museo.

La mostra, che aprirà i battenti l’8 maggio e chiuderà il 3 aprile 2016, celebra questo secolare edificio che nel 1865 fu scelto come sede del Municipio della città.

Curata da Stefania Ricci e Riccardo Spinelli, la mostra presenta opere d’arte e documenti provenienti da musei e collezioni privati di tutto il mondo. L’esposizione racconta le vicende del Palazzo e dei suoi abitanti, in un allestimento progettato dallo scenografo Maurizio Balò. Il palazzo è stato anche un luogo molto caro al fondatore della maison. «Già molto tempo prima di trasferirmi a Palazzo Spini Feroni – disse una volta – amavo questo edificio e lo consideravo uno dei più belli di tutta Firenze».

 Da un intervista alla curatrice Stefania Ricci

 Come nasce l’idea di questo progetto espositivo?

L’occasione è data dai festeggiamenti nel 2015 dei 150 anni di Firenze capitale del Regno d’Italia, la cui sede comunale nel 1856 era proprio Palazzo Spini Feroni, di proprietà dell’azienda dal 1938, nonché sede del Museo Ferragamo dal 1995, le cui origini medievali risalgono al 1289.
In mostra raccontiamo e ricostruiamo la storia del Palazzo e la storia delle persone che lo hanno abitato, rintracciandone le diverse destinazioni d’uso nei secoli. E’ un po’ come viaggiare nel tempo, seguendo l’evoluzione di un edificio che già di per sé è un’icona di Firenze, dell’italianità, in cui l’arte è parte integrante del Palazzo, basti pensare agli affreschi cinquecenteschi e seicenteschi custoditi all’interno. E’ un museo nel museo.

Che tipo di opere sono esposte e con che criterio sono state scelte?

Dal punto di vista iconografico è una mostra ricchissima con numerosi prestiti nazionali e internazionali, con oltre 250 opere,tra libri, opere d’arte, dipinti, sculture, documenti, fotografie e filmati, nonché percorsi e visite guidate alla scoperta degli affreschi ma anche degli stessi disegni preparatori. L’approccio che abbiamo adottato è divertente e nuovo, e la storia del Palazzo, ricca di aneddoti e di sorprese si presta a queste interpretazioni. Le novelle del Boccaccio, ad esempio, sono state ambientate nel Palazzo e il famoso pozzo di Beatrice, citato da Dante, si trova nel basamento dove oggi ha sede il Museo Ferragamo. Inoltre, Palazzo Spini Feroni nel Novecento ospitava ben tre gallerie d’arte contemporanea e uno degli sforzi maggiori è stato quello di riportare nel Palazzo le opere esposte: da Giorgio De Chirico, Ottone Rosai, Arturo Martini. Uno dei più significativi ritrovamenti è un diorama che mostra Firenze vista dal Palazzo Spini Feroni.

La storia del Palazzo racconta contemporaneamente la storia del fondatore e della famiglia che l’ha mantenuto e restaurato nel corso degli anni.

Sicuramente il Palazzo esprime appieno lo spirito imprenditoriale di Salvatore Ferragamo,
che ha scommesso su Firenze, sull’evocatività artistica e la tradizionale artigianale associata alla città come fattore chiave per comunicare il suo brand nel mondo. Il Palazzo era il setting ideale per accogliere la sua clientela e per veicolare l’immagine del marchio. Nella sua visione c’è già la consapevolezza dei valori positivi associati al Made in Italy ma anche la coscienza di come la bellezza del luogo incida sulla qualità della produzione. La bellezza che genera bellezza. Un’ideale che ancora oggi persegue la famiglia Ferragamo.

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1865-2015: Firenze tra passato e futuro

24/04/2015 da Alberto Lopez

Oggi, come allora, Firenze è oggetto di grandi opere pubbliche. Sono altrettanto indispensabili (aeroporto)? Ma soprattutto, è necessario che siano realizzate così come è stato deciso (stazione ferroviaria, stadio)?

