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Risorgimento Firenze

Il sito del Comitato Fiorentino per il Risorgimento.

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Mostre

ST. JAVELIN

17/01/2023 da Sergio Casprini

 25 novembre 2022/ al 29 gennaio2023 Museo del Novecento Firenze

Aperta in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la mostra rinnova l’impegno del Museo Novecento contro la discriminazione di genere attraverso questo progetto dal titolo ‘St. Javelin’, l’ultima serie fotografica di Julia Krahn, in cui l’artista invita le donne ucraine rifugiate a raccontarsi con immagini e interviste.

Al centro un’immagine nata e diffusa durante la guerra in Ucraina che raffigura la Madonna con in braccio un missile anticarro, lo ‘javelin’, simbolo della resistenza. La nuova iconografia di una madre armata ribalta quella di Maria che sostiene in braccio suo Figlio, richiamando alla mente la morte e la violenza più che la vita e l’amore.

 Nel loggiato esterno del museo sono installate dieci bandiere con i ritratti di donne ucraine rifugiate, sorta di icone laiche.

Una seconda installazione è nel loggiato interno al primo piano del museo, dove è stata esposta la serie ‘Die Taube’, che presenta otto fotografie stampate su carta per affissione (affiches) e riprodotte in grande formato sul tema sacro dell’Ultima Cena.

Julia Krahn è nata in Germania. Per dedicarsi completamente alla fotografia, nel 2000 lascia la facoltà di medicina all’Università di Friburgo e si trasferisce a Milano dove nel 2001 inizia a collaborare con la Galleria Magrorocca. Nel 2003 inaugura la sua prima personale Schatten(ombra) e Von Gaensenund Elefanten (di oche e elefanti.  Tra le ultime mostre nel 2017 realizza per ArtOnTime la performance OBLIO –ne me quite pas, presentata a Venezia, Palazzo Trevisan e infine a Roma al Palazzo delle Esposizioni.

Informazioni:

Orario: tutti i giorni 11-20, chiuso giovedì.

Firenze – Museo Novecento, Piazza Santa Maria Novella, 10

Info: 055.286132 – www.museonovecento.it

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IL RITRATTO DEL COLONNELLO ARESE LUCINI IN CARCERE

02/01/2023 da Sergio Casprini

Il 2023 comincia per gli Uffizi di Firenze con una nuova, importante acquisizione. È in mostra, a partire dal 1gennaio, il Ritratto del Colonnello Arese Lucini in carcere, dipinto di Francesco Hayez che ritrae il conte e militare napoleonico, poi coinvolto nei moti risorgimentali Francesco Teodoro Arese Lucini.

Dopo la prima tappa nel museo fiorentino, l’opera viaggerà per tutta la Toscana dove sarà esposta in molti comuni della regione, fino ad approvare alla sua sede definitiva: la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti.

Datata 1828, l’opera fu commissionata dallo stesso conte, dopo i tre anni di carcere nella fortezza dello Spielberg (lo stesso che ispirò Le mie prigioni di Silvio Pellico, per aver partecipato ai moti di Milano nel 1821. La storia dell’opera ha il sapore della mossa politica e non a caso fu scelto il massimo esponente della pittura risorgimentale, Francesco Hayez per realizzarlo. Condonato dalla pena di morte, per aver rivelato in sede processuale i segreti della congiura antiaustriaca di Fedele Confalonieri, Arese Lucini cercava attraverso la committenza della tela di riscattare la propria identità attraverso la propria immagine di sofferenza e patriottismo. Non a caso, con un gesto pittorico rivoluzionario, Hayez ritraeva l’uomo in panni nobiliari, ma con le catene ai piedi, con una scelta artistica inedita fino ad allora.

ARTRIBUNE

Redazione 1° gennaio 2023

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Leonardo Dudreville e l’avanguardia negli anni Dieci

16/11/2022 da Sergio Casprini

Nuove Tendenze

Leonardo Dudreville e l’avanguardia negli anni Dieci
a cura di Francesco Parisi
in collaborazione con l’Archivio Leonardo Dudreville

15 ottobre 2022 – 8 gennaio 2023

FONDAZIONE CULTURALE RAGGHIANTI Via S. Micheletto 3 Lucca 

1909 Autoritratto

Il percorso di Leonardo Dudreville (1885-1976), tra i fondatori nel 1913 del gruppo Nuove Tendenze, è esemplare per comprendere la situazione delle avanguardie artistiche nella particolare congiuntura in cui si muovevano sia i Futuristi, sia quei giovani che, non riconoscendosi pienamente nei princìpi del movimento di Marinetti e Boccioni, cercavano via autonome.

La mostra Nuove Tendenze. Leonardo Dudreville e l’avanguardia negli anni Dieci, a cura di Francesco Parisi, realizzata con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e con il contributo di Anthilia Sgr e di Banco BPM, offre lo spunto per un’indagine approfondita sul periodo e sulla situazione che portò, nella Milano del tempo, alla formazione di questo eterogeneo gruppo.

