• Passa alla navigazione primaria
  • Passa al contenuto principale
  • Passa alla barra laterale primaria
  • Passa al piè di pagina
  • Il Comitato Fiorentino per il Risorgimento
  • Redazione
  • Contatti
  • Photogallery
  • Link
  • Privacy Policy

Risorgimento Firenze

Il sito del Comitato Fiorentino per il Risorgimento.

  • Home
  • Focus
  • Tribuna
  • I luoghi
  • Mostre
  • Rassegna stampa
  • Pubblicazioni
  • Editoriale

Mostre

SOCIAL-E’: immagini della socialità in Italia fra Liberty e Art déco

25/08/2021 da Sergio Casprini

Palazzo Mediceo di Seravezza ( Lucca)

11 luglio/ 10 ottobre 2021

La mostra offre una ampia visione su alcuni aspetti della nostra cultura e della nostra socialità: i viaggi, gli intrattenimenti, le esposizioni, lo sport, il vivere quotidiano, le feste e gli incontri in città.

«L’esposizione», spiega la curatrice Nadia Marchioni «nasce dalla riflessione su quanto insostituibile sia il confronto diretto, la condivisione di luoghi, valori, esperienze culturali, di quale abisso si apra davanti ai nostri occhi, privati a lungo delle piccole o grandi felicità offerte da un viaggio, una visita al museo, uno spettacolo a teatro o al cinema, un incontro, una passeggiata in campagna, in riva al mare o nelle nostre amate città, le cui strade e piazze deserte di persone e di suoni non saranno dimenticate facilmente».

L’esposizione si articola in otto sezioni che evocano, attraverso dipinti, sculture, progetti e, soprattutto, manifesti delle più originali firme del Novecento, le più varie espressioni della vita sociale e culturale del secolo passato. Cinema, teatro, musei ed esposizioni, turismo, sport, viaggi, occasioni di incontro, sono i soggetti indagati dalla mostra, rimarcando l’importanza vitale che a questi temi veniva affidata dai maggiori artisti del Novecento, impegnati nella realizzazione di progetti per i luoghi destinati alla vita sociale e culturale, per la promozione di opere cinematografiche e teatrali, così come di eventi, prodotti e manifestazioni, anche attraverso il fantastico universo dei manifesti pubblicitari, visibile e storica affermazione, nel tessuto urbano novecentesco, di una nuova e moderna socialità.

Il percorso espositivo contempla una sala interamente dedicata al tema delle città, con un metafisico e misterioso scorcio cittadino di Luigi Gigiotti Zanini, memoria di paesaggi urbani che non vorremmo mai più vivere nella loro forzata e inquietante solitudine. In questa sezione troviamo anche opere di Galileo Chini e di grandi illustratori italiani come Marcello Dudovich. Due sale sono incentrate invece sul teatro, altro aspetto della nostra vita sociale che ci è molto mancato, con alcune opere grafiche e una maquette per le scenografie del teatro greco di Siracusa del grande artista romano Duilio Cambellotti ed affiches dedicate al teatro dell’opera, come quella realizzata per una rappresentazione della Tosca di Puccini da Leopoldo Metlicovitz, uno dei padri del moderno cartellonismo italiano. Poi i viaggi – con una sala in cui spiccano un importante e scenografico manifesto di Mario Sironi e i disegni dell’architetto Arrigo Cantoni, mai esposti prima d’ora, per la Nuova stazione di Milano (progetto cui prese parte con Cantoni anche Antonio Sant’Elia) – e i grandi eventi espositivi di inizio Novecento come l’Esposizione internazionale d’arte moderna decorativa di Torino del 1902 per la quale Leonardo Bistolfi realizzò un bellissimo manifesto liberty, presente in mostra, rimasto nella storia della cartellonistica italiana. Altre due sale sono dedicate rispettivamente agli incontri cittadini e allo sport: nella prima, molte vivaci réclame di iconici prodotti e grandi magazzini dell’epoca, a firma di noti maestri della grafica pubblicitaria quali Leonetto Cappiello e Adolfo Hohenstein; nella seconda, foto, opere grafiche e pittoriche realizzate per vari eventi sportivi. Fra gli artisti presenti in mostra figurano anche Thayaht e Ram, fratelli ed eclettici artisti fiorentini che ebbero fecondi rapporti con la Versilia.

 

 

Palazzo Mediceo di Seravezza (Lu), viale Leonetto Amadei 230
Biglietti – intero 7 euro; ridotto 5 euro; biglietto famiglia 14 euro (due adulti con ragazzi fino a 14 anni) – I biglietti si acquistano direttamente in loco presso la biglietteria di Palazzo Mediceo
 
Orari – dall’11 luglio al 29 agosto: dal martedì alla domenica ore 17:00-23:00; sabato e domenica mattina ore 10:30-12:30 / dal 31 agosto al 10 ottobre: dal martedì alla domenica ore 15:00-20:00; sabato e domenica mattina ore 10:30-12:30. Lunedì chiuso
Visite guidate e attività per i più piccoli
Per informazioni: 339 8806229, 349 1803349
Contatti
Fondazione Terre Medicee – viale Leonetto Amadei 230 – Seravezza (Lu)
Telefono: 0584 757443, 0584 756046 – Fax: 0584 758161 – segreteria@terremedicee.it

 

Archiviato in:Mostre

UNA INFINITA BELLEZZA

16/08/2021 da Sergio Casprini

TORINO, Reggia di Venaria

Fino al 1 novembre

Il paesaggio nelle opere degli artisti dalla fine del Settecento ad oggi

Antonio Fontanesi La quiete 1860

Oggi il dibattito sulla salvaguardia dell’ambiente, i mutamenti climatici, le emergenze provocate dall’inquinamento e dalle devastazioni inconsulte perpetrate dall’uomo sulla Terra è più che mai all’ordine del giorno a livello internazionale: è importante evidenziare come temi analoghi quali l’amore, la sensibilità per la Natura e l’interesse per il Paesaggio incontaminato siano stati fonte di ispirazione per numerosi artisti del passato, dai pittori preromantici di fine Settecento ai maestri contemporanei.

La mostra Una infinita bellezza. Il Paesaggio in Italia dalla pittura romantica all’arte contemporanea – ospitata nell’imponente Citroniera Juvarriana della Reggia di Venaria, un tempo ricovero delle piante di agrumi dei Giardini – intende appunto documentare tale attenzione e passione presentando oltre 200 opere tra dipinti, fotografie, video e installazioni.

La rassegna nasce grazie ad un accordo tra il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude e la Fondazione Torino Musei, in base al quale circa 100 opere della GAM – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino diventano il nucleo centrale di questo evento espositivo dedicato al tema Green. Il percorso è rigorosamente storico-artistico, con un fil rouge cronologico-geografico che intreccia Spazio e Tempo, valorizzando il contesto piemontese – dove la mostra nasce – e tutto il Nord della nostra Penisola, senza trascurare le scuole regionali del Centro e Sud Italia. Le dodici sezioni della mostra presentano quindi, in un’eccezionale carrellata di opere, molte delle quali di grandi dimensioni, le diverse forme che ha assunto la rappresentazione del Paesaggio in Italia nell’arco di oltre due secoli di pittura.

