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Risorgimento Firenze

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Adalberto Scarlino

Luglio: nella storia mese di lotte per la libertà ma anche no

14/09/2017 da Adalberto Scarlino

Caro direttore,

Nel tuo editoriale di luglio per completezza d’informazione va precisato che nel marzo del 1960, dopo le dimissioni di un governo Segni, il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi affidò l’incarico per un altro governo a Ferdinando Tambroni, notabile anche lui democristiano, più volte ministro degli Interni. Tambroni formò un governo monocolore democristiano che ottenne in Parlamento i voti del Movimento Sociale-MSI: Il quale MSI decise di tenere a Genova, alla fine di giugno, il proprio congresso nazionale. Il Partito Comunista (PCI), insieme a quello socialista (PSI) organizzò una tre giorni di manifestazioni di piazza volendo impedire con la forza lo svolgimento di quel congresso (peraltro già autorizzato anche dal prefetto). Agitando prepotentemente il loro “antifascismo”, militanti e manifestanti “di sinistra”, convogliati da varie parti del Paese e duramente organizzati, cercarono direttamente lo scontro con la polizia a Genova e poi in altre città; aizzati, tra gli altri, deliberatamente quanto irresponsabilmente, da demagoghi come Sandro Pertini (suo il feroce comizio in piazza del 28 giugno) ed altri della sua razza. Ci furono, alla fine, una decina di morti e centinaia di feriti. Seguirono critiche e accuse al governo , con tumultuosi scontri e sceneggiate in Parlamento, dai partiti di “sinistra” naturalmente e anche da una consistente parte degli stessi democristiani, fino a costringere Tambroni a dimettersi il 19 luglio. Gli succedette un governo Amintore Fanfani, il terzo di quel noto democristiano aretino,che fu votato, nell’occasione ,dai partiti di “centro” ed ottenne (fatto nuovo dal 1947) l’astensione dei socialisti del PSI.

Cosa hanno a vedere questi fatti, caro direttore, con il nostro Risorgimento? Con la storia di libertà, gli esempi di coraggio civile, la difesa e il rispetto dei diritti delle minoranze e delle opposizioni, il pensiero, l’azione, la dedizione, i sacrifici delle migliaia e migliaia di volontari, i principi di unità nazionale, gli ideali insomma che animarono il nostro Risorgimento ?

Leggo poi, sempre nel tuo editoriale, un breve richiamo alle giornate di luglio del 1849 della rivoluzione francese.

Tutt’altro secolo, tutt’altra storia. Della quale resta certa l’importanza, anche se quella che tu definisci “la deriva giacobina del Terrore” fu – per essere chiari – la feroce violenza, la degenerazione sanguinaria del Terrore, la dittatura, infine, di un uomo solo al comando (da cui derivarono conseguenze – concedimi la litote – non tutte positive, tra le quali la stessa dittatura napoleonica).

Alle giornate di luglio che tu metti in evidenza aggiungerei, con permesso, quella del quattro luglio 1776, giorno della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’ America:  …Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse evidenti, che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono stati dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà, la ricerca della Felicità….”

Grazie, infine, caro direttore, per la rievocazione del luglio 1849, del giovane pistoiese Sergio Sacconi e della lapide a lui dedicata poi all’inizio del Novecento dalla associazione irredentista pro Trento e Trieste. Di Sergio Sacconi, come di un altro eroico pistoiese, Attilio Frosini, studente al collegio Forteguerri, anche lui ucciso dai soldati austriaci, troviamo le tracce nell’ampio, documentato saggio su Pistoia de “Le Comunità toscane al tempo del Risorgimento”, il prezioso Dizionario Storico di Fabio Bertini.

Un saluto caro.

Adalberto Scarlino  3 luglio 2017

Archiviato in:Lettere al Direttore

XX SETTEMBRE Breccia di Porta Pia

19/09/2014 da Adalberto Scarlino

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Il venti settembre 1870 i soldati italiani – per primi bersaglieri e fanti – agli ordini del generale Raffaele Cadorna entrano a Roma attraverso la breccia di Porta Pia.