I viali del PoggiTre sono state le capitali d’Italia: dopo Torino e prima di Roma, dal 1865 al 1870 è toccato a Firenze. Quest’anno nel capoluogo toscano, per celebrare il centocinquantesimo anniversario della proclamazione di Firenze Capitale sono state promosse diverse iniziative, fra le quali il convegno di studi tenutosi mercoledì scorso presso l’Auditorium dell’Archivio di Stato di Firenze “Tradizione storica e mutamento dei confini culturali”. Coordinati da Carla Zarilli direttrice dell’Archivio, sono intervenuti Giovanni Cipriani ( “Filosofia e filologia negli anni di Firenze Capitale” ), Fabio Bertini ( “Scienza e Società in Firenze Capitale” ), Alessandra Campagnano ( “Associazionismo e volontariato a Firenze dopo l’Unità d’Italia” ) e Sergio Casprini ( “La ridefinizione della forma urbana di Firenze Capitale tra resistenze romantiche ed esigenze di modernità” ). Lungi dall’essere un resoconto dettagliato degli interventi si può, tuttavia, rilevare brevemente che, pur nella diversità degli argomenti trattati, è emerso in modo unanime che Firenze negli anni Sessanta del XIX secolo non fu solo oggetto di grandi ristrutturazioni urbanistiche, ma anche al centro dell’attività intellettuale e associativa nazionale (oltreché politica, come ovvio, in ragione del suo nuovo e breve status). Infatti, è presso l’Istituto di Studi Superiori, specchio dei valori dell’Italia unita e della cultura risorgimentale e il Museo della Scienza, entrambi ampliati in dimensioni e funzioni proprio in quegli anni, che furono dibattute accesamente le tematiche scientifiche, gnoseologiche e sociologiche più in auge all’epoca: il darwinismo, il positivismo, l’uso della vivisezione in fisiologia con l’inevitabile confronto fra determinismo materialista e libero arbitrio. Non solo, l’affluire delle maestranze per gli ampliamenti della città e delle professionalità per l’esercizio delle funzioni politiche in qualità di capitale contribuirono, in una realtà già ben affermata come quella delle associazioni fiorentine, alla nascita di nuove forme di società di mutuo soccorso di tipo corporativo che negli anni successivi avranno successo anche nelle altre regioni italiane. Una su tutte la Fratellanza Artigiana, prima forma di esercizio della democrazia nella gestione associativa, è stata esempio di filantropia laica, dove l’assistenza medica è stata condotta con rigore scientifico. Come detto durante il convegno e testimoniato dall’ampia documentazione esposta nella mostra “Una capitale e il suo architetto” (fino al 6 giugno all’Archivio di Stato di Firenze, da vedere), gli interventi di allora facevano parte di una visione fiduciosa nel futuro, pianificata con grande accuratezza dall’architetto Giuseppe Poggi e rispondevano alle reali necessità della città: la realizzazione dei Lungarni Torrigiani e Serristori proseguivano quelli già avviati dai Lorena per la messa in sicurezza dell’Arno in seguito alla piena del 1844 e, più in generale, una regimazione delle risorse idriche assicurarono l’acqua alla città che si stava ampliando, schiudendo il nucleo medievale con la creazione di nuovi spazi (dove non doveva mancare il verde pubblico) e di una nuova rete stradale a cui si deve ancora oggi una certa viabilità a Firenze. Anche il viale dei Colli che culmina con il Piazzale Michelangelo nel panorama di Firenze famoso nel mondo si deve al progetto del Poggi. E a lui si deve molto altro ancora. Qui basti ricordare che nel suo lavoro è riuscito nel non mai facile obiettivo di conservazione della memoria e di inserimento del nuovo. Oggi, come allora, Firenze è oggetto di grandi opere pubbliche. Sono altrettanto indispensabili (aeroporto)? Ma soprattutto, è necessario che siano realizzate così come è stato deciso (stazione ferroviaria, stadio)? Oppure esistono (e ci sono) alternative meno costose che incidono meno su vita e tessuto urbani e, quindi, rispondono meglio alle vere necessità dei fiorentini e alle tasche degli italiani tutti?

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Il Medioevo in viaggio

20/03/2015 da Comitato Fiorentino per il Risorgimento

bargello

Museo Nazionale del Bargello Firenze

 

Il Medioevo in viaggio

Mostra in occasione dei 150 anni di Firenze Capitale e della fondazione del Bargello

20 marzo 2015 | 21 giugno 2015

 

La mostra è in collaborazione con i musei appartenenti al Réseau des Musées d’Art Médiéval, nato nel 2011, quando il Musée de Cluny (Parigi), il Museo Nazionale del Bargello, il Museum Schnütgen (Colonia) e il Museu Episcopal (Vic) – simili per genere di collezioni e storia – hanno messo a punto, lavorando insieme, un progetto espositivo che valorizzasse le reciproche raccolte d’arte attorno a un tema specifico: “Il Medioevo in viaggio”.

Il tema è largamente discusso e studiato, ma costituisce un’ardua sfida per una mostra, nel renderlo “visibile”. Sono poche, infatti, le testimonianze di cultura materiale direttamente legate a viaggi così lontani nel tempo. Le opere d’arte, tuttavia, offrono numerosi spunti per evocare i viaggi nel Medioevo: non solo attraverso raffigurazioni iconografiche di viaggi reali o fantastici, ma anche attraverso una quantità di oggetti, che un tempo accompagnarono i tanti e diversi viaggiatori in età medievale, spinti dalla ricerca della redenzione, o del denaro, o della gloria.

 

La mostra si articolerà in cinque diverse sezioni.