Le opere esposte oltreché dalla GAM, provengono da importanti musei italiani e collezioni private tra le quali: il Museo Civico d’Arte Antica di Palazzo Madama, i Musei Reali di Torino, la Galleria d’Arte Moderna di Milano, la Galleria d’Arte Moderna di Genova, i Musei Civici di Brescia, la GNAM di Roma, la Fondazione Musei Civici di Venezia, il Museo di Capodimonte e le Gallerie degli Uffizi.

La mostra, posta sotto l’egida della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino, è curata da Virginia Bertone (Conservatore Capo della GAM), Guido Curto (Direttore della Reggia di Venaria e del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude) e Riccardo Passoni (Direttore della GAM), affiancati da un comitato scientifico composto da Barbara Cinelli (Università Roma Tre), Piergiorgio Dragone (Università degli Studi di Torino), Flavio Fergonzi (Scuola Normale Superiore di Pisa) e Laura Iamurri (Università Roma Tre). 

La Venaria Reale è aperta dal martedì alla domenica

Reggia Piano Nobile e Mostre

Gli ingressi chiudono 1 ora prima rispetto agli orari sotto indicati.

  • Lunedì: giorno di chiusura (tranne eventuali giorni Festivi)​
  • Da martedì a venerdì: dalle ore 10 alle 18
  • Sabato, domenica e festivi: dalle ore 10 alle 19

Un turno d’ingresso ogni mezz’ora:
45 persone per la visita della Reggia Piano Nobile; 20 persone per la mostra.

 

Biglietti

  • Intero: 20 euro
  • Ridotto: 16 euro
    Gruppi accompagnati di min. 6, max. 15 persone, quanti previsti da Ridotti
  • Ridotto: 8 euro

Under 21 (ragazzi dai 6 ai 20 anni) e universitari under 26
(I minori di 16 anni devono entrare accompagnati)

  • Scuole: 6 euro a studente
    Classi minimo di 6, massimo 15 studenti, ingresso gratuito per 1 accompagnatore ogni 15 studenti
  • Gratuito
    Minori di 6 anni e quanti previsti da Gratuiti 

Consulta le Convenzioni per questo biglietto.

Il biglietto comprende la visita alla Reggia Piano Nobile, ai Giardini e le mostre in corso.

 

Dal Sito

http://www.lavenaria.it/it

 

Salvo La Primavera 1985

 

Archiviato in:Mostre

MARIO SIRONI. Sintesi e grandiosità

03/08/2021 da Sergio Casprini

 

23 LUGLIO 2021 /27 MARZO
Museo del Novecento Milano

Celebrare la «dimessa grandiosità» del fascista Sironi (che il partigiano Rodari non volle «cancellare»)

Alessandro Trocino
Newletter del Corriere della Sera

Avesse davvero attecchito anche da noi la gramigna della cancel culture, questa mostra non si sarebbe potuta fare. Di Mario Sironi non ci sono statue personali da abbattere, ma volendo esercitarci con corde e martello, ci sono molti luoghi pubblici dove divellere e demolire: il bassorilievo del Palazzo dell’Informazione di piazza Cavour a Milano, il mosaico al palazzo di giustizia di Milano, il grande murale dell’Aula Magna della Sapienza di Roma e molti altri. Si potrebbe infierire, dare alle fiamme le sue opere e, tra gli applausi della folla, srotolare uno striscione: «Mario Sironi fascista, amico di Mussolini». 

Per fortuna non viviamo tempi così cupi e Milano celebra «la grandezza dell’arte e la tragedia della storia», per dirla con Elena Pontiggia, biografa di Sironi e curatrice insieme a Anna Maria Montaldo della splendida mostra «Mario Sironi, sintesi e grandiosità», al Museo del Novecento fino al 22 marzo 2022. Una mostra fondamentale perché, se è vero che possiamo permetterci ancora una certa complessità culturale, è anche vero che Sironi è stato emarginato e, di fatto, cancellato per decenni. Il suo lavoro è stata «una lezione di tragedia», disse Gianni Rodari, che lo salvò. 

È il 25 aprile del 1945 quando Sironi esce dalla sua casa di via Domenichino, a Milano, e con il suo cane, tra gli spari, prende la via per Como. Viene fermato da un commando di partigiani. Tra loro c’è Rodari che lo descriverà come «un signore ambiguo, tutto grigio, con quel cane e un sorriso disperato». Il commando ha già passato per le armi John Emery, figlio di un ministro inglese e addetto alla propaganda nazista. Ma Rodari legge la carta d’identità: «Sironi Mario? Il pittore delle periferie? “Non so se posso vantarmene”. Gli firmai il lasciapassare, in nome dell’arte. Non dissi al comandante della brigata quelle tali cosette. Se ne andò con il suo cane, non importa dove. Aveva perduto qualcuno, non mi interessava chi. Per me la sua pittura era stata una lezione di tragedia. Non c’è pittore che valga i suoi quadri».

La sua salvezza fisica, «in nome dell’arte», fu però l’inizio di un lungo oblìo. Lui continua a dipingere, sempre in disparte e la sua arte ha un cambiamento radicale, come spiega Pontiggia: «Nella sua stagione novecentista aveva rappresentato un’immagine dell’uomo grave ma potente; una famiglia di architetti, costruttori, lavoratori dediti a un compito faticoso, ma solenne; una geografia di città dolorose, ma imponenti, animate da una dimessa grandiosità. Invece, dalla metà degli anni Quaranta dipinge uomini murati dalla pietra, sipari di rocce impenetrabili, sagome immobilizzate. Al volitivo “tu devi”, l’imperativo categorico cui obbedivano le figure precedenti, si sostituisce un amaro “tu non puoi”». 

Sironi scompare, viene messo ai margini del mondo dell’arte per «quelle tali cosette» di cui parlava Rodari. Lionello Venturi descrive il Novecento — il movimento artistico propiziato da Margherita Sarfatti — come arte e retorica di Stato: «Ogni dittatura ha bisogno di un’arte neoclassica per generare la falsa retorica necessaria a ogni tirannia. Insomma, scrive Pontiggia, «l’ideale classico viene frainteso e combattuto e l’impropria equazione tra classicismo, mito della romanità e fascismo fa sì che la condanna della dittatura coinvolga molto di più Sironi e il movimento sarfattiano che altri artisti, fascisti ma non classicisti, come Terragni e Rosai». 

