di Piero Simonetti Presidente Comitato Maremmano per la tutela dei Valori Risorgimentali.
Tribuna
L’unica garibaldina
di Mauro Bonciani dal Corriere Fiorentino del 11 febbraio. Con un saggio di Alberto Aspen sulla figura di Antonia Masanello.
Festa dei comitati toscani a Livorno sabato 11 Maggio
Anche quest’anno 2011 ci ritroviamo sotto le mura di San Marco. Saluto a nome del Comitato Livornese per la Promozione dei Valori Risorgimentali tutti coloro che sono presenti. Mi rivolgo alle autorità civili e militari, ai sindaci, ai rappresentanti delle province, ai gonfaloni, alle associazioni che fanno festa con noi. Celebriamo la capacità di un popolo di sfidare le condizioni più avverse per il proprio miglioramento secondo principi di diritto e di giustizia.
Un saluto particolare voglio fare ai rappresentanti dei Comitati per la Promozione dei valori risorgimentali, per la prima volta presenti con le loro bandiere, ormai radicati in tante realtà toscane e venuti qui a celebrare la prima festa toscana. Un saluto alla memoria dei valorosi componenti del Comitato che non ci sono più, da Mario Landini, a Ugo Canessa, a Alfio Dini, a Paolo Castignoli, a Vittorio Marchi, e un saluto alle giovani e brillanti nuove leve dirigenti del Comitato nostro. E un saluto riconoscente va alle camicie rosse garibaldine che attestano la continuità morale di una storia, il contributo fattivo del popolo italiano, tramite il volontariato, all’affermazione dell’indipendenza nazionale dietro le bandiere della democrazia e della libertà.
In particolare, però, voglio salutare queste centinaia di ragazzi che, ornati dai colori nazionali, celebrano con noi due straordinarie ricorrenze. Ricordano la data del 10-11 maggio 1849, quando poche centinaia di repubblicani sfidarono un esercito di 12.000 uomini, pagando molti di essi con la vita quell’eroica testimonianza, e celebrano l’altra ricorrenza, quella del 17 marzo 1861 in cui si riconosce la proclamazione dell’Unità nazionale, l’esaltante processo di realizzazione della Nazione cui tanto il popolo aveva dato e che tanta fatica avrebbe richiesto per una vera realizzazione.
Questa grande presenza di studenti e di insegnanti attesta, in primo luogo, il fondamento morale e culturale di una grande realizzazione dello Stato unitario, forse la più importante, quella scuola pubblica che ha i più grandi meriti ancora oggi, grazie anche alla grandissima e appassionata opera dei tanti colleghi, maestri e professori che dedicano la vita a coltivare il seme fondamentale dell’etica pubblica e del bene comune nelle anime dei loro allievi.
Non è retorico riconoscere in questi ragazzi la più grande risorsa della nostra democrazia, e non sarebbe giusto perché i ragazzi di tutta l’Italia hanno dimostrato di comprendere bene e assai meglio di tanti adulti le ragioni di fondo dell’Unità nazionale, il valore storico dei simboli fondamentali dell’Unità nazionale. Hanno gioito nello sventolare il Tricolore, l’hanno voluto alle finestre, hanno cantato con emozione l’Inno nazionale.
Hanno ben compreso come quei simboli nascessero davvero da giovani come loro o poco più grandi di loro. Il Tricolore che conta i suoi primi martiri a Bologna nel 1794, con i giovanissimi studenti Luigi Zamboni e Giovan Battista de Rolandis; l’Inno nazionale, le cui parole sono state scritte da Goffredo Mameli, morto poco più che ventenne nella difesa della Repubblica romana, nel 1849, appena dopo che altri giovani, su queste mura si erano immolati per gli stessi ideali.
Ed è forse merito anche dei giovani studenti di tante parti d’Italia se, al culmine di questa fase di intensa celebrazione, anche movimenti che avevano annunciato disprezzo e freddezza verso l’Unità e i suoi simboli, hanno dovuto richiamarli e celebrarli per non restare isolati dal buon senso e dal sentire profondo di tanta parte della loro base che non può aver dimenticato il contributo di sangue di tutte le terre d’Italia all’indipendenza nazionale.