L’ordine all’artiglieria di fare fuoco sulle mura dello Stato pontificio viene impartito dal capitano Giacomo Segre di Chieri ( Torino ), di religione ebraica, al quale Cadorna lascia l’incarico, per evitare ( pensate !) che la scomunica decretata dal Papa ricada su altri ufficiali, di religione cattolica.

Firenze , da cinque anni, è , nel bene e nel male, capitale del Regno d’Italia. Tra i caduti nella breve battaglia della Breccia c’è un artigliere fiorentino, il giovane Giulio Cesare Paoletti. E’ sepolto alle Porte Sante, il cimitero monumentale intorno alla basilica di San Miniato al Monte, insieme ad altri giovani , volontari nelle precedenti guerre di indipendenza: da Enrico Gherardi , garibaldino, caduto a diciannove anni a Mentana ( queste le sole parole sulla lapide ), ad Andrea Ranzi, medico, combattente a Curtatone e Montanara ( la cui tomba si trova nella cripta della basilica ).

La fine dello Stato della Chiesa e l’unione di Roma all’Italia completavano, in quell’anno, lo straordinario percorso del nostro Risorgimento verso l’indipendenza, le libertà costituzionali, l’unità nazionale, che sarebbe stata coronata, attraverso la Grande Guerra, con il Friuli e il Trentino, con Trento e Trieste.

Camillo Benso conte di Cavour, il grande Cavour, primo ministro del re costituzionale Vittorio Emanuele II, indicando nel 1861 al Parlamento l‘obbiettivo di Roma capitale, aveva dichiarato di non sapere concepire, per un popolo colto, una sventura maggiore che quella di vedere riuniti in una sola mano il potere civile e quello religioso.

“La storia ci dimostra – disse – che ovunque questa riunione ebbe luogo, la civiltà sempre immediatamente cessò di progredire, anzi sempre indietreggiò; il più schifoso dispotismo si stabilì; e ciò sia che una casta sacerdotale usurpasse il potere temporale, sia che un califfo o un sultano unisse nelle sue mani il potere spirituale”.

Libera Chiesa in libero Stato, dunque. In ideale sintonia con il detto evangelico “date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.

L’insegnamento cavouriano oggi più che mai torna ad essere attuale, come scelta di laicità, di civiltà, contro teocrazie e fondamentalismi di ogni genere. Libertà per lo Stato, per ogni Stato, di legiferare; libertà per l’individuo, per ogni cittadino, di credere, o meno; libertà per la Chiesa, per ogni Chiesa, di professare la propria fede religiosa.

Per queste ragioni continuiamo a ricordare il XX settembre: per invitare i cittadini, gli italiani per primi, a difendere, ovunque e in ogni occasione, la libertà di pensiero in contrapposizione a qualsiasi integralismo; e a contrastare, a combattere, ciascuno responsabilmente per quello che può, la prepotenza, la violenza del fanatismo, facendo valere la cultura e la pratica della ragione, della tolleranza.

Celebrazione del XX settembre

Firenze, 20 settembre 2014, ore 11,30

Obelisco ai Caduti

Piazza dell’Unità Italiana

Archiviato in:Primo piano Contrassegnato con: Giacomo Segre

XX settembre

24/09/2013 da Adalberto Scarlino

57485_obelisco_firenzeIl   XX settembre 1870 artiglieri, fanti e bersaglieri dell’Esercito Italiano, agli ordini del generale Raffaele Cadorna, entrarono a Roma attraverso la breccia di Porta Pia.

Con l’unione di Roma all’Italia giunse ad un traguardo essenziale il percorso del nostro Risorgimento verso l’Unità nazionale.

L’artefice politico di questa nuova costruzione di indipendenza e di libertà,Camillo Benso conte di Cavour, primo ministro del re costituzionale Vittorio Emanuele II di Savoia, aveva dichiarato, nel 1861, alla Camera dei Deputati, di non saper concepire, per un popolo colto, una sventura maggiore che quella  di vedere riuniti in una sola mano il potere civile e il potere religioso. “ La storia ci dimostra – disse – che ovunque questa riunione ebbe luogo, la civiltà sempre immediatamente cessò di progredire, anzi sempre indietreggiò; il più schifoso dispotismo si stabilì; e ciò sia che una casta sacerdotale usurpasse il potere temporale, sia che un califfo o un sultano unisse nelle sue mani il potere spirituale “.