Il conformismo del mondo dell’arte massacra Sironi. Cesare Brandi parla di arte manipolatoria, «che non merita neanche di essere presa a bersaglio». Giulio Carlo Argan accenna al Novecento come a «un movimento estraneo all’arte europea». Roberto Longhi scrive nel 1951: «Sironi: non credo al peso storico di questa figura, soprattutto al suo ultimo periodo» Lontano dal potere ufficiale, c’è qualche isolato sostegno critico, da Vanni Scheiwiller a Giò Ponti, fino a Curzio Malaparte, che dice di lui: «In un mondo di canaglie e di imbecilli, è cosa rara incontrare un Mario Sironi». A difenderlo ci prova Dino Campini: «Chi parla di arte di regime per lui non ha capito nulla». E questo è il nodo più difficile da sciogliere. Sironi aderisce al fascismo, sull’onda lunga dello sdegno per la d’annunziana «vittoria mutilata». Poi diventa disegnatore ufficiale del Popolo d’Italia, «dà forma d’arte all’azione e alla dottrina fascista». Il suo classicismo nel rappresentare il fascismo, diventa espressionismo grottesco e caricaturale per disegnare i nemici. Non disegna quasi mai fasci littori né il volto di Mussolini e il suo fascismo non è mai piaggeria, non è mai il longanesiano «Mussolini ha sempre ragione». Ma è fascismo, senza pentimenti, senza abiure. 

È arte di regime quella di Sironi? E cos’è arte di regime? Mussolini scrisse: «È lungi da me incoraggiare qualche cosa che possa assomigliare all’arte di Stato. L’arte rientra nella sfera dell’individuo. Lo Stato ha un solo dovere: quello di non sabotarla, di dar condizioni umane agli artisti, di incoraggiarli dal punto di vista artistico e nazionale». Parole illuminate se non fosse che sono lontane anni luce dalla pratica di un regime totalitario che usava il pugno duro anche e soprattutto con gli intellettuali e gli artisti non allineati. Ma è vero che, scrive Pontiggia, Novecento non si tradurrà mai in un’arte di Stato. Per Sironi, che non otterrà mai incarichi speciali, onorificenze e certo non si arricchirà, l’arte è una sorta di «dovere morale, nato dal sogno idealista di promuovere l’arte della nuova Italia. La sua vicinanza a Mussolini è soprattutto data dalla convinzione che il regime saprà riaffermare il valore dell’arte italiana». 

La sua adesione al fascismo sarà sempre in nome dell’arte, senza mai aderire alle campagne antisemite, e con molti nemici anche all’interno del regime, a cominciare da Roberto Farinacci, che lo metterà in ridicolo su «Regime fascista». Ugo Ojetti scrisse che Mussolini non amava le “manone” e i “piedoni” sironiani e avrebbe detto: «Sironi è un imbecille». Mussolini in realtà apprezzava Sironi ed è probabile che il giudizio tranchant fosse dello stesso Ojetti. Ci vorrebbe, scrive Pontiggia, «un grande scrittore o un maestro di psicologia per descrivere la personalità di Sironi». Aderì alla Rivoluzione fascista, ma «una sorta di radicale disincanto lo trattenne dal credere alle magnifiche e progressive sorti dell’uomo e del mondo, nonostante la fede (mai rinnegata) in Mussolini. La sua narrazione è troppo drammatica per servire alla propaganda. E la sua adesione al fascismo non si è mai tradotta in quella insopportabile piaggeria professata da tanti durante il Ventennio, non esclusi vari antifascisti dell’ultima ora». Come dimostrano queste parole scritte da Mussolini in una lettera: «Venne da me, un giorno, Mario Sironi. E mi disse, egli uomo castigatissimo, alieno da qualsiasi espressione grossolana, che la scultura e la pittura, volute dai politici in posa, stavano riempiendo di merda l’Italia, di fantocci le piazze, di maschere le strade consolari. Parlò fuori dai denti». 

Ridare a Sironi quello che è dell’arte, non vuol dire riabilitarne le convinzioni politiche. Come ammette Pontiggia: «Si può accusare Sironi di aver dipinto una patria eroica e un uomo nuovo (utopia ricorrente di tutto il Novecento) che non esistevano e non sono mai esistiti, come la storia avrebbe tragicamente dimostrato pochi anni dopo. Non è una piccola parte di tragedia, nella più generale tragedia dell’Italia, che uno dei maggiori artisti del secolo abbia legato il suo genio a una tale illusione». Ma nello stesso tempo sarebbe ingiusto, e lo è stato per molti anni, «appiattire, come ha fatto tanta critica, la sua figura e la sua opera esclusivamente sul legame con il fascismo». Come scrive Claudio Strinati su Repubblica: «I tempi sono maturi per un vero e appassionato riesame di Sironi».

Gli ultimi anni di vita furono duri per Sironi. Subisce due violenti pestaggi. La figlia diciottenne si suicida. Dipinge cimiteri, cripte, apocalissi. Un suo quadro del 1958 si chiama Debout les morts (in piedi i morti), ma nessuno si rialza.

«La pittura lo bruciava, lo inceneriva, lo massacrava e lo faceva vivere», scrive Raffaele Carrieri. E la sua vita da anacoreta somiglia a un autoesilio, una punizione che si infligge per la sua vita tragica. A un amico scrive: «Di me non so dire nulla. C’è un mucchietto di rifiuti qui davanti, nell’orto, e mi sembra la mia vita, il mio cuore, le mie speranze». Muore il 13 agosto 1961, ricoverato alla clinica Madonnina: «Il breve corteo funebre attraversa una Milano deserta, metafisica, che sembra uscita da un suo quadro».

MARIO SIRONI. Sintesi e grandiosità

23 LUGLIO 2021 /27 MARZO
Museo del Novecento Milano

Prenotazione FACOLTATIVA
Orario di apertura:
LUN Chiuso
MAR 10:00 – 19:30
MER 10:00 – 19:30
GIO 10:00 – 22:30
VEN 10:00 – 19:30
SAB 10:00 – 19:30
DOM 10:00 – 19:30

BIGLIETTO INTERO € 10,00
BIGLIETTO RIDOTTO € 8,00

Tel +39 02 88444061
Mail c.museo900@comune.milano.it
Website https://www.museodelnovecento.org/

L’Italia tra le Arti e la Scienza

1935 Aula Magna  La Sapienza Università di Roma

 

Archiviato in:Mostre

Nel segno di Napoleone: gli Uffizi diffusi all’isola d’Elba

15/07/2021 da Sergio Casprini

Sculture, dipinti ed oggetti d’arte, per celebrare Napoleone Bonaparte nel bicentenario dalla sua morte.

 

Con la mostra Nel segno di Napoleone: gli Uffizi diffusi all’isola d’Elba che apre oggi a Portoferraio (Pinacoteca Foresiana, 9 luglio 2021 – 10 ottobre 2021) le Gallerie degli Uffizi inaugurano concretamente il grande piano di diffusione sul territorio toscano presentato nelle scorse settimane. Non solo: l’esposizione offre anche l’occasione di riaprire al pubblico, dopo la chiusura dello scorso anno a causa della pandemia, lo spazio culturale della Pinacoteca Foresiana, all’interno della prestigiosa caserma storica De Laugier di Portoferraio.