Il percorso di Dudreville è paradigmatico per tracciare una mappatura completa degli anni cruciali del primo anteguerra italiano, quando, con lo spostamento dell’asse futurista verso Roma, Milano divenne un centro aperto a diverse sperimentazioni artistiche. La mostra segue la sua carriera dalla fase divisionista, culminata con l’ingresso nella celebre galleria del mercante Alberto Grubicy, che tanto contribuì alla diffusione anche all’estero dell’arte derivata da Giovanni Segantini, fino alle esperienze astrattiste (fra i primi esempi italiani del genere), per concludersi con il riavvicinamento alla compagine futurista e alla stesura del manifesto Contro tutti i ritorni in pittura nel gennaio del 1920.

Il movimento Nuove Tendenze è esaminato nell’ambito di questo vivace contesto espositivo, che comprendeva anche le cosiddette mostre di ‘fronda’ che precedettero la formazione del gruppo (composto, oltre che da Dudreville, da Adriana Bisi Fabbri, Mario Chiattone, Carlo Erba, Alma Fidora, Marcello Nizzoli, Giovanni Possamai e Antonio Sant’Elia). In particolare, la Mostra di Arte Libera (1911) e la Mostra dei Rifiutati del Cova (1912), che, con l’esposizione Nuove Tendenze, costituirono i principali momenti in cui l’avanguardia milanese si propose come alternativa rispetto ai canali ufficiali legati al mondo accademico.

Nell’itinerario espositivo una sezione è dedicata proprio a opere e artisti presenti nella mostra del Cova, alcuni dei quali confluirono poi in Nuove Tendenze, come Carlo Erba e Achille Funi, ma anche Mario Chiattone, che ne disegnò la copertina del catalogo in puro stile secessionista, rivelando l’affinità dell’esposizione alle similari esperienze europee (lo palesano, per esempio, alcuni dipinti di artisti quali Aroldo Bonzagni).

1919 Il caduto

Accanto ai lavori di Leonardo Dudreville eseguiti fra il 1905 e il 1919 – anno in cui realizzò Il caduto, che segna il punto di passaggio verso un nuovo concetto di figurazione – le opere degli artisti aderenti al movimento accompagnano dunque il visitatore nel brillante clima culturale d’inizio secolo, in un percorso che va dagli avveniristici progetti architettonici di Mario Chiattone e Antonio Sant’Elia alle indagini pittoriche di Adriana Bisi Fabbri, Carlo Erba e Marcello Nizzoli, alla scultura di Giovanni Possamai, fino a giungere al manifesto Contro tutti i ritorni in pittura, firmato da Dudreville assieme ad Achille Funi, Luigi Russolo e Mario Sironi, che chiude idealmente la mostra.

La mostra è accompagnata da un libro-catalogo edito dalla Fondazione Ragghianti con Silvana Editoriale, che includerà le riproduzioni delle opere esposte, di documenti e di materiali d’epoca, e i saggi del curatore Francesco Parisi con quelli di Alessandro Botta, Niccolò D’Agati, Roberto Dulio, Elena Pontiggia e Sergio Rebora, studiosi specialisti della materia.

Orari di apertura:
dal martedì alla domenica dalle ore 10 alle 18, con apertura anche il 1° novembre, 8 dicembre, 26 dicembre, 1° gennaio e 6 gennaio (chiusa il 25 dicembre).

Visite guidate​​​​

A partire dal 15 novembre sarà possibile prenotare visite guidate della mostra, che saranno disponibili ogni sabato e domenica alle ore 10:30 e alle ore 15:30.
La prenotazione è obbligatoria e consentita fino all’esaurimento dei posti, per un massimo di 20 persone a gruppo. Il costo delle visite guidate è di 52 euro, oltre al prezzo del biglietto, di 4 euro a persona.

Per informazioni e prenotazioni: tel. 0583 467205

Dal Sito della Fondazione Ragghianti

https://www.fondazioneragghianti.it/category/mostre/

Fondazione Ragghianti

 

 

 

 

 

 

 

 

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Paesaggi di Toscana. Da Fattori al Novecento

02/08/2022 da Sergio Casprini

 I paesaggi della Maremma e del resto della Toscana

raffigurati nelle più celebri opere dei Macchiaioli e di altri grandi maestri del Novecento.

Polo culturale LE CLARISSE Via Vinzaglio 27, Grosseto

18 giugno/ 4 settembre 2022

 Il Polo culturale Le Clarisse di Fondazione Grosseto Cultura presenta la mostra “Paesaggi di Toscana – Da Fattori al Novecento“, a cura di Emanuele Barletti, da un’idea di Carlo Sisi, con i capolavori della collezione d’arte della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze dedicati al paesaggio.

L’esposizione al Polo culturale Le Clarisse è suddivisa in tre sale: la prima è dedicata alla “terra amara” (per le paludi e la malaria) di Maremma e ai pittori Macchiaioli, con dipinti di Giovanni Fattori, Adolfo Tommasi, Luigi e Francesco Gioli.