 

  1. La rappresentazione del mondo

La prima sezione affronta, attraverso una selezione di carte e piante geografiche dal XII al XV secolo (ma anche del primo globo celeste esistente), i confini del mondo conosciuto e la visione che se ne aveva nel Medioevo. Queste carte appaiono attraversate da rotte e percorsi diversi: talora letterari e devoti, derivati dalle Sacre Scritture; talora invece reali, frutto dell’esperienza diretta dei viaggiatori, quasi delle “carte stradali” ante-litteram, ad uso soprattutto dei viandanti che dall’Europa del Nord scendevano fino a Roma. I viaggi per mare, leggendari e pericolosi, sono evocati sia da una selezione iconografica (miniature, rilievi, dipinti dell’epoca), sia da alcuni antichi strumenti di navigazione.

  1. La salvezza dell’anima: pellegrini, predicatori, chierici

Il pellegrinaggio è la forma più nota del viaggio del Medioevo. Anche se la motivazione religiosa non esaurisce le ragioni più articolate e complesse per cui si intraprendeva un pellegrinaggio, è sicuramente la causa apparente più rilevante di questo moto di massa che ha attraversato l’Europa nei secoli centrali del Medioevo.

La sezione intende illustrare le tipologie dei pellegrini medievali, il loro “corredo” di viaggio (esemplari di scarpe, vesti, strumenti…), le loro insegne distintive a seconda delle mète raggiunte: per lo più, i grandi santuari d’Europa (placchette di pellegrinaggio). Reliquie più ingombranti potevano essere “acquistate” e trasportate in patria in apposite borse o cofanetti: in mostra, rare testimonianze di questo tipo, come la tasca in cotone dello Schnütgen Museum di Colonia.

  1. La guerra: crociate, cavalieri, spedizioni militari

Il tema sarà evocato da alcune testimonianze dirette del viaggio dei crociati, di stretta rilevanza storica, provenienti dal Museo di Cluny, come la croce pettorale dei cavalieri della prima Crociata (1096-1099). Il tema sarà inoltre richiamato da racconti di viaggio delle Crociate, da quello sfortunato del re Luigi IX a quello fantastico di Febusso e Briusso (nella redazione italiana del Manoscritto della Biblioteca Nazionale di Firenze).

I viaggi per terra e per mare sono documentati inoltre da una sezione di piccoli oggetti devozionali, testimoni della circolazione di memorie di pellegrinaggio e di reliquie, di doni e souvenir della Terra Santa. Il loro stile, la presenza di reliquie legate ai luoghi della Passione di Cristo, le provenienze leggendarie, potevano e possono ancora evocare, al pari dei racconti di viaggio, il sapore della distanza e la fascinazione per “l’esotico” e per quelle eroiche e secolari missioni cristiane.

  1. Il viaggio di affari: mercanti, banchieri, messaggeri

In questa sezione, di stampo prettamente laico, sono esposti i tipi di viaggio “di affari” svolti per commercio e per mercato, ma anche per missioni politiche, da categorie che potremmo dire di professionisti itineranti (diplomatici, ambasciatori, ecc.).

In questa sezione saranno centrali le figure del mercante e del messaggero, evocate da una serie di oggetti e strumenti del loro mestiere, come le scarselle, le custodie dei documenti, le tessere mercantili o le lettere di cambio, essenziali per una circolazione rapida, sicura e garantita di beni e denaro nell’Europa medievale.

  1. Il viaggio di immagine: le corti in movimento

Anche distanze molto ridotte potevano costituire, in termini simbolici, un viaggio: come le periodiche trasferte del sovrano o del signore nei suoi possedimenti, col suo seguito di dignitari e il suo fastoso corredo da viaggio (a sottolineare la visibilità politica e sociale) per confermare la propria autorità e garantire l’ordine; o come quello metaforico delle spose aristocratiche, che lasciano la casa del padre per raggiungere quella del marito, spesso a conferma di una nuova alleanza politica fra potenti casati: rappresentato in mostra da tre sontuosi esemplari di selle d’avorio scolpito, in uso in Germania e nel Nord Italia.

Enti promotori

Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana
Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico
e per il Polo Museale della città di Firenze
Museo Nazionale del Bargello
Firenze Musei
Ente Cassa di Risparmio di Firenze

 

ORARI

Lunedì – Domenica
ore 8.15 – 13.50

 APERTURA: 1a, 3a e 5a domenica, 2° e 4° lunedì del mese

 CHIUSURA: 2a e 4a domenica, 1°, 3° e 5° lunedì del mese; 1° gennaio, 1° maggio, 25 dicembre.

La biglietteria chiude alle 13.20
Le operazioni di chiusura iniziano alle 13.40

BIGLIETTI

Biglietto intero: € 4,00
Biglietto ridotto: € 2,00
PRENOTAZIONI PER LA VISITA

Firenze Musei, Tel: 055 294883
Costo della prenotazione: € 3,00

 

 

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