Nel segno di Napoleone avrà il duplice obiettivo di evidenziare il legame indissolubile tra l’imperatore dei francesi e l’isola d’Elba, sede del suo esilio dal maggio 1814 al febbraio 1815 e di valorizzare attraverso i tesori degli Uffizi e della Pinacoteca stessa uno snodo fondamentale della storia dell’isola. L’influenza della personalità del Bonaparte nel contesto toscano va infatti ben oltre la parentesi del suo effettivo dominio politico sul territorio, per incidere profondamente nello sviluppo e nel rinnovamento di ogni settore delle arti in Toscana, lasciando un’impronta duratura anche nelle epoche successive.

Sono state dunque selezionata opere delle Gallerie degli Uffizi – dipinti, sculture ed oggetti di arti applicate – che ci restituiscono un’avvincente narrazione della vicenda napoleonica in Toscana. Lo stile impero, connotato da un’eleganza ispirata all’antichità romana ma aperta allo stesso tempo alla modernità, diventa così una maniera efficace per promuovere il mito eroico della figura di Napoleone, della consorte Maria Luisa d’Asburgo ed anche degli altri membri della famiglia Bonaparte, attraverso la riproduzione dei ritratti, scolpiti o dipinti, in grado di divulgare l’iconografia del sovrano e dei suoi famigliari in tutti i territori soggetti al governo francese.

 

La mostra sarà introdotta dal Ritratto di Napoleone imperatore di Carlo Morelli per l’occasione collocato in Pinacoteca dalla Sala Consiliare, mentre in un ambiente adiacente saranno esposte anche opere d’arte provenienti dalle Gallerie degli Uffizi, e altre dai depositi della Pinacoteca Foresiana. Si tratta di una serie di disegni e pitture, frutto della donazione avvenuta nel 1914 da parte di Mario Foresi, importante figura di intellettuale, che raccolse l’eredità del padre Raffaello e soprattutto dello zio Alessandro Foresi. Quest’ultimo, vissuto tra l’epoca della Restaurazione e dell’Unità d’Italia, fu infatti medico e amico personale di Giuseppe Bezzuoli del quale scrisse una biografia e di cui possedeva importanti dipinti. Del maestro toscano è esposto un intenso ritratto di Elisa Baciocchi con la figlia, proveniente dalle Gallerie degli Uffizi (circa 1814): un perfetto anello di congiunzione tra la fine dell’epopea francese ed il ritorno dei restaurati sovrani lorenesi. Non si era ancora spenta, in quegli anni, la nostalgia per lo splendore della corte di Elisa e per le speranze che molti avevano riposto nell’avventura bonapartista, come ben documenta la raffinata collezione di cimeli napoleonici messa insieme da Mario Foresi. Ad introdurre simbolicamente la mostra sono i ritratti marmorei dell’imperatore, quello della consorte e nuova imperatrice, Maria Luisa d’Asburgo Lorena e del fratello minore Girolamo Bonaparte, nominato re di Westfalia a soli ventitré anni, tutti ripresi dai modelli ufficiali commissionati da Napoleone allo scultore francese François-Joseph Bosio intorno al 1810. Questi busti, idealizzati come nella ritrattistica imperiale romana, furono riprodotti in versioni diverse per dimensioni, qualità e materiali dalle manifatture di Carrara per promuovere la diffusione delle effigi eroiche della famiglia Bonaparte.

Campeggia su una grande tela, capolavoro di Jean Baptiste Wicar, il ritratto di Luigi Bonaparte, fratello del sovrano, in divisa bianca e vermiglia dei dragoni d’Olanda, territorio sul quale aveva regnato prima dell’annessione alla Francia. Luigi era il padre di Napoleone III, l’unico della famiglia Bonaparte a seguire le orme dello zio, autoproclamandosi imperatore dei francesi nel 1852. La raffinata serie di ritratti reali continua con quello di Napoleone I, dipinta su porcellana dalla Manifattura di Sèvres nel 1810 dal decoratore Jean Georget, allievo di Jacques-Louis David, con tecnica virtuosistica da miniatore. La lastra, di notevoli dimensioni, raffigura l’imperatore abbigliato con la veste sontuosa dell’incoronazione, secondo l’iconografia ufficiale del celebre quadro di François Gerard, replicato su tela anche da Carlo Morelli, nel grande dipinto proveniente dalla Sala Consiliare del Comune di Portoferraio.

Il dominio napoleonico in Toscana è quindi rappresentato inoltre dalla figura di Elisa Baciocchi, sorella minore del Bonaparte e da lui insignita del titolo di Granduchessa nel 1809: la sovrana è magnificamente ritratta nel 1814 da Giuseppe Bezzuoli, assieme alla figlia Elisa Napoleona, sullo sfondo di una Firenze crepuscolare, quasi un presagio dell’imminente fine del suo breve governo in Toscana.

Curatela scientifica della mostra: Alessandra Griffo ed Elena Marconi

Nel segno di Napoleone

9 luglio 2021 – 10 ottobre 2021

Pinacoteca Foresiana

Portoferraio, Isola d’Elba (Livorno)

Gallerie degli Uffizi

https://www.uffizi.it

 

Pinacoteca Foresiana Portoferraio, Isola d’Elba (Livorno)

 

Archiviato in:Mostre

Mario Puccini “Van Gogh involontario”

12/07/2021 da Sergio Casprini

Museo della Città, Piazza del Luogo Pio, Livorno

2 luglio – 19 settembre 2021

La nuova mostra del Museo della Città di Livorno nasce dalla riscoperta di una importante collezione di dipinti di Mario Puccini (Livorno 1869 – Firenze 1920), grande pittore nel solco dei Macchiaioli definito da Emilio Cecchi nel 1913 un “Van Gogh involontario”, di cui si vuole celebrare il valore storico artistico, ponendo al contempo una riflessione su opere mai presentate prima o raramente esposte in passato. 

Curata da Nadia Marchioni con il supporto del Comitato scientifico formato da Vincenzo Farinella, Gianni Schiavon e Carlo Sisi, l’esposizione celebra il centenario della morte del pittore del 2020 e amplia le ricerche avviate in occasione dell’esposizione del 2015 al Palazzo Mediceo di Seravezza.  La collezione “riscoperta” permette infatti di seguire lo sviluppo della carriera artistica di Puccini dal suo esordio, a partire dai rari ritratti della fine degli anni Ottanta dell’Ottocento, in cui si evidenzia il legame con l’ambiente artistico fiorentino di fine secolo e con i maestri Fattori e Lega, alla maturità dell’istintivo colorista, così come si manifestò dopo i cinque anni trascorsi negli ospedali di Livorno e Siena, dove, ricoverato per “demenza primitiva”, fu dimesso dagli psichiatri nel 1898 e affidato, “non guarito”, alla custodia del padre, permettendogli di riacquistare la libertà.

 La malattia mentale, oltre all’appassionato utilizzo del colore, ha contribuito a suggerire già ai contemporanei l’ipotesi storico-critica di un legame fra la pittura di Puccini e quella di Van Gogh, la cui opera il livornese aveva effettivamente ammirato, assieme a quella di Cézanne, nella celebre collezione fiorentina di Gustavo Sforni, con il quale entrò in contatto nel 1911 grazie all’amico Oscar Ghiglia.