Paesaggio Niccolò Cannicci

Nella seconda sala sono esposti paesaggi toscani più dolci e struggenti rispetto alla “Maremma amara” dei Macchiaioli, riferibili a due modalità espressive che ebbero larga diffusione nel primo Novecento: quelle ancorate al “vero” della tradizione naturalista postmacchiaiola – come nel caso dei dipinti “lucchesi” di Adolfo Tommasi o del “Cacciatore” di Raffaello Sorbi – e quelle maggiormente legate alle suggestioni della pittura diffusa in ambito europeo, come le atmosfere brumose del “Paesaggio” di Niccolò Cannicci, le allusioni al simbolismo di Giorgio Kienerk o dalle le forti e vivaci di Ulvi Liegi. Scorci di paesaggio che evitano la retorica del selvaggio, del maestoso e del sublime per rivelare l’urgenza di abbandonarsi all’intimità e alla serenità del marginale e del quotidiano.

La veduta di San Gimignano Giovanni  Colacicchi

La terza sala è dedicata a personalità artistiche più calate nella prospettiva novecentesca: “La veduta di Firenze” di Llewelyn Lloyd, “Le due strade di Versilia” di Galileo Chini, “La veduta di San Gimignano” di Colacicchi. Esempio di un rinnovato richiamo alla grande tradizione classica è invece il trompe l’oeil di Pietro Annigoni, considerato uno dei più grandi artisti figurativi del Novecento italiano.

Allievo di Annigoni fu Luciano Guarnieri, che nella stessa sala espone un’opera dalla straordinaria sensibilità pittorica. In esposizione anche il dipinto “Eroi di Maremma” di Paride Pascucci, dipinto dal pittore mancianese nel 1895, a 29 anni, ed entrato a far parte della collezione d’arte della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze nel 1987. È il simbolo della “Maremma amara” che uccide con la malaria.

 

La mostra è aperta la domenica con orario dalle 17 alle 20, il mercoledì con orario dalle 11 alle 14; il giovedì, il venerdì e il sabato con orario dalle 11 alle 14 e dalle 17 alle 20 (ingresso a 3 euro; 5 euro compreso l’ingresso al Museo Luzzetti; per informazioni e prenotazioni tel.0564 488066; e-mail collezioneluzzetti@gmail.com

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Mare: Mito Storia Natura.

24/07/2022 da Sergio Casprini

Arte Italiana 1860-1940
A cura di Massimo Bertozzi
9 luglio – 30 ottobre 2022

Palazzo Cucchiari – Fondazione Giorgio Conti
Via Cucchiari, 1 – Carrara 

 

Il Mare nell’arte italiana

Oltre cento dipinti che coprono varie scuole: dai macchiaioli ai simbolisti e alle avanguardie 

I pittori lo guardavano da terra, il mare, ognuno raffigurandolo in maniera diversa. Soprattutto quello di Viareggio dove nacque il concetto di balneazione, dove comparsero i primi pontili e i primi stabilimenti costruiti sulle palafitte.

Un bel serbatoio artistico da raccontare per la mostra Il Mare: Mito Storia Natura. Arte italiana 1860 – 1940 nella sede della Fondazione Giorgio Conti a Palazzo Cucchiari di Carrara. A cura di Massimo Bertozzi in mostra oltre cento dipinti che abbracciano diverse scuole artistiche, per un viaggio negli anni compresi tra la nascita del Regno d’Italia e lo scoppio della seconda guerra mondiale. Dai macchiaioli (Fattori) e post macchiaioli (Lloyd, Ulvi Liegi, Puccini) ai pittori livornesi (March e Natali), dalla figurazione simbolista (Sartorio, Benvenuti, Baracchini Caputi), dal mondo colorato dei divisionisti (Nomellini) alla stagione delle avanguardie (Ram e Thayaht) e dei grandi dell’arte italiana come de Chirico, Savinio, De Pisis, Campigli, Morandi, Nathan e tra gli scultori Martini, Marino, Manzù e Messina.

La ribalta spetta ai liguriapuani: dai pittori versiliesi autoctoni, come Chini, Moses Levy, Viani, o d’adozione, come Carrà, Carena, De Grada, Funi, passando dai cantori della Liguria, come Telemaco Signorini, fino agli scultori apuani come Carlo Fontana e Arturo Dazzi. Unico comune denominatore, il mare e quelle terre — piatte o scoscese — che vi si affacciano e che da millenni accolgono popoli i più disparati. Alcuni hanno scelto di viverci, per altri è stato fonte di sostentamento, per altri ancora gioia di vivere. Quel mare è di tutti, sembra dire la mostra, anche se non appartiene a nessuno. E se gli artisti hanno visto lo stesso mare, alla fine ognuno se l’è immaginato e figurato a modo suo. E qui si ravvisa il fascino e la magia delle diverse espressioni artistiche, di cui la mostra di Palazzo Cucchiari vuol dare ampia testimonianza.