Quanto dobbiamo all’opera compiuta in tempi difficili dal nostro presidente Ciampi, di divulgazione dei valori del Risorgimento, dell’Unità nazionale e dell’Europa da sviluppare secondo quei valori? Alla sua opera questo Comitato, insieme alle massime espressioni della Città, ha dato il suo più grande riconoscimento, conferendogli il 14 marzo a Roma, il Bartelloni d’oro. E l’incontro è stato occasione, non solo di un’appassionata testimonianza di ricordo e d’amore del Presidente verso la sua Città, quanto anche di una nuova e fresca lezione sul senso attuale del Risorgimento nella prospettiva nazionale ed europea.
Questa nostra fase storica, dal punto di vista dei valori affermati dal Risorgimento e dal grande fermento europeo in cui si inserì il Risorgimento italiano, appare complessa e qualche volta contraddittoria. Noi vediamo come l’idea nazionale, affermata nei suoi valori di libertà, di eguaglianza, di piena cittadinanza, in Italia, ma perseguita anche in altri paesi europei nel grande movimento del 1848 e 1849, soffra molto oggi. Vediamo come l’idea delle nazioni libere e sorelle, nella repubblica universale, generose nell’Europa dei popoli disegnata da Mazzini, soffra invece di un ripiegamento che la riconduce ai disgraziati tempi del nazionalismo aggressivo e conservatore e riesca perfino ad offrirne una versione moralmente ancora peggiore. Basti pensare al mutamento costituzionale in corso in Ungheria, per rendersi conto del grave pericolo che l’Europa corre proprio quando forse altri popoli dell’Africa mostrano una propensione irresistibile verso l’idea di libertà.
Sono fenomeni inquietanti e difficili, di fronte ai quali la saldezza della convinzione nei valori affermati dal Risorgimento è una vera e propria barra di timone da tenere salda.
I valori affermati dalle lotte e dal sacrificio del Risorgimento, la libertà naturale, l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, indipendentemente dalla fede, dallo status sociale e dal sesso, hanno rappresentato un’aspirazione sognata sotto i regimi assoluti che precederono l’Italia. Sono stati difficili da realizzare davvero compiutamente e spesso messi in pericolo, come avvenne quando la dittatura fascista tolse agli Italiani la libertà di stampa e di associazione, limitando la cittadinanza e il diritto all’appartenenza religiosa, fino a farne una condizione di pericolo e di insicurezza. Riconquistare quei diritti fu duro e richiese il lungo impegno sotterraneo dell’antifascismo, la mobilitazione delle migliori forze militari dopo l’8 settembre e lo svilupparsi del grande movimento per la resistenza e la guerra di liberazione cui tutte le classi sociali contribuirono generosamente con il medesimo coraggio dei loro antenati.
Poiché la Costituzione italiana, con la suprema sintesi degli ideali, dei diritti individuali della cultura liberale, delle visioni sociali religiose e laiche, rappresentò la svolta verso un Paese davvero democratico, giusto e capace di progresso, essa mantiene intatto il suo valore e bisogna celebrarne ancora una volta il più grande riconoscimento.
Non occorre andare lontano nel tempo, per rendersi conto di quanto questo sia vero. Basta aver presente la lezione offerta a Firenze, pochi giorni fa, dal presidente Napolitano, quando ha richiamato il ruolo centrale del Parlamento nella vita di un Paese. Fu davvero questo il vero e proprio valore aggiunto dell’opera politica di Cavour nel suo Piemonte, ereditata a lungo dallo Stato italiano.