Pesche mature 1910

Con oltre centoquaranta opere divise in otto sezioni, la mostra è l’occasione per far dialogare i capolavori della citata collezione con una serie di altri selezionatissimi dipinti provenienti da diverse raccolte e da prestigiose istituzioni museali come la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e le Gallerie degli Uffizi, per illustrare il percorso dell’artista nella sua completezza e attraverso i lavori di più alta qualità formale, permettendo al pubblico e agli studiosi di confrontarsi con opere rare o mai viste precedentemente e aggiungendo preziosi tasselli alla conoscenza dell’enigmatica figura di un artista “senza storia” e del vivacissimo panorama artistico toscano fra la fine dell’Ottocento e i primi venti anni del Novecento.

ORARI:

Dal martedì al venerdì dalle ore 10.00 alle ore 20.00

sabato e domenica dalle ore 10.00 alle ore 22.00

Gli orari della mostra potranno subire modifiche anche per eventuali disposizioni normative connesse all’emergenza sanitaria Covid-19

Costo

Biglietto intero € 8,00

biglietto ridotto € 5,00 (meno di 18 anni, più di 65)

cumulativo con visita al Museo civico “G. Fattori” € 12,00

visita guidata € 2,00 a persona (per gruppi di almeno 10 persone)

INFO: Museo della Città, tel 0586 824551 – museodellacitta@comune.livorno.it

 

Ritratto dell’ingegnere Emanuele Rosselli 1916

 

 

Archiviato in:Mostre

DANTE. LA VISIONE DELL’ARTE

18/05/2021 da Sergio Casprini

Dante presenta Giotto a Guido da Ravenna Giovanni Mochi 1855

 

Forlì, Musei San Domenico

30 aprile – 11 luglio 2021

 

Un viaggio nella storia dell’arte tra Medioevo ed età contemporanea, con oltre duecento capolavori selezionati dal Duecento al Novecento: da Giotto, Lorenzo Lotto, Michelangelo, Tintoretto, fino ad arrivare a Casorati, Sartorio e tanti altri maestri del secolo scorso.
Con Dante. La visione dell’arte la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì e le Gallerie degli Uffizi, nell’ambito delle celebrazioni promosse dal Ministero della Cultura, racconteranno a 360 gradi la figura del Sommo Poeta, nel 7° centenario della sua morte.
Frutto di un robusto sodalizio tra i due enti, l’esposizione non è solo occasione per dare corpo all’anniversario dantesco: nel momento difficile che il mondo intero sta vivendo intende rappresentare anche un simbolo di riscatto e di rinascita, non solo del nostro Paese ma del mondo dell’arte e dello spirito di cultura e civiltà che essa rappresenta.  
Il progetto nasce da un’idea di Eike Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi, e di Gianfranco Brunelli, Direttore delle grandi mostre della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì. Curatori della mostra sono il Professor Antonio Paolucci e il Professor Fernando Mazzocca, coadiuvati da un prestigioso comitato scientifico.
La scelta di Forlì come scenario dell’esposizione è parte di una strategia di valorizzazione di un luogo e di un territorio che non costituisce solo un ponte naturale tra Toscana ed Emilia-Romagna. Forlì è città dantesca.
A Forlì Dante trovò rifugio, lasciata Arezzo, nell’autunno del 1302, presso gli Ordelaffi, signori ghibellini della città. A Forlì fece ritorno, occasionalmente, anche in seguito.

Dante alla corte di Scarpetta Ordelaffi Pompeo Randi 1854

La mostra affronta un arco temporale che va dal Duecento al Novecento.  Per la prima volta l’intimo rapporto tra Dante e l’arte viene interamente analizzato e ricostruito, presentando gli artisti che si sono cimentati nella grande sfida di rendere in immagini la potenza visionaria di Dante, delle sue opere, ed in particolare della Divina Commedia, che hanno trattato tematiche simili a quelle dantesche, o ancora che hanno tratto da lui episodi o personaggi singoli sganciandoli dall’intera vicenda e facendoli vivere in sé.
Circa cinquanta, tra dipinti, sculture e disegni, le opere delle Gallerie degli Uffizi, coorganizzatrici del grande evento espositivo, che arricchiscono il percorso espositivo.

Tra queste, un corpus di disegni a tema di Michelangelo e di Zuccari. I celebri ritratti del Poeta di Andrea del Castagno e di Cristofano dell’Altissimo. E poi l’Ottocento con Nicola Monti, Pio Fedi, Giuseppe Sabatelli, Raffaello Sorbi e il capolavoro di Vogel von Volgestein, Episodi della Divina Commedia.
Non solo gli Uffizi hanno aperto i loro ‘scrigni danteschi’, per la mostra arriveranno prestiti dall’Ermitage di San Pietroburgo, dalla Walker Art Gallery di Liverpool, dalla National Gallery di Sofia, dalla Staatliche Kunstsammlungen di Dresda, dal Museum of Art di Toledo, dai Musée des Beaux-Art di Nancy, Tours e Anger; e poi dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, dalla Galleria Borghese, dai Musei Vaticani, dal Museo di Capodimonte, solo per citarne alcuni.  

Con uno stile magniloquente e antologico, l’esposizione condurrà il visitatore alla scoperta della crescente leggenda di Dante attraverso i secoli. La prima fortuna critica del Poeta verrà mostrata attraverso le più antiche edizioni della Commedia e alcuni dei più importanti Codici miniati del XIV e XV secolo. Apposite sezioni saranno dedicate alla sua fama nella stagione rinascimentale, alla riscoperta neoclassica e preromantica del suo genio, alle interpretazioni romantiche e novecentesche della sua opera ed eredità; capitoli a parte verranno dedicati all’ampia e fortunata ritrattistica dedicata all’Alighieri nella storia dell’arte, al tema del rapporto tra Dante e la cultura classica, alla figura di Beatrice, che il Poeta eleva ad emblema del rinnovamento dell’arte e delle sue stesse positive passioni. Protagonisti della mostra saranno anche le molteplici raffigurazioni che alcuni tra i più grandi artisti hanno offerto nel corso della storia della narrazione dantesca del Giudizio universale, dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso.

Il percorso si concluderà con capolavori ispirati, nella loro composizione, al XXXIII canto del Paradiso.