Copiosa materia prima per le sei sezioni della rassegna. Ed ecco la prima: «Il mare dell’immaginazione: miti e visioni», con il mare che si annida nei nostri ricordi. La seconda «Un mondo di sabbia: orizzonti tra terra e mare» passa in rassegna il mare secondo i macchiaioli con le sue brume mattutine, i tramonti accecanti e il mare delle tenebre: un mare per gente terragna, che sistema il cavalletto all’aria aperta e in piena luce. Terza sezione: «Andar per mare: costrizione e avventura». Qui ad occupare la scena sono gli uomini che vivono e lavorano sul mare 

La quarta «Andare al mare: la villeggiatura»: la geometria delle cabine, i triangoli bianchi delle vele, i colori pastello delle sdraio e degli ombrelloni. Raccoglitori di conchiglie, collezionisti di sassi rotondi e vetri colorati, innamorati dei relitti di antichi naufragi sono gli ispiratori dei dipinti della sezione quinta «Gli oggetti del mare: la natura ricordata». E infine la sesta «L’uomo e il mare: il corpo della scultura»: vita di spiaggia, ovvero divertirsi con l’intenzione di ristorare la mente, ma soprattutto per esibire il fisico.

Loredana Ficicchia   Corriere Fiorentino 24  luglio 2022

 

 

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Giuseppe Bezzuoli. Un grande protagonista della pittura romantica

16/05/2022 da Sergio Casprini

La famiglia di Lot che fugge dall’incendio di Sodoma 1854

ALLA PALAZZINA DELLA MERIDIANA DI PALAZZO PITTI

LA PITTURA ROMANTICA DI GIUSEPPE BEZZUOLI

Giuseppe Bezzuoli. Un grande protagonista della pittura romantica, a cura di Vanessa Gavioli, Elena Marconi ed Ettore Spalletti è la mostra ospitata fino al 5 giugno 2022 nelle sale lussuose della Palazzina della Meridiana di Palazzo Pitti a Firenze. In esposizione oltre 130 tra dipinti, sculture e disegni, che raccontano la carriera del Bezzuoli e l’arte del suo tempo. Molte delle opere presenti provengono da prestiti da musei e collezioni italiani e stranieri. 

La morte di Filippo-Strozzi in Castel San Giovanni 1838

Dagli esordi neoclassici alla piena maturità 

Le opere in mostra consentono di ripercorrere la carriera di Giuseppe Bezzuoli (Firenze 1784 -1855), dagli esordi neoclassici alla piena maturità, quando al culmine della fama crea alcuni capolavori della grande pittura romantica italiana: l’Ingresso di Carlo VIII a Firenze, Il ripudio di Agar, l’Eva tentata dal serpente (questi ultimi due dipinti sono recenti acquisizioni da parte degli Uffizi per la Galleria d’arte Moderna). A questi capolavori si aggiungono i ritratti della società contemporanea al pittore, che restituiscono uno spaccato della nobiltà e dell’alta borghesia nazionale e internazionale. 

L’entrata di Carlo VIII a Firenze 1829

La mostra, suddivisa in nove sezioni, permette inoltre di confrontare la produzione artistica di Bezzuoli con quella di altri importanti maestri del calibro di Francesco Hayez e Massimo D’Azeglio, offrendo ai visitatori l’occasione di ammirare anche le opere dei maggiori esponenti dell’arte e della cultura cosmopolita della Firenze di primo Ottocento: il francese Ingres, attivo in città contemporaneamente a Bezzuoli, gli scultori Horatio Greenough e Hiram Powers, oltre a Thomas Cole, esponente della Hudson River School. 

Da segnalare la sezione dedicata all’attività grafica di Bezzuoli, disegnatore di indiscusso talento, e alle sue fonti letterarie: Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio, Torquato Tasso, Ludovico Ariosto, Jean Racine, Alessandro Manzoni. Esposti in mostra anche alcuni interessantissimi taccuini, nei quali la parte figurativa è spesso associata ad annotazioni che testimoniano, tra l’altro, l’elevato profilo del magistero artistico di Bezzuoli, svolto per quattro decenni all’Accademia di Belle Arti di Firenze. 

Alla Palazzina della Meridiana di Palazzo Pitti la pittura romantica di Giuseppe Bezzuoli – Arte Magazine

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GIUSEPPE BEZZUOLI. CENNI BIOGRAFICI