Con la Costituzione repubblicana il Parlamento fu riconosciuto il perno centrale politico e morale della Nazione, il vero baricentro della democrazia. Il paese vive bene se il Parlamento è reale espressione delle sue cittadine e dei suoi cittadini, se è tempio dell’etica pubblica. È anche per questo che riconosciamo il debito da onorare verso quegli eroici combattenti politici e militari che tutto dettero al Paese che voleva nascere. Dettero la propria personale libertà, il sacrificio della ricca o povera economia del loro avere o del loro laboratorio e della loro famiglia, la vita. Come i grandi eroi del piccolo esercito della repubblica di Livorno, composto di livornesi, di toscani, di altri italiani, di stranieri, che il 10-11 maggio del 1849, mostrò anche qui, come a Milano, a Roma, a Brescia, a Messina, ad Ancona, in tanti altri luoghi, quanto possa la virtù cittadina quando sono in gioco le grandi e oneste speranze di crescita dell’umanità. Lasciatemi citare qui uno di essi, per l’alto onore che ci fa il Comune di Sassuolo venuto fin qui, il suo glorioso cittadino Giuseppe Piva, il “cannoniere dei Lupi”, il primo a sbarrare la strada agli Austriaci.
Viva sempre la memoria di quegli eroi! Viva sempre l’Italia democratica e repubblicana in un’Europa custode della libertà, della democrazia, dell’equità sociale!
Fabio Bertini
Il Presidente incoccardato
Il Comitato Fiorentino per il Risorgimento ha incontrato il Presidente Giorgio Napolitano nella sua visita fiorentina. di Sergio Casprini
COMBATTENTI DI ALTRE PATRIE PER LA LIBERTÀ D’ITALIA – Prima parte di una storia a ritroso
Ancona, 1994. Era un pomeriggio di luglio, faceva un caldo terribile, mi trovavo ad Ancona, città che non conoscevo, e camminavo alla ricerca di un certo ufficio o agenzia. Chiesi informazioni. Mi dissero di andare avanti per mezzo chilometro, poi sulla destra avrei incontrato la divisione polacca, dovevo oltrepassarla, poi…
Immaginai che la Divisione Polacca fosse una sorta di targa commemorativa o un monumento.
Invece era un cimitero.
Incuriosito entrai. Mi parve molto grande. Non si vedeva nessuno. La maggior parte delle tombe, tutte uguali, avevano la Croce, ma ce n’erano con la Stella di David e qualcuna con la Mezzaluna. La data della morte era la stessa, luglio 1944, proprio cinquant’anni prima.
Seppi poi che il 18 luglio 1944 la città di Ancona era stata liberata, dopo sanguinosi combattimenti contro i Tedeschi, dalle truppe polacche del generale Anders.
Nei dintorni di Firenze, dove sono nato, avevo conosciuto altri cimiteri di soldati alleati: il vasto Cimitero di Guerra Americano dove riposano 4.400 caduti, che si trova dopo Tavarnuzze sulla strada per San Casciano, e il Cimitero di Guerra Inglese, all’Anchetta, sulla strada per Pontassieve: percepíti col tempo più che altro come punti di riferimento lungo una strada, buoni per dare un’indicazione a chi te la chiede, per esempio: “Scusi, sa dov’è la trattoria Tal dei Tali?” “Come no, lei va avanti, passa il cimitero militare, prosegue per un trecento metri e poi la trova, sul lato sinistro della strada. Si mangia bene e si spende il giusto!”
Dimenticare è nell’ordine delle cose, ma non è un bene: nei settant’anni trascorsi dalla Seconda Guerra Mondiale le ceneri di nuovi morti, caduti a milioni in Africa, Asia, America Latina, Europa lottando per libertà e giustizia o, semplicemente, credendo nel diritto di tutti di vivere insieme in pace e armonia, si sono aggiunte alle ceneri dei morti di allora, rimuovendone in parte la memoria.
Proprio per questo è importante ricordare che, tra i quasi centomila caduti di altre patrie, che erano venuti in Italia per combattere il Nazifascismo[1], vi furono molti volontari che ritenevano di non poter restare fuori, pur avendone l’opportunità, ed altri che accettarono missioni particolarmente pericolose, paracadutati oltre le linee tedesche, con funzioni di collegamento con i partigiani italiani o combattendo in formazioni partigiane[2].