Libera Chiesa in libero Stato, dunque. L’insegnamento cavouriano è, oggi più che mai, straordinariamente attuale: per l’Italia e per il mondo.

Ai giovani, ai meno giovani; agli Italiani, ai nuovi Italiani; ai cittadini di tutte le nazioni, ricordiamo e raccomandiamo la conquista da difendere e garantire:

Libertà. Libertà per lo Stato, di legiferare; libertà per l’individuo, di credere,  o meno; libertà per le Chiese, di professare le loro fedi religiose.

La Fondazione Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini, il Circolo Pier Gobetti, L’Associazione per l’iniziativa radicale “Andrea Tamburi”,L’ Associazione veterani e reduci garibaldini, L’ Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, Il Comitato Fiorentino per il Risorgimento, L’Associazione Artiglieri d’Italia di Firenze,  esponenti delle istituzioni  venerdì 20 settembre  alle ore 12 hanno partecipato alla manifestazione per ricordare La Breccia di Porta Pia ponendo una corona di alloro all’ Obelisco ai Caduti di tutte le guerre  in piazza dell’Unità Italiana di Firenze

Nell’occasione è stato distribuito un volantino scritto da Armando Niccolai della Fratellanza Artigiana di Firenze.

Adalberto Scarlino

Archiviato in:Tribuna Contrassegnato con: Breccia, Libera Chiesta in Libero Stato, mondo, Porta Pia, Vittorio Emanuele II, XX settembre

Mai come in queste ultime tornate elettorali i cittadini italiani hanno “contato” poco!

05/02/2013 da Adalberto Scarlino

Mai la ricerca del meno peggio da votare sarà difficile, ai limiti dell’impossibile, come il prossimo 24 febbraio.

La legge infame, detta con definizione appropriata porcellum o porcata, che i grossi partiti,complici, hanno a suo tempo, insieme, voluto e che adesso hanno mantenuto,impedisce agli elettori di esprimere preferenze per i candidati e , tra sbarramenti e premi indecenti, limita e/o altera  l’espressione di voto popolare.

Belle le parole di Abramo Lincoln, scelte dal direttore del nostro sito risorgimentale; ma quello che uscirà dalle prossime elezioni sarà in minima parte un governo del popolo, meno ancora dal popolo , ancor meno per il popolo.

Andiamo a votare, nonostante tutto : è nostro dovere , perché è un diritto ottenuto con la volontà, la dedizione,  il sacrificio  dei nostri predecessori, dagli anni del Risorgimento a quelli  di tutte le guerre per l’indipendenza e l’unità nazionale, dal periodo della monarchia costituzionale fino a quello – attraverso l’ opposizione alle dittature – della repubblica parlamentare.

Nella nostra scelta del 24 febbraio – difficilissima, ripeto – cerchiamo di riflettere, di ragionare, di ricordare:

Lo Stato di diritto, lo Stato liberale, esige la distribuzione, la distinzione, la separazione dei poteri; sicchè il fenomeno, cui ancora assistiamo, di magistrati che entrano in politica, che fanno politica – di parte, di partito  – è aberrante.

La tutela delle minoranze è un’ eredità preziosa della nostra storia risorgimentale. Il pluralismo, la presenza di movimenti o partiti piccoli per numeri, ma significativi – se non grandi – per idee, programmi e metodi, sono elementi che solo per prepotenza o per ignoranza possono essere disprezzati.

L’istruzione del cittadino, la diffusione della cultura, la difesa del territorio, del paesaggio, dell’ambiente  – i pregi e le bellezze  caratteristiche ed inestimabili che fanno dell’Italia una terra unica al mondo – dovrebbero alimentare il nostro orgoglio, la nostre volontà , la nostra partecipazione; dovrebbero costituire il nostro nuovo patriottismo. Dovremmo esigere che fossero al primo punto di ogni programma .