Giuseppe Bezzuoli nasce a Firenze il 28 novembre 1784. Negli anni giovanili frequenta l’Accademia di Belle Arti sotto la guida di Jean-Baptiste Frédéric Desmarais e Pietro Benvenuti, e presto si aggiudica riconoscimenti importanti: nel 1801 riceve il premio nel concorso annuale per l’«Accademia di nudo disegnato», e nel 1812 il suo dipinto Aiace che difende il corpo di Patroclo risulta vincitore all’esposizione Triennale dell’Accademia. Nel 1815 dipinge il suo capolavoro, Francesca da Rimini, oggi disperso, commissionatogli l’anno prima dal conte Saulo Alari di Milano. I viaggi fra Milano, Bologna e il Veneto, negli anni seguenti, non solo estendono i suoi contatti ma arricchiscono ulteriormente la sua cultura figurativa, che si esprime ai massimi livelli in uno dei quadri più significativi e celebri della sua carriera: il Battesimo di Clodoveo, del 1823. A quest’ultimo seguono altri lavori che vengono molto apprezzati sia da parte del pubblico che dal granduca Leopoldo II di Lorena, per il quale fra il 1827 e il 1829 esegue il grande dipinto storico con Ingresso di Carlo VIII a Firenze. A fronte di un successo sempre crescente a Firenze e anche a Milano, la pittura di Bezzuoli conosce nei decenni successivi una grande fortuna anche a livello internazionale, testimoniata dal fatto che l’artista riceve commissioni da collezionisti di diverse aree in Europa e oltre (Inghilterra, Stati Uniti d’America, Lituania, Russia). Bezzuoli muore la sera del 14 settembre 1855.

“Messa finalmente in piena luce, la figura di Bezzuoli – spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt – ora si staglia nel fremente panorama artistico ed intellettuale dell’Europa di metà Ottocento e oltre: l’artista si rivela come vero e proprio pictor doctus, che conosceva e amava la letteratura, sua continua fonte d’ispirazione. L’aspetto sensazionale della mostra – oltre ai suoi meriti scientifici – è la sua ambientazione: alcune sale del percorso vennero addirittura decorate da Bezzuoli per il granduca. Il visitatore viene così trasportato in una scenografia perfetta dove l’artista e i suoi contemporanei vengono fatti rivivere tra le sete delle tappezzerie e i mobili dell’epoca, come in un set teatrale dove però tutto è meravigliosamente vero”. 

INFO Giuseppe Bezzuoli (1784 – 1855). Un grande protagonista della pittura romantica | Le Gallerie degli Uffizi

 

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OSCAR GHIGLIA. Gli anni di Novecento

16/04/2022 da Sergio Casprini

Palazzo Medici Riccardi via Cavour Firenze

7 aprile/13 settembre 2022 

Palazzo Medici Riccardi ospita, dal 7 aprile al 13 settembre 2022, la mostra “Oscar Ghiglia. Gli anni di Novecento”, a cura di Leonardo Ghiglia, Lucia Mannini e Stefano Zampieri. Promossa da Città Metropolitana di Firenze e organizzata da MUS.E in collaborazione con l’Istituto Matteucci di Viareggio, l’esposizione offre al pubblico la possibilità di conoscere e apprezzare le opere di un grande artista del Novecento italiano di radice eminentemente toscana, eppure profondamente legato alle vicende artistiche europee del suo tempo.

“Oscar Ghiglia. Gli anni di Novecento” si inscrive quindi nell’affascinante percorso di ricerca intorno a questo artista, ponendo in questo caso l’attenzione sugli anni di Novecento, nei quali il pittore raggiunge esiti di eccezionale qualità: basti ricordare La modella (1928-29), assunta a icona di questa mostra, a fianco dei meravigliosi accordi compositivi, cromatici e poetici sviluppati dal pittore nelle sue nature morte e nei suoi ritratti.  L’esposizione, che ci porta come per magia indietro nel tempo, ai primi decenni del Novecento, propone oltre cinquanta opere di Oscar Ghiglia, provenienti da prestigiose collezioni private, tra le quali si annovera appunto l’Istituto Matteucci, e da importanti musei pubblici, fra cui la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, presentate secondo una narrazione che intreccia temi e cronologie: la prima sala, che si apre con il suo Autoritratto del 1920, è dedicata agli anni della prima maturità dell’artista, quando il pittore, abbandonando poco a poco la via sperimentale della stagione precedente, comincia a declinare i toni di un diffuso “ritorno all’ordine” in chiave del tutto originale e si impone come sublime costruttore di splendide nature morte: fra queste la modernissima Alzata con arance del 1915-1916 o gli Iris del 1921. Nella seconda sala l’accento è posto sulla profonda classicità che permea l’opera di Ghiglia, declinata in forma sintetica, luminosa e salda al tempo stesso, mentre nella terza sala è offerto uno sguardo sul nudo femminile, in dialogo con un disegno di medesimo soggetto dell’amico Amedeo Modigliani. Le ultime due sale aprono invece, anche grazie a un allestimento particolarmente evocativo firmato da Luigi Cupellini, al “realismo magico” intorno a cui si raccolgono tanti artisti negli anni Venti e che permea in tono del tutto originale l’opera di Ghiglia: una ricerca sugli oggetti e sulle forme tanto nitida quanto enigmatica, tanto perfetta quanto irrisolta, che tuttora ci ammalia e ci incanta. La “poesia muta”, eppure fremente di vita, di Ghiglia, ha un fascino intenso tanto sui conoscitori d’arte quanto sul grande pubblico, invitando, pur a cent’anni di distanza, a una riflessione profonda sulla natura e sul tempo del nostro vivere.