Vicino a Pistoia, dove ho abitato per diversi anni, c’è il Cimitero Brasiliano, con un monumento dedicato ai caduti della FEB – Força Expedicionária Brasileira, 23.334 soldati mandati in Italia, ne morirono circa 2.500, quasi 500 uccisi in azione, gli altri successivamente, per le ferite riportate.
Ho avuto occasione di vedere una collezione di figurine per ragazzi –tipo le nostre figurine Panini- pubblicata in Brasile subito dopo la guerra, per raccontare ai più giovani, con immagini e piccole didascalie, la storia della Força Expedicionária Brasileira: la historia da FEB na Itália è raffigurata un po’ stile fumetto, dall’inaugurazione del Corpo di Spedizione, il cui distintivo era un serpente dall’aria ironica che fuma la pipa (O cobra fumando o cachimbo)[3], alla traversata dell’Oceano, all’arrivo dei soldati a Napoli, con la loro missione di lutar contra os Alemães na Itália, ai combattimenti, alle perdite, alle vittorie, infine l’immagine del Cimitero Brasiliano in Italia, col profilo verde di una collina sullo sfondo, e questa dedica:
Na localidade de Pistoia, na Itália, descançam alcuns herois da Força Expedicionária Brasileira que lutaram e morreram para que a Liberdade –maior bem do homem- podesse continuare entre os povos de boa vontade[4].
Trovo che questa semplice dedica, stampata sul retro della figurina, dica tutto.
[1] Solo nella battaglia di Cassino morirono oltre 14.000 soldati alleati (1.052 Polacchi, 4.345 Francesi, 6.320 del Commonwealth, circa 3.000 Americani). I Tedeschi caduti a Cassino furono circa 15.000. Se consideriamo anche i dispersi e i feriti –almeno tre feriti per ogni caduto- il numero complessivo delle perdite per Cassino, da ambo le parti, supera le 120 mila unità.
[2] Un episodio tra i numerosi qui in provincia di Firenze: il 19 giugno 1944 nella Battaglia di Pian d’Albero, nel territorio di Figline Valdarno, muore il tenente di aviazione russo Kirikonzia Supien mentre, alla testa di un gruppo di ex prigionieri sovietici unitisi ai partigiani, cerca di portar soccorso ai partigiani della 22ª Brigata Senigaglia Garibaldi, circondati dai nazisti.
[3] O cobra fumou [il cobra ha fumato] si disse al momento dell’entrata in guerra del Brasile, ricordando ironicamente le parole del presidente Vargas di qualche tempo prima: il Brasile non ci sarà in questa guerra… Sarà più facile trovare un serpente che fuma la pipa!
[4] Nella località di Pistoia, in Italia, riposano alcuni eroi del Corpo di Spedizione Brasiliano che lottarono e morirono perché la Libertà –maggior bene dell’uomo- potesse continuare a vivere tra i popoli di buona volontà.
Musica e Risorgimento
Il concerto del Conservatorio Cherubini, promosso tra gli altri dal Comitato Fiorentino del Risorgimento, si è tenuto mercoledì 19 aprile a Santa Croce.
“Insieme sotto il tricolore”. Studenti e professori in battaglia. L’Università di Siena nel Risorgimento
Discorso inaugurale di Donatella Cherubini, Università di Siena, Presidente del Coordinamento Toscano del Risorgimento, in occasione dell’inaugurazione della mostra “Insieme sotto il tricolore” che si è tenuta il 9 aprile a Siena, presso il Complesso museale di Santa Maria della Scala.
Luciano Bianciardi ed il Risorgimento
di Leandro Piantini [Leggi di più…] infoLuciano Bianciardi ed il Risorgimento
CIAMPI, MAZZINI E GLI OCCHIALI DI CAVOUR
Se qualcosa ha caratterizzato particolarmente il Settennato di Carlo Azeglio Ciampi, è stato il suo richiamo al Risorgimento, inteso non come vicenda storica chiusa in sé, ma come fecondo terreno di coltura dei valori con cui si è misurata la storia di oltre duecento anni della nostra penisola. Un “filo rosso”, come egli stesso ha definito la continuità, ha legato e lega i primi fermenti per la libertà, dalle lotte e dai sacrifici di un popolo per legarla all’indipendenza e all’Unità, alla tensione verso una reale democrazia, alla necessità di ritrovare il patrimonio di conquiste civili e di cittadinanza sottratto dal fascismo, e dunque a quel binomio Resistenza-guerra di liberazione, popolo-forze armate schierate con la libertà, che condusse al completamento di un antico progetto di repubblica democratica codificato dalla Costituzione.