Santa Maria Vergine al centro della Candida Rosa

illustrazione di Gustave Dorè XXXIII canto del Paradiso

 

Orario di visita
da lunedì a venerdì: 9.30-19.00
sabato, domenica, giorni festivi: 9.30-20.00
La biglietteria chiude un’ora prima

Biglietti

Ridotto € 11,00
gruppi superiori alle 10 unità, minori di 18 e maggiori di 65 anni, studenti universitari con tesserino, possessori DantePass

Speciale € 5,00
per scolaresche delle scuole primarie e secondarie e per bambini dai 6 ai 14 anni

Biglietto speciale famiglia € 26,00
valido per l’ingresso di due adulti e fino a tre minori (fino ai 14 anni)

Biglietto integrato
intero € 15,00; ridotto €13,00
visiti la mostra e le collezioni civiche (Musei di San Domenico e Palazzo Romagnoli)

Gratuito
per bambini fino ai 6 anni, un accompagnatore per ogni gruppo, diversamente abili con accompagnatore, due accompagnatori per scolaresca, giornalisti con tesserino, guide turistiche con tesserino

 

Dal Sito dei Musei San Domenico di Forlì

 

 

 

Archiviato in:Mostre

Napoleone e il mito di Roma

21/02/2021 da Sergio Casprini

Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali Via Quattro Novembre 94 Roma

 4 febbraio 2021/ 30 maggio 2021 

 

 In occasione del bicentenario dalla morte di Napoleone Bonaparte ai Mercati di Traiano è stata aperta al pubblico fino al 30 maggio 2021 la mostra “Napoleone e il mito di Roma”, un’esposizione curata da Claudio Parisi Presicce, Massimiliano Munzi, Simone Pastor, Nicoletta Bernacchio.

Suddivisa in tre macro-sezioni, la mostra si concentra sul rapporto tra la figura di Napoleone e la Roma Imperiale, continua fonte di ispirazione per celebrare la sua magnificenza e quella della sua famiglia.  Tra sculture, dipinti, stampe, medaglie, gemme e oggetti di arte cosiddetta minore – provenienti dalle Collezioni Capitoline nonché da importanti musei italiani ed esteri, la mostra celebra dunque Napoleone e questa sua pratica di una sorta di archeologia delle immagini del potere, attraverso il recupero meticoloso e spregiudicato di simboli, figure e concetti del passato. 

La prima sezione evidenzia il rapporto tra Napoleone e il mondo classico, attraverso l’esposizione di opere antiche e moderne di eccezionale valore storico, che illustrano il percorso biografico di Napoleone e, allo stesso tempo, i suoi modelli e riferimenti culturali. Tra queste il gesso di Louis Rochet per la statua di Napoleone cadetto a Brienne (inizialmente visibile attraverso una riproduzione fotografica) dal Musée d’Yverdon et Région (Yverdon-les-Bains), il bronzo raffigurante Alessandro Magno a cavallo dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il grande bronzo di Lorenzo Bartolini raffigurante Napoleone I Imperatore, dal Louvre. La macro-sezione si chiude con la morte e l’apoteosi di Napoleone, considerato un eroe antico ma anche un santo e un taumaturgo, in continuità con i re del medioevo francese, come raffigurato nel celebre dipinto di A.J. Gros, Il generale Bonaparte visita gli appestati di Jaffa, presente in mostra attraverso l’incisione di A.C. Masson, proveniente dal Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts di Ajaccio.

La seconda macro-sezione è dedicata al rapporto di Napoleone con l’Italia e Roma. Di particolare interesse il gruppo scultoreo di Pacetti Napoleone ispira l’Italia e la fa risorgere a più grandi destini, dal Castello di Fontainebleau, e due ritratti di Napoleone da Milano (Galleria d’Arte Moderna e Palazzo Moriggia-Museo del Risorgimento). La sezione è completata da un approfondimento sullo scavo della Basilica Ulpia. Incisioni di Giuseppe Vasi, Angelo Uggeri, Giovan Battista Cipriani e disegni e dipinti dal Museo di Roma, nonché – eccezionalmente esposti per la prima volta – i tre progetti redatti nel 1812 da Giuseppe Valadier e Giuseppe Camporese e conservati all’Accademia di San Luca, illustreranno le tappe che portarono alla scoperta delle strutture della Basilica Ulpia e di importanti reperti scultorei, come le statue di Daci, esposte nella collezione permanente del Museo, riunite per la prima volta a sculture provenienti dall’area e oggi conservate nei Musei Vaticani.

La terza macro-sezione approfondisce alcuni aspetti relativi alla ripresa di modelli antichi nell’arte e nell’epopea napoleonica, come ad esempio quello dell’aquila romana. Nell’approccio all’Antico fu fondamentale per Napoleone la Campagna d’Egitto, raccontata attraverso alcune opere, come la stampa di Girardet dal Museo Napoleonico di Roma, raffigurante Il generale Napoleone Bonaparte alle Piramidi, e la statuetta in bronzo di C.J. Meurant dal Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts di Ajaccio: Bonaparte su un dromedario. Dall’Egitto a Babilionia, sulle orme di Alessandro Magno: il percorso è celebrato nella mostra con cinque lastre del fregio con Il Trionfo di Alessandro Magno in Babilonia di Bertel Thorvaldsen, nella versione conservata nei Musei Civici di Pavia e derivata dal fregio eseguito dal celebre scultore per il Palazzo del Quirinale nel 1812. Lo sguardo su Roma riporta al modello per antonomasia: la Colonna Traiana che fu d’ispirazione per la realizzazione, tra il 1806 e il 1810, della Colonna Vendôme a Parigi.

Chiude la mostra il celebre dipinto Napoleone con gli abiti dell’incoronazione di François Gérard, del 1805, conservato ad Ajaccio, nel Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts.

 

 

 

 

 

 

 

Archiviato in:Mostre

Accadde in Versilia. Il tempo di Nomellini e Viani

08/01/2021 da Sergio Casprini

Centro Matteucci per l’Arte Moderna  Via Gabriele D’Annunzio 28  Viareggio 

Valeria Ronzani Corriere Fiorentino 7 gennaio 2021

 Fino a fine gennaio al Centro Matteucci per l’Arte Moderna di Viareggio (via Gabriele d’Annunzio, 28) si può visitare su prenotazione la mostra «Accadde in Versilia. Il tempo di Nomellini e Viani», una mostra prodotta dalla Società di Belle Arti di Viareggio

Anche questo è accaduto in Versilia, una pandemia che ha chiuso tutto. Né poteva sottrarsi a qualcosa che coinvolge il mondo intero. Così, a Viareggio passeggiata deserta e locali chiusi. Ma c’è chi non si arrende. Se avete urgenza di un’iniezione di arte, telefonate al Centro Matteucci per l’arte moderna (0584.430614) e prenotate una visita alla mostra Accadde in Versilia, il tempo di Nomellini e Viani, ancora fino a tutto il mese di gennaio, come ci assicura Giuliano Matteucci.

Prodotta dalla Società di belle arti di Viareggio, l’esposizione propone più di trenta opere, anche di collezionisti privati raramente esposte, per immergersi in una terra magica, un paesaggio fatato che purtroppo non esiste più. Celebri i versi di Gabriele d’Annunzio, che della Versilia declama: «Tre disse quivi immense parole il Mistero del Mondo, pel Mare pel Lito per l’Alpe, visibile enigma divino che inebria di spavento e d’estasi l’anima umana». Forse è anche in funzione consolatoria che si rievocano quei climi. Plinio Nomellini fu la personalità accentratrice, sempre in bilico fra Divisionismo e Simbolismo, di questa terra incantata. «Divina» la definiva l’artista, e l’intima, poetica ispirazione ben si esprime nella immaterialità di quel liquido colore del Ragazzo sulla spiaggia del 1910.

