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1865-2015: Firenze tra passato e futuro

24/04/2015 da Alberto Lopez

Oggi, come allora, Firenze è oggetto di grandi opere pubbliche. Sono altrettanto indispensabili (aeroporto)? Ma soprattutto, è necessario che siano realizzate così come è stato deciso (stazione ferroviaria, stadio)?

I viali del PoggiTre sono state le capitali d’Italia: dopo Torino e prima di Roma, dal 1865 al 1870 è toccato a Firenze. Quest’anno nel capoluogo toscano, per celebrare il centocinquantesimo anniversario della proclamazione di Firenze Capitale sono state promosse diverse iniziative, fra le quali il convegno di studi tenutosi mercoledì scorso presso l’Auditorium dell’Archivio di Stato di Firenze “Tradizione storica e mutamento dei confini culturali”. Coordinati da Carla Zarilli direttrice dell’Archivio, sono intervenuti Giovanni Cipriani ( “Filosofia e filologia negli anni di Firenze Capitale” ), Fabio Bertini ( “Scienza e Società in Firenze Capitale” ), Alessandra Campagnano ( “Associazionismo e volontariato a Firenze dopo l’Unità d’Italia” ) e Sergio Casprini ( “La ridefinizione della forma urbana di Firenze Capitale tra resistenze romantiche ed esigenze di modernità” ). Lungi dall’essere un resoconto dettagliato degli interventi si può, tuttavia, rilevare brevemente che, pur nella diversità degli argomenti trattati, è emerso in modo unanime che Firenze negli anni Sessanta del XIX secolo non fu solo oggetto di grandi ristrutturazioni urbanistiche, ma anche al centro dell’attività intellettuale e associativa nazionale (oltreché politica, come ovvio, in ragione del suo nuovo e breve status). Infatti, è presso l’Istituto di Studi Superiori, specchio dei valori dell’Italia unita e della cultura risorgimentale e il Museo della Scienza, entrambi ampliati in dimensioni e funzioni proprio in quegli anni, che furono dibattute accesamente le tematiche scientifiche, gnoseologiche e sociologiche più in auge all’epoca: il darwinismo, il positivismo, l’uso della vivisezione in fisiologia con l’inevitabile confronto fra determinismo materialista e libero arbitrio. Non solo, l’affluire delle maestranze per gli ampliamenti della città e delle professionalità per l’esercizio delle funzioni politiche in qualità di capitale contribuirono, in una realtà già ben affermata come quella delle associazioni fiorentine, alla nascita di nuove forme di società di mutuo soccorso di tipo corporativo che negli anni successivi avranno successo anche nelle altre regioni italiane. Una su tutte la Fratellanza Artigiana, prima forma di esercizio della democrazia nella gestione associativa, è stata esempio di filantropia laica, dove l’assistenza medica è stata condotta con rigore scientifico. Come detto durante il convegno e testimoniato dall’ampia documentazione esposta nella mostra “Una capitale e il suo architetto” (fino al 6 giugno all’Archivio di Stato di Firenze, da vedere), gli interventi di allora facevano parte di una visione fiduciosa nel futuro, pianificata con grande accuratezza dall’architetto Giuseppe Poggi e rispondevano alle reali necessità della città: la realizzazione dei Lungarni Torrigiani e Serristori proseguivano quelli già avviati dai Lorena per la messa in sicurezza dell’Arno in seguito alla piena del 1844 e, più in generale, una regimazione delle risorse idriche assicurarono l’acqua alla città che si stava ampliando, schiudendo il nucleo medievale con la creazione di nuovi spazi (dove non doveva mancare il verde pubblico) e di una nuova rete stradale a cui si deve ancora oggi una certa viabilità a Firenze. Anche il viale dei Colli che culmina con il Piazzale Michelangelo nel panorama di Firenze famoso nel mondo si deve al progetto del Poggi. E a lui si deve molto altro ancora. Qui basti ricordare che nel suo lavoro è riuscito nel non mai facile obiettivo di conservazione della memoria e di inserimento del nuovo. Oggi, come allora, Firenze è oggetto di grandi opere pubbliche. Sono altrettanto indispensabili (aeroporto)? Ma soprattutto, è necessario che siano realizzate così come è stato deciso (stazione ferroviaria, stadio)? Oppure esistono (e ci sono) alternative meno costose che incidono meno su vita e tessuto urbani e, quindi, rispondono meglio alle vere necessità dei fiorentini e alle tasche degli italiani tutti?

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