Se quell’insieme ideale esaltato nel Settennato, il novantunenne Presidente emerito lo riconosce ancora fattore fondamentale per un rilancio della tensione etica, morale e politica del nostro Paese. Lo ha fatto comprendere, il 7 aprile di questo 2011 del 150°, nel suo Ufficio a Palazzo Giustiniani, quando ha ricevuto la delegazione venuta a porgergli il massimo riconoscimento del Comitato Livornese per la Promozione dei valori Risorgimentali, il “Bartelloni d’Oro”.
La motivazione incisa sulla targa del premio recava:
“Medaglia conferita a Carlo Azeglio Ciampi Presidente emerito della Repubblica Italiana per la grande lezione offerta al Paese sui valori del Risorgimento e sul loro valore fondativo per l’identità nazionale affermatasi con l’Unità, riconquistata con la Resistenza e definitivamente scritta con la Costituzione Repubblicana, per l’esempio di senso dello Stato offerto alle istituzioni, e per il solido legame con la comunità di Olivorno, città votata da sempre al dialogo internazionale, alla pace, alla democrazia, alla tolleranza” .
Idealmente, il Comitato di Livorno sentiva di rappresentare tutti i Comitati fratelli e il loro Coordinamento, della cui esistenza il Presidente ha appreso con compiacimento. Con il Comitato erano il Prefetto di Livorno, i rappresentanti del Comune e della Provincia, il rappresentante dell’Accademia Navale, il Presidente dell’Associazione Mazziniana labronica, il Direttore de “Il Tirreno” e l’Amministratore di “Tele-Granducato”, presente con una équipe. E, se la conversazione ha attraversato notizie e memorie della città, i ricordi di un giovane Ciampi soldato del Corpo italiano di liberazione, del poco più che adolescente professore di liceo, ha avuto anche una dimensione politica più ampia nel riferimento ai momenti cruciali dell’opera da ministro per l’euro, interpretato, allora e oggi, come formidabile strumento di coesione nazionale ed europea, contro tutte le forze che individuavano nella possibile emarginazione italiana un punto di partenza per la disgregazione dell’Unità nazionale. Fu anche quello un momento di richiamo ai valori fondamentali della nostra storia che, nella conversazione, hanno più volte portato a rievocare il valore dei padri della Patria che, pur nella diversità degli ideali di riferimento, avvertirono l’importanza di un terreno fondativo comune. Così, alla memoria di Mazzini legata al principio repubblicano, si è unito il ricordo della statura politica del liberale Cavour che un paio di occhiali dello Statista, gelosamente custodito da Ciampi, ha reso tangibile. In quei ricordi si è ritrovato il senso di un patrimonio condiviso delle diverse anime del Risorgimento, un insieme talmente indispensabile da renderlo oggi struggente necessità, perché prevalga il ritorno al primato nella politica dell’onestà intellettuale e del senso dello Stato.