Ma il rimpianto per quell’oasi felice è controbilanciato dal ricordo della miseria e dalla durezza delle condizioni di vita di quei luoghi, che trovano degno cantore in un artista potentissimo, che da lì si pone come uno dei protagonisti dell’arte europea di quei decenni, Lorenzo Viani.

Lorenzo Viani Darsena  1909

Creatura di Nomellini, diviene il cantore potente degli umili, della fatica del lavoro, della tragedia del mare. Ma c’è un altro grande protagonista della Versilia in quegli anni, il suo nome è Giacomo Puccini, che nell’oasi di Torre del Lago trovava ristoro alle pressioni della sua enorme fama. La villa, che conserva le sue spoglie mortali, è ora un museo a lui dedicato. Nella sua vita torrelaghese c’era però ben altro. Ecco lo schizzo di Ferruccio Pagni del capanno sede del «Club la Bohème», accolita di amici artisti che si riunivano attorno al genio lucchese.

Pagni, insieme a Francesco Fanelli, era uno di questi, come testimoniato dalla fotografia esposta.

 Di Puccini anche lo schizzo a firma Lina Rosso, che ne ritrae i tratti del volto nel 1918. Un olio del 1900 di Adolfo Tommasi ritrae la magia delle Apuane da Torre del Lago.

 Francesco Fanelli Lavandaie sul lago 1898

Lì nel 1902 si era trasferito Plinio Nomellini reduce dalla trasferta genovese, per atterrare nel 1908 a Viareggio, lungo la fossa dell’Abate. Intorno a lui un nucleo di pittori ormai in grado di affrancarsi dalla sua lezione, quelli che Diego Martelli definì «Impressionisti livornesi». In prima fila appunto Fanelli e Pagni, ma in mostra abbiamo testimonianze pittoriche anche di Ulivi Liegi con una Spiaggia di Viareggio, risalente al 1917, a dimostrare i debiti all’arte di Nomellini. E Fanelli nel 1905/10 ritrae la poesia di un’istantanea di vita della darsena di Viareggio. Quanto diversa dal dolore della fatica dei pescatori di Viani.

Ulvi Viegi Marina a Viareggio 1910

 

 

 

 

Archiviato in:Mostre

Vissi d’Arte

29/10/2020 da Sergio Casprini

Cento capolavori dalle collezioni Della Ragione e Iannaccone

Museo della Città – piazza del Luogo Pio (quartiere La Venezia) Livorno

 

Dal 30 ottobre al 31 gennaio 2021 è aperta -la mostra “Vissi d’arte – Cento capolavori dalle collezioni Della Ragione e Iannaccone“, progetto ideato da Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento di Firenze, e a cura di Eva Francioli, Elena Pontiggia e Sergio Risaliti. Un eccezionale percorso espositivo che riunisce per la prima volta, in un dialogo profondo e serrato, le opere di due importanti collezioni dedicate all’arte italiana del Novecento: quella di Alberto Della Ragione (1892-1973) e quella di Giuseppe Iannaccone (1955), entrambi accomunati dall’intensa passione nei confronti dell’arte italiana, in particolare quella sviluppata negli anni tra le due guerre.   

In mostra opere di grandi Maestri come Giorgio Morandi, Carlo Carrà, Renato Guttuso, Emilio Vedova, Renato Birolli, Mario Mafai, Scipione e Filippo De Pisis, e ancora Felice Casorati, Aligi Sassu, Ottone Rosai, Carlo Levi e Fausto Pirandello; opere di altissima qualità pittorica esposte in un percorso dialettico dal forte impatto visivo. La mostra, promossa dal Comune di Livorno, sancisce la collaborazione con la Città di Firenze e il Museo Novecento, nel segno dell’arte moderna e della cultura contemporanea.

 

Collezione Della Ragione: un atto d’amore verso Firenze dopo l’alluvione

Una collezione, quella di Alberto Della Ragione, arrivata a Firenze come frutto generoso di una donazione effettuata all’indomani della terribile alluvione subita da Firenze, la culla del Rinascimento, ferita nel suo patrimonio di bellezza dalla furia delle acque dell’Arno, che nel novembre del 1966 tracimò sommergendo le case, le chiese e i palazzi. Fu allora che l’ingegnere decise di risarcire Firenze affidando alle cure della città ben 240 opere di sua proprietà, con un contratto che fu siglato finalmente nel 1970. Forse Della Ragione, nel prendere questa decisione, fu motivato anche dal fatto che nella città di Cosimo Il Vecchio e Lorenzo Il Magnifico abbia avuto origine il collezionismo moderno, dalla cui costola sono poi nati i musei più importanti della città, dagli Uffizi, alla Galleria Palatina, dal Museo Bardini, al Museo Horne, fino allo stesso Museo Novecento, che conserva ed espone la Raccolta Alberto Della Ragione.

Collezione Iannacone: romanticismo e espressionismo nelle opere in mostra

L’altra collezione è nata invece dalla grande passione di Giuseppe Iannaccone. Le opere da lui sapientemente collezionate rivelano una straordinaria capacità nelle scelte, guidate da una profonda coerenza concettuale e da una rara intelligenza critica, che hanno condotto l’avvocato verso una pittura connotata da un originale calore romantico ed espressionistico, come quella degli artisti di Corrente e della Scuola romana. 

Il titolo dell’esposizione, “Vissi d’arte”, sta a sottolineare proprio la grande passione che accomuna i due collezionisti spinti a dedicare un’intera vita alla ricerca ed al possesso di alcune opere entrate nel mirino del loro prorompente desiderio di bellezza. Cento di queste opere si potranno ammirare nella mostra livornese che sarà corredata di apparati didattici che consentiranno non solo di comprendere le ragioni dei due collezionisti, ma anche di conoscere la vita e l’opera dei maggiori artisti e dei movimenti affermatisi in Italia tra le due guerre.

Il catalogo, pubblicato da Forma edizioni, sarà arricchito da saggi critici e schede di approfondimento sulle singole opere esposte. 