Oscar Ghiglia (1876-1945), nasce e cresce a Livorno, scegliendo Firenze come città di sviluppo artistico. Con lo sguardo fermo sugli insegnamenti di Giovanni Fattori e il pennello pronto ad accogliere le novità d’Oltralpe – prima fra tutte la pittura di Cézanne – l’artista matura una qualità pittorica altissima, quasi eletta, che in mostra è esemplarmente rappresentata dalla sua ricca produzione durante gli anni di Novecento, il movimento artistico sviluppatosi intorno alla figura di Margherita Sarfatti in nome di un “ritorno all’ordine” che Ghiglia interpreta in chiave assolutamente personale. Distante dalle mode del mercato e dalle grandi esposizioni nazionali e internazionali, l’opera di Ghiglia conosce una riscoperta a partire dagli anni Sessanta e Settanta del Novecento, che prosegue nei decenni successivi e che conosce un particolare rilievo con le due mostre a lui dedicate nel 1996 a Livorno e a Prato e con una più recente esposizione tenutasi a Viareggio nel 2018.

Durante il periodo espositivo sono in programma visite guidate specifiche per giovani e adulti (tutti i sabati e le domeniche alle h. 16.30), atelier di pittura per le famiglie (tutte le domeniche alle h. 10.00), oltre a incontri di approfondimento, sia in presenza sia a distanza, sulla vita, sul pensiero e sull’opera del pittore. 

Sito Palazzo Medici Riccardi

Oscar Ghiglia. Gli anni di Novecento – Palazzo Medici Riccardi

Info e contatti

Info e contatti – Palazzo Medici Riccardi

 

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Giuseppe Bezzuoli. Un grande protagonista della pittura romantica

07/04/2022 da Sergio Casprini

L’entrata di Carlo VIII a Firenze ( dettaglio) 1829

“Giuseppe Bezzuoli. Un grande protagonista della pittura romantica”, a cura di Vanessa Gavioli, Elena Marconi ed Ettore Spalletti è la mostra ospitata dal 29/03/2022 al 05/06/2022 nelle sale lussuose della Palazzina della Meridiana di Palazzo Pitti a Firenze. In esposizione oltre 130 tra dipinti, sculture e disegni, che raccontano la carriera del Bezzuoli e l’arte del suo tempo. Molte delle opere presenti provengono da prestiti da musei e collezioni italiani e stranieri. 

Dagli esordi neoclassici alla piena maturità.Le opere in mostra consentono di ripercorrere la carriera di Giuseppe Bezzuoli (Firenze 1784 -1855), dagli esordi neoclassici alla piena maturità, quando al culmine della fama crea alcuni capolavori della grande pittura romantica italiana: l’Ingresso di Carlo VIII a Firenze, Il ripudio di Agar, l’Eva tentata dal serpente (questi ultimi due dipinti sono recenti acquisizioni da parte degli Uffizi per la Galleria d’arte Moderna).  A questi capolavori si aggiungono i ritratti della società contemporanea al pittore, che restituiscono uno spaccato della nobiltà e dell’alta borghesia nazionale e internazionale. 

La mostra, suddivisa in nove sezioni, permette inoltre di confrontare la produzione artistica di Bezzuoli con quella di altri importanti maestri del calibro di Francesco Hayez e Massimo D’Azeglio, offrendo ai visitatori l’occasione di ammirare anche le opere dei maggiori esponenti dell’arte e della cultura cosmopolita della Firenze di primo Ottocento: il francese Ingres, attivo in città contemporaneamente a Bezzuoli, gli scultori Horatio Greenough e Hiram Powers, oltre a Thomas Cole, esponente della Hudson River School. Da segnalare la sezione dedicata all’attività grafica di Bezzuoli, disegnatore di indiscusso talento, e alle sue fonti letterarie: Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio, Torquato Tasso, Ludovico Ariosto, Jean Racine, Alessandro Manzoni. Esposti in mostra anche alcuni interessantissimi taccuini, nei quali la parte figurativa è spesso associata ad annotazioni che testimoniano, tra l’altro, l’elevato profilo del magistero artistico di Bezzuoli, svolto per quattro decenni all’Accademia di Belle Arti di Firenze. 

“Messa finalmente in piena luce, la figura di Bezzuoli – spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt – ora si staglia nel fremente panorama artistico ed intellettuale dell’Europa di metà Ottocento e oltre: l’artista si rivela come vero e proprio pictor doctus, che conosceva e amava la letteratura, sua continua fonte d’ispirazione. L’aspetto sensazionale della mostra – oltre ai suoi meriti scientifici – è la sua ambientazione: alcune sale del percorso vennero addirittura decorate da Bezzuoli per il granduca. Il visitatore viene così trasportato in una scenografia perfetta dove l’artista e i suoi contemporanei vengono fatti rivivere tra le sete delle tappezzerie e i mobili dell’epoca, come in un set teatrale dove però tutto è meravigliosamente vero”. 