Fabio Bertini
Dieci anni di vita dei comitati per la promozione dei valori risorgimentali
Esiste in Toscana una rete di Comitati per la promozione dei valori Risorgimentali. Ce ne sono a Firenze, a Livorno, a Siena, a Prato, a Empoli, nel Mugello, in Maremma e tutti si riconoscono, salvo minime differenze, in un comune statuto costitutivo. È soprattutto condiviso il riconoscimento del valore fondante, per la nostra democrazia, del Risorgimento come fase storica di lotta per la conquista dei diritti che, in tutta Europa, nell’Ottocento, si andava svolgendo o perfezionando. L’attuazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che, nel secolo precedente, avevano innovato il mondo attraverso due rivoluzioni epocali, l’affermazione di istituzioni costituzionali comprendenti almeno il criterio moderno della divisione dei poteri e il principio della rappresentanza, l’affermazione della libertà in tutti i suoi aspetti civili, da quella dell’individuo, a quella dei gruppi, alla manifestazione delle idee attraverso la stampa, ai diritti della cittadinanza. Ai criteri di governo dell’assolutismo, i popoli volevano sostituire il principio della cittadinanza uguale per tutti, comprendente tribunali equi e giustizia uguale per tutti, a prescindere dalle condizioni economiche e sociali, alla divisione della società tra inseriti e esclusi, volevano contrapporre il diritto all’istruzione e il riconoscimento dei doveri degli Stati verso la salute e la sicurezza di ognuno. Indipendenza della Nazione e Unità del Paese avevano il senso di un bisogno delle coscienze e di qualcosa da rivendicare in nome della modernità europea.
Lo Statuto condiviso dai Comitati fa dunque pieno ed esplicito riferimento al Risorgimento e ai suoi valori e considera il pieno realizzarsi di quelle prospettive nello Stato democratico, come compimento per tutti i cittadini, donne e uomini, del processo storico. Per questo, lo Statuto afferma la continuità esistente tra il Risorgimento, l’antifascismo, la Resistenza e la Guerra di liberazione, la Costituzione repubblicana che i principi ha ricondotto a fondamentale cornice legislativa. Il 1948 chiude il periodo storico preso in considerazione per l’attività dei Comitati, non perché non sussista un bisogno successivo di affermazione e riconoscimento dei valori fondamentali, ma perché ciascuno può poi verificare, nella più ampia possibilità delle posizioni personali e delle specifiche militanze, la coerenza delle idee e delle formazioni politiche da cittadino in situazione.
La vicenda dei Comitati, cui partecipano donne e uomini dalle più diverse provenienze ideologiche, professionali e sociali, dimostra che la concentrazione sul cammino indicato consente un fecondo dialogo e un costruttivo confronto, anche nella diversità delle convinzioni.
La prima idea di un Comitato per la Promozione dei Valori Risorgimentali nacque a Livorno, nel 1999. Accadde a margine dell’attività avviata dall’Associazione Mazziniana livornese, ma si produsse in modo indipendente, per l’incontro di studiosi e cittadini che condividevano una medesima preoccupazione. I promotori rilevavano con preoccupazione il dato storico della perdita di memoria delle giovani generazioni e il declinante peso della storia nella formazione delle coscienze.
Era loro convinzione che occorresse un ampio lavoro tra i giovani per far conoscere il valore della storia risorgimentale e il significato dei simboli principali, a cominciare dall’Inno nazionale e dalla bandiera tricolore, troppo spesso abbandonati a interpretazioni fuorvianti rispetto all’effettiva genesi ed al senso che avevano rivestito per i martiri dell’Unità italiana e per i patrioti.
Era però egualmente chiara la necessità di non offrire ai giovani letture retoriche o artefatte del Risorgimento, quanto invece di rivedere criticamente le vulgate e le versioni prevalenti per un doveroso principio di verità, senza il quale gli studenti chiamati alla riflessione avrebbero sicuramente e giustamente respinto l’occasione di riflessione. Mentre, dunque, il lavoro di quel primo Comitato si avviava cercando i contatti con le scuole per la proposta di lavori in comune, incentivati da borse di studio alle classi, cominciava anche un’attività di studio per l’approfondimento e la messa a fuoco dei reali processi risorgimentali.
Fin dall’inizio, l’organizzazione di convegni e giornate di studio ha implicato l’intervento di studiosi delle diverse Università o di spiccato interesse risorgimentale della Regione e non solo, alimentando un interesse per l’attività del Comitato che è stato il primo motivo di interessamento di nuovi soggetti e poi ha indirizzato diversi amici a proporre nelle loro zone analoghe esperienze. Nella più completa autonomia, e con formule talvolta originali rispetto a quanto fatto nel primo caso, è cominciato un formidabile sviluppo dei Comitati che si sono via via formati. Il Comitato mugellano ha indirizzato la sua attività su momenti di incontro intorno alla storia risorgimentale e contemporanea, ricercando momenti di collaborazione con le scuole. Il Comitato di Firenze ha avviato un formidabile programma di manifestazioni coinvolgenti la città, dalle conferenze nei cinque quartieri della città al convegno organizzato insieme al Lyceum e all’Università su Camillo Cavour: un calendario fitto e importante, tra storia, cultura, arte, con l’impegno di un numero rilevante di collaboratori. Il Comitato di Siena ha sviluppato interventi prestigiosi di presentazione alla cittadinanza della memoria storica locale e regionale, avviando contatti con le scuole. Il Comitato di Prato ha avviato un’importante serie di manifestazioni con le scuole e con i centri di studio, in collaborazione con la Prefettura. Il Comitato maremmano, che lega insieme diversi centri del territorio, si è collocato al centro di un’attività di riconoscimento della memoria storica dell’area che coinvolge centri culturali, istituzionali e scuole. Il Comitato di Empoli, più recente, ha avviato un programma di confronti scientifici insieme alle istituzioni dell’area e lavora per il raccordo con le scuole. A Greve si è svolta un’attività collaterale al Comitato di Livorno ed agli altri Comitati, che ha avuto importanti occasioni di coinvolgimento delle scuole medie inferiori, producendo anche materiali fondamentali per la storia delle donne nel Risorgimento.
Ma non è soltanto nei Comitati che si è svolta l’imponente mole di lavoro che può complessivamente enumerarsi ormai in almeno un centinaio di manifestazioni, in quanto un ruolo importante di coordinamento, confronto e scambio di informazioni, è stato svolto dal Coordinamento Toscano dei Comitati per la promozione dei valori Risorgimentali, anch’esso dotato di uno Statuto che si richiama al modello indicato. È un lavoro fondamentale che tiene insieme esperienze unite dal riconoscimento comune dei valori ma variegate per la grande articolazione ideale delle esperienze di vita e di studio. Ciò consente che non si riproduca, come nella realtà storica non è del resto mai esistita, una separazione tra il cosiddetto Risorgimento dei moderati e il cosiddetto Risorgimento dei democratici.
L’insieme delle esperienze dei Comitati si nutre invece di un concorso delle diverse forze sociali e delle diverse prospettive che richiama quanto accadde e a ciò che, nel fiorire di apporti politici, letterari, teorici, e nel concreto operare di tutti i soggetti sociali, rappresentò un fenomeno ineguagliato di concorso alla costruzione dello Stato nazionale.
Questa molteplicità costituisce una vera e propria ricchezza che non esclude il confronto delle opinioni, ma che si traduce invece, in virtù di un condiviso esercizio dell’onestà intellettuale e del reciproco rispetto, in fecondi momenti di discussione, alla luce di quel riconoscimento della continuità indicata dal Risorgimento alla Costituzione che il presidente Ciampi enucleò benissimo nel suo Settennato e che non ha perso la sua validità.
Tutte le forze che hanno dato vita al Coordinamento Regionale ed ai singoli Comitati sanno di concorrere alla promozione dei valori che costituiscono la continuità della coscienza repubblicana e democratica del nostro Paese e la caratterizzano in Europa. Il riconoscimento e l’interesse per questo lavoro è molto. La celebrazione del 150^ dell’Unità nazionale l’ha moltiplicato, per l’impegno di tutti i componenti dei Comitati, ormai tale da coinvolgere oltre un centinaio di soggetti, ma non esaurisce il compito. All’indomani delle celebrazioni i Comitati e il Coordinamento continueranno ad operare perché una società democratica non può permettersi di dimenticare i suoi valori fondanti. Resta però molto da fare perché le zone dove ancora non agisce un Comitato si attivino e, collegandosi con quelli esistenti, alla luce dello Statuto fondamentale, diano vita anch’essi alla loro organizzazione. È un dovere verso la cittadinanza e specialmente verso i giovani che occorre sentire e non soltanto in Toscana.
Fabio Bertini
Università di Firenze
Presidente del Comitato Livornese per i valori risorgimentali.