Qualcuno dirà che esagero, altri mi daranno del vecchio romantico ( o, peggio, illuso ), altri faranno spallucce. Lo dico lo stesso:  dovremmo trovare il coraggio di tornare a combattere e a manifestare. In maniera non violenta, ovvio, ma decisa, intransigente. Magari come il 27 aprile del 1859 a Firenze, nella piazza che dopo la manifestazione dei diecimila abbiamo denominato dell’Indipendenza. Per dire NO alle falsità – tanto sorridenti quanto spudorate – agli atteggiamenti e ai partiti personalisti; No al disprezzo della politica , che dovrebbe tornare ad essere amata e praticata per obbiettivi concreti e per fini di utilità generale ( vadano, i candidati, a vedere “Lincoln” e cerchino di capire ! ). Per dire SI’ al buongoverno, al controllo effettivo della spesa pubblica ; SI’ alle opere necessarie per il progresso, per i cittadini che studiano e lavorano;  No alle grosse opere inutili , dannose, pericolose, marce di affarismo, corruzione e violenza.

Vostro, con disperata convinzione

Adalberto Scarlino 

Archiviato in:Tribuna Contrassegnato con: mondo

L’abolizione della pena di morte e il nostro Risorgimento

13/12/2012 da Adalberto Scarlino

La pena di morte, abolita per la prima volta nel Granducato di Pietro Leopoldo nel 1786 fu reintrodotta, su invito dello stesso Lorena diventato imperatore a Vienna, dal successore in Toscana, Ferdinando III.

Il Consiglio Regionale toscano ha celebrato, il 30 novembre,la Festa della Toscana.

L’occasione è buona per ricordare che la pena di morte, abolita per la prima volta nel Granducato

di Pietro Leopoldo nel 1786 ( il 30 novembre di quell’anno, appunto ) fu reintrodotta, su invito dello stesso Lorena diventato imperatore a Vienna, dal successore in Toscana, Ferdinando III, e confermata, naturalmente, con la Restaurazione, dopo il 1815.

Il 27 aprile del 1859, come si sa, la civile insurrezione toscana, culminata nella imponente quanto pacifica manifestazione di piazza Maria Antonia ( o di Barbano, da allora denominata dell’Indipendenza ), provocò la partenza del granduca Leopoldo II di Lorena, successore di Ferdinando III; tre giorni dopo, il governo provvisorio toscano, “ considerando che fu la Toscana la prima ad abolire in Europa la pena di morte, che se anche questa venne in seguito ristabilita, non venne applicata, perché fra noi la civiltà fu sempre più forte della scure del carnefice”, promulgò il decreto “ Articolo unico. La pena di morte è abolita “, a firma di Ubaldino Peruzzi, Vincenzo Malenchini, Alessandro Danzini, tre fra i più noti patrioti del nostro Risorgimento.

Per tutto il territorio nazionale l’abolizione della pena di morte arrivò poi nel 1890, con il codice penale presentato alla Camera da Giuseppe Zanardelli, il ministro dell’Italia liberale che raccolse le sollecitazioni di un dibattito culturale cominciato, già negli anni venti di quel secolo, sulle pagine della Antologia di Gian Pietro Vieusseux e fece sue le motivazioni di una campagna di opinione pubblica, animata, negli anni sessanta-ottanta, da quella Massoneria della quale egli stesso era autorevole esponente.

Oggi la pena capitale – reintrodotta formalmente nel ventennio mussoliniano e abolita per i delitti comuni nel 1948 con la nostra Costituzione; e con formula definitiva anche per la giustizia militare nel 1994 –  è abolita , o in via di abolizione in quasi tutto il mondo occidentale: anche negli USA  sono ormai numerosi gli  Stati che non la prevedono o che l’hanno di recente cancellata ( New York, New Messico, Illinois , Connecticut, New Jersey… ).

Resiste – e viene sistematicamente applicata – in Cina ( migliaia le esecuzioni ogni anno ), in Iran,

Arabia Saudita, Corea del Nord ( circa un centinaio all’anno ), Pakistan e altri ancora , come

sappiamo – tra l’altro – dai rapporti di Amnesty International.