 Redazione  Artmagazine 

GIUSEPPE BEZZUOLI, CENNI BIOGRAFICI

Giuseppe Bezzuoli nasce a Firenze il 28 novembre 1784. Negli anni giovanili frequenta l’Accademia di Belle Arti sotto la guida di Jean-Baptiste Frédéric Desmarais e Pietro Benvenuti, e presto si aggiudica riconoscimenti importanti: nel 1801 riceve il premio nel concorso annuale per l’«Accademia di nudo disegnato», e nel 1812 il suo dipinto Aiace che difende il corpo di Patroclo risulta vincitore all’esposizione Triennale dell’Accademia. Nel 1815 dipinge il suo capolavoro, Francesca da Rimini, oggi disperso, commissionatogli l’anno prima dal conte Saulo Alari di Milano. I viaggi fra Milano, Bologna e il Veneto, negli anni seguenti, non solo estendono i suoi contatti ma arricchiscono ulteriormente la sua cultura figurativa, che si esprime ai massimi livelli in uno dei quadri più significativi e celebri della sua carriera: il Battesimo di Clodoveo, del 1823. A quest’ultimo seguono altri lavori che vengono molto apprezzati sia da parte del pubblico che dal granduca Leopoldo II di Lorena, per il quale fra il 1827 e il 1829 esegue il grande dipinto storico con Ingresso di Carlo VIII a Firenze. A fronte di un successo sempre crescente a Firenze e anche a Milano, la pittura di Bezzuoli conosce nei decenni successivi una grande fortuna anche a livello internazionale, testimoniata dal fatto che l’artista riceve commissioni da collezionisti di diverse aree in Europa e oltre (Inghilterra, Stati Uniti d’America, Lituania, Russia). Bezzuoli muore la sera del 14 settembre 1855.

Per informzioni su biglietti ed orari

https://www.uffizi.it/palazzo-pitti#timetable-prices

La famiglia di Lot che fugge dall’incendio di Sodoma 1854

 

 

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Pas de deux. Marino Marini Igor Stravinskij

21/03/2022 da Sergio Casprini

Museo Marino Marini  Piazza di S. Pancrazio Firenze

11 marzo/30 maggio 2022

 Si intitola Pas de deux. Marino Marini Igor Stravinskijla mostra che si è aperta venerdì 11 marzo alle 17.00 e che sarà visitabile fino al 30  maggio presso il Museo Marino Marini di Firenze: cinquanta opere, molte delle quali mai esposte in precedenza, a ripercorrere l’amicizia e il legame tra due delle personalità artistiche più influenti del Novecento, Marino Marini e Igor Stravinskij.
Con la curatela di Luca Scarlini, scrittore, drammaturgo, performer e voce nota di Radio Tre, l’esposizione documenta le tappe (alcune delle quali inedite) di questo straordinario sodalizio, iniziato nel 1948 presso la galleria d’arte newyorchese Curt Valentine, e proseguito con successivi e costanti incontri illustrati in alcune tra le opere più straordinarie di Marini: dalle acqueforti della serie “Marino to Stravinskij” alle litografie “Personnages du sacre du printemps”, fino all’unica, magnifica scenografia mai realizzata dall’artista, quella per “La sagra della primavera” dello stesso Stravinskij, rappresentata alla Scala di Milano l’8 dicembre 1972. Marino Marini aveva rifiutato molte volte di lavorare per il teatro, ed è solo il profondo affetto per l’amico morto l’anno prima (Stravinskij era scomparso a New York il 6 aprile 1971) a persuaderlo. Ne risultano opere straordinarie, che contribuirono a rendere il balletto, diretto da Bruno Maderna con coreografie di John Taras e protagonista l’étoile Natalia Makarova, da poco transfuga in occidente, un netto successo. “Gli incontri tra artisti di diverse discipline generano eredità ricche – spiega Scarlini, collaboratore di numerose istituzioni teatrali italiane e europee (tra cui il National Theatre di Londra) che ha lavorato in varie occasioni su temi di storia della scenografia – Il Novecento è stata epoca di grandi incontri: il lavoro di artisti notissimi con compositori illustri nasceva in base ad affinità elettive. Il ballo per Marino era stato una seduzione importante fin dalla giovinezza, come dimostrano la nutrita sequenza delle danzatrici, di grandi e piccole dimensioni, e i numerosi lavori pittorici e di incisione. “Pas de deux: Marino Marini Igor Stravinskij” narra, attraverso opere inedite o poco viste, la storia di una amicizia che è anche sincera condivisione di un sentimento dell’arte come evocazione di antichi ritmi vitali, che il secolo scorso aveva riscoperto dopo un lungo oblio”.

Al primo piano del Museo sono esposti dipinti dedicati ad attori, danzatori e giocolieri, oltre ad incisioni originali a tema teatrale. In prestito dalla Fondazione Marino Marini di Pistoia le acqueforti e le litografie realizzate tra il 1972 e il 1974 in ricordo dell’amico scomparso nel 1971, oltre al ritratto in bronzo di Stravinskij che il compositore definì “straordinariamente bello” e una serie di affascinanti materiali – tra biglietti e scambi epistolari – che documentano la stima e l’affinità artistica tra i due. Andati malauguratamente dispersi dopo il debutto dello spettacolo, i fondali dipinti da Marini per il balletto di Stravinskij saranno proiettati in formato digitale, ed uno di essi verrà riprodotto su tela. L’allestimento è a cura di Marisa Coppiano.