“Vissi d’Arte”
Museo della Città – piazza del Luogo Pio (quartiere La Venezia)
30 ottobre 2020 – 31 gennaio 2021

Orario: dal martedì alla domenica orario continuato 9-19 (chiusa il lunedì)

Ingresso: biglietto intero 8 euro – ridotto 5 euro – visita guidata 2 euro a persona (con prenotazione)

 

Archiviato in:Mostre

La Quercia di Dante

19/10/2020 da Sergio Casprini

 

Palazzo Roncale Piazza Vittorio Emanuele, 25, Rovigo

19 settembre 2020/ 17 gennaio 2021 

Nel 1321, per la seconda volta nella sua vita, Dante Alighieri si smarrì in una selva oscura. Questa volta, però, non si trattava di un’allegoria del peccato, come scrisse nel primo Canto della Divina Commedia, ma di un vero bosco, fitto di rovi, rami intricati e acquitrini. Era così, infatti, che si presentava il Delta del Po a quei tempi. E narra la tradizione popolare, che a salvarlo, in quel frangente, non fu Virgilio bensì un albero, un’enorme quercia sulla quale il Sommo Poeta si arrampicò per potersi orientare e ritrovare la diritta via. Che sia andata realmente così non ci è dato sapere: di certo la tradizione ha ormai identificato l’albero provvidenziale con il secolare esemplare di Quercus Robus che dominava l’argine del Po di Goro nei pressi di San Basilio, chiamato in dialetto locale “la Gran Rovra di San Basilio”.
Se il suo primo perdersi in una selva oscura è stato per Dante lo spunto per scrivere l’incipit di uno dei capolavori assoluti della letteratura mondiale, lo smarrimento della retta via nel Delta del Po è stato l’ispirazione, a quasi 700 anni dalla sua morte, per un articolato progetto culturale, intitolato appunto La Quercia di Dante.

Gustavo Dorè Inferno  Primo canto

Visioni dell’Inferno

Il fulcro del progetto è una mostra dal titolo Visioni dell’Inferno, dove protagonista assoluta sarà la prima delle tre Cantiche della Divina Commedia. Tre artisti, alle cui opere è stato affidato il compito di evocare i trentatré Canti (più il Prologo) in cui è narrata l’avventurosa discesa nelle viscere della Terra che porterà il poeta toscano e la sua guida al cospetto di Lucifero. Ma anche tre nazionalità e tre epoche diverse: le visioni degli inferi danteschi, infatti, sono quelle del francese Gustave Doré (Strasburgo, 6 gennaio 1832 – Parigi, 23 gennaio 1883), dello statunitense Robert Rauschenberg (Port Arthur, 22 ottobre 1925 – Captiva Island, 12 maggio 2008) e della tedesca, a noi contemporanea, Brigitte Brand.

Un artista per ognuno degli ultimi tre secoli: diversissime le sensibilità, diversissime le interpretazioni, diversissime le tecniche utilizzate.

Un altro Inferno è possibile

Dopo aver attraversato i tre cerchi infernali di Doré, di Rauschenberg e di Brand, il percorso prosegue verso gironi della mostra in cui sono ospitate visioni dell’Inferno particolarmente originali, capaci di sorprendere per la loro singolarità.

È il caso dell’Inferno di Patrick Waterhouse e Walter Hutton, due giovani artisti inglesi provenienti da Fabrica, il laboratorio creativo fondato da Luciano Benetton e Oliviero Toscani. Ai due ragazzi, che non avevano mai letto la Divina Commedia, è stato chiesto di tradurre l’Inferno attraverso la sensibilità e lo sguardo fresco e curioso di chi, non essendo mai stato influenzato dalle letture scolastiche, si accosta per la prima volta al capolavoro di Dante. Ne è nato L’Inferno di Dante. Una storia naturale, un volume illustrato e commentato dai due autori che si concentra sui dettagli che più li hanno incuriositi e sul complesso universo storico e metaforico creato da Dante.
Ancora più sorprendente è il girone successivo, L’Inferno di Topolino, nel quale è ospitata la prima edizione della parodia a fumetti della Divina Commedia, prodotta dalla Disney e pubblicata in Italia dall’ottobre del 1949 al marzo del 1950. Un vero e proprio poema, scritto in terzine ed endecasillabi, come l’originale, che ha per protagonisti Topolino, nel ruolo di Dante, e Pippo in quello di Virgilio.

Copie molto originali

Dopo questa divertente escursione in un Inferno a fumetti, la mostra si conclude con un’ultima tappa nella quale sono esposte alcune preziosissime edizioni del capolavoro di Dante custodite dall’Accademia dei Concordi, insieme ad altre eccezionalmente concesse dalla Biblioteca del Seminario Vescovile di Rovigo e pubblicate tra il Cinquecento e il Novecento.
Cominciando con la più antica: una copia del 1512, stampata a Venezia dallo Stagnino e commentata da Cristoforo Landino.

Palazzo Roncale

19 settembre 2020/ 17 gennaio 2021

venerdì dalle 9.00 alle 19.00
sabato e domenica dalle 9.00 alle 20.00

Ingresso gratuito

Per prenotare o avere informazioni chiamaci
da lunedì a venerdì dalle 9.30 alle 18.30
sabato dalle 9.30 alle 13.30

0425 460093 info@palazzoroverella.com

 

Palazzo Roncale Rovigo

 

Archiviato in:Mostre

  • « Vai alla pagina precedente
  • Vai alla pagina 1
  • Vai alla pagina 2
  • Vai alla pagina 3
  • Vai alla pagina 4
  • Vai alla pagina 5
  • Pagine interim omesse …
  • Vai alla pagina 24
  • Vai alla pagina successiva »

Barra laterale primaria

il Comitato Fiorentino per il Risorgimento
è associato al Coordinamento nazionale Associazioni Risorgimentali FERRUCCIO

L’editoriale del direttore

17 MARZO. CELEBRAZIONE DELL’UNITÀ D’ITALIA, DELLA LIBERTÀ E DEMOCRAZIA

Video

Ubaldino Peruzzi Sindaco, il video integrale del Convegno

Prossimi appuntamenti

Le celebrazioni del 17 MARZO nel corso della storia dell’Italia dal 1911 al 2011

10/03/2023

Lettere al Direttore

La coscienza ecologica tra passato e presente

07/12/2022

Focus

STORIA DI RAMELLI E DANTE DI NANNI

25/03/2023

Tribuna

Il PASSATORE, mito della Romagna

26/12/2022

Luoghi

LA FORTEZZA DEL RISORGIMENTO A BRESCIA

23/01/2023

Mostre

L’arte della moda. L’età dei sogni e delle rivoluzioni. 1789-1968

15/03/2023

Rassegna stampa

VITTORIO EMANUELE II NON ERA VLADIMIR PUTIN

21/03/2023

Pubblicazioni

NAZIONE POP

17/03/2023

RisorgimentoFirenze.it nella tua mail

E' possibile ricevere un messaggio e-mail ad ogni nuova pubblicazione sul nostro sito.
Basta inserire il proprio indirizzo di posta elettronica nella casella sottostante. Il servizio è gratuito e può essere interrotto in ogni momento.

Unisciti a 89 altri iscritti

Footer

Archivio articoli

Archivio rubriche

Area amministrativa

  • Accedi
  • Feed dei contenuti
  • Feed dei commenti
  • WordPress.org

Blogroll

  • Arte del Poggio
  • Comitato livornese per la promozione dei valori risorgimentali
  • PensaLibero.it, quotidiano on line dei laici e dei liberali della Toscana.
  • Risorgimento Toscana
  • Sito ufficiale delle celebrazioni per il 150° anniversario

Direttore Sergio Casprini | Responsabile della Comunicazione Irene Foraboschi | Webmaster Claudio Tirinnanzi

 

Caricamento commenti...