E’ – dovrebbe essere – un’altra occasione , questa ricorrenza, per riconoscere la cultura , il coraggio, la modernità , di cui dettero prova gli uomini del nostro Risorgimento, nelle battaglie , civili e politiche, combattute per l’Italia in cui credevano.

Archiviato in:Tribuna Contrassegnato con: mondo, Pena di morte, Pietro Leopoldo

Le giornate del maggio del 1915 furono radiose ?

05/05/2012 da Adalberto Scarlino

Pubblichiamo volentieri l’intervento di Giorgio Ragazzini e la risposta di Adalberto Scarlino in merito all’editoriale di maggio , scritto come tutti gli editoriali mensili dal direttore Sergio Casprini, editoriale in cui si valorizzano allo stesso modo le ragioni ideali dei volontari toscani che combatterono a Curtatone e Montanara e quelle che mossero gli interventisti nel maggio del 1915 contro i neutralisti ed il governo italiano che non si decideva a dichiarare guerra all’Austria.

 Carlo Carrà Manifestazione interventista 1914

Al direttore

A proposito dell’editoriale sulle Radiose giornate di maggio, secondo me non è possibile darne un giudizio senz’altro positivo e addirittura da commemorare come momento  fondamentale della storia patria. Non parlo dell’interventismo e tanto meno di quello democratico, ma quelle giornate, che vennero dopo un lungo dibattito nel paese che era diviso a metà e con in carica un parlamento in prevalenza neutralista, furono fortemente segnate da manifestazioni cariche di minacce verso i neutralisti, con in testa l’odiato Giolitti, che D’Annunzio invitava ad uccidere chiamandolo “boia labbrone”, con il questore che dichiarava di non poter garantire la sua incolumità, con la folla che invase la Camera intimidendo i deputati, tanto che  Nitti, anni dopo, ne parlò come un’occasione in cui lo Statuto fu violato e la libertà conculcata. Insomma, niente che si possa mettere sullo stesso piano di Curtatone e Montanara.

Naturalmente questo non modifica il mio apprezzamento per l’efficace impegno e la passione con cui il Comitato Fiorentino per il Risorgimento ha contribuito a valorizzare la storia risorgimentale.

Giorgio Ragazzini

 

Al direttore

Nell’editoriale  è stata collegata con chiarezza la retorica dannunziana

( violenta e volgare nella fattispecie del 1914/1915 ) a quella, successiva

del regime. Giorgio Ragazzini fa bene ad evidenziare le differenze

fra la situazione e il clima del 1848 e quella del 1915.

Resta il fatto che le motivazioni ideali – e le convinzioni – delle migliaia e

migliaia di giovani ( e meno giovani, perché c’è chi chiese di partire

per il fronte cinquantenne o sessantenne ) volontari nella grande guerra

furono motivazioni di derivazione risorgimentale . E questo mi pare che anche

 Ragazzini lo ammetta, riconoscendo il valore dell’irredentismo,

dell’interventismo democratico. Sul tema esiste – tra i tanti – il capolavoro

di Adolfo Omodeo, ” Momenti della vita di guerra , dai diari e dalle lettere

dei Caduti, Laterza 1934 e poi Einaudi, 1968.

Grandi liberali come Giolitti e Croce erano favorevoli alla neutralità.

Circa trecento parlamentari fecero avere allo stesso Giolitti i loro

biglietti da visita , in segno di vicinanza di fronte agli attacchi sguaiati

di nazionalisti e futuristi ; ma non andarono molto oltre.

Adalberto Scarlino

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Atto Vannucci, se l’omaggio è d’ obbligo.

03/07/2011 da Adalberto Scarlino

Da La Nazione del 23 giugno 2011: lettera di Adalberto Scarlino ( Comitato Fiorentino per il Risorgimento ).

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Musica e Risorgimento

23/04/2011 da Adalberto Scarlino

Il concerto del Conservatorio Cherubini,  promosso tra gli altri dal Comitato Fiorentino del Risorgimento, si è tenuto  mercoledì 19 aprile a Santa Croce.

[Leggi di più…] infoMusica e Risorgimento

Archiviato in:Tribuna