Pas de deux. Marino Marini Igor Stravinskij 

11 Marzo 2022 / Maggio 2022

Firenze  Museo Marino Marini  Piazza di S. Pancrazio

Orari: Sabato, Domenica e Lunedì 10-19 (ultimo ingresso ore 18.30)

Costo del biglietto: intero: 6 €, ridotto: 4 € (bambini da 7 a 14 anni). Gratuito bambini fino a 6 anni, tessere ICOM, EDU Musei Card, guide turistiche e giornalisti con tesserino in corso di validità, disabili e un loro accompagnatore

Telefono per informazioni: +39 055 219432

E-Mail info: info@museomarinomarini.it

Sito ufficiale: http://museomarinomarini.it

 

Museo Marini Firenze

 

 

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Promised lands

26/02/2022 da Sergio Casprini

AMOS GITAI
Promised lands

Palazzo Vecchio 

Sala d’Arme

25 febbraio – 14 aprile 2022

Dal 25 febbraio  è  in mostra nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio Promised lands, la video installazione dell’artista e regista Amos Gitai (Haifa, 1950). Si tratta di un’opera realizzata ad hoc per l’ambiente fiorentino, che intende proporre una riflessione politica e poetica sui destini umani contemporanei e sulla possibilità di vivere insieme.  

“Il progetto – spiega Amos Gitai – è concepito in funzione di questo luogo particolare: la sua storia e il suo rapporto con l’ambiente fanno parte del progetto tanto quanto le opere presentate. Promised Lands intende evocare a partire da miei lavori teatrali e cinematografici, i destini umani, la storia e il presente nelle varie lingue parlate nell’area del Mediterraneo”. L’opera è concepita come un dialogo immaginario – che trova spazio sulle grandi pareti della Sala D’Arme – tra i protagonisti delle produzioni create da Amos Gitai durante la sua carriera. 

I visitatori vedranno in loop gli estratti della corrispondenza tra Efratia Gitai (1994-2003), madre di Amos, e suo padre Elihau tratti dal lungometraggio Lullaby to my father in cui il regista ripercorre la vita di suo padre Munio e ascolteranno le lettere dal carcere di Antonio Gramsci interpretate da Pippo Delbono tratte dallo spettacolo Exils intérieurs, creato da Gitai per il Theatre de la Ville di Parigi nel 2020 (spettacolo quest’ultimo che verrà messo in scena in esclusiva italiana al Teatro della Pergola il 13 e 14 aprile).

Ci saranno poi gli estratti di Tsili, film ispirato al romanzo autobiografico di Aharon Appelfeld che racconta le peregrinazioni di personaggi immersi nell’incubo della guerra e stralci di Kippur, lungometraggio in cui il regista ripercorre la sua drammatica esperienza durante la guerra dello Yom Kippur. E ancora Field diary, film-diario girato nei territori occupati prima e durante l’invasione del Libano, Ananas/Pineapple reportage di denuncia e The war of the sons of light against the sons of darkness, basato su La guerra giudaica, dello storico antico Flavio Giuseppe, con Jeanne Moreau nel ruolo di Flavio Giuseppe fino a The book of Amos, girato in una strada di Tel Aviv, dove attori e attrici israeliani e palestinesi interpretano il ruolo del profeta Amos e danno una voce moderna, in ebraico e in arabo, alla sua antica denuncia della corruzione e dell’ingiustizia

Fino ad arrivare a Kedma, che prende il nome dalla nave carica di sopravvissuti all’Olocausto in viaggio verso la Terra Promessa alla fine del secondo conflitto mondiale e a Golem, the spirit of Exile film che indaga i significati contemporanei del Libro di Ruth nella Bibbia per terminare con Yitzhak Rabin: Chronicle of an Assassination, sull’assassinio del primo ministro israeliano, avvenuto il 4 novembre 1995 dopo una manifestazione per la pace e contro la violenza a Tel Aviv. 

“Senso di appartenenza e identità, esilio e migrazioni: questi i temi che ispirano e alimentano l’opera di Amos Gitai da più di quarant’anni.  – Sottolinea il sindaco Dario Nardella  – Attraverso film e mostre, conferenze e opere teatrali, questo artista multiforme esplora l’arte come un viaggio tra i tumulti della Storia e della memoria”.

 AMOS GITAI
Promised lands

Palazzo Vecchio 

Sala d’Arme

25 febbraio – 14 aprile 2022

Orari e biglietti: ingresso gratuito. 

La mostra è aperta tutti i giorni h10.00-19.00, giovedì 10.00-14.00.
A seguito del DL 221/2021, dal 10 gennaio 2022 è esteso l’obbligo di Green pass rafforzato per accedere a musei e mostre. Gli ingressi sono contingentati.

Informazioni: info@musefirenze.it oppure 055 2768224.

The book of Amos

 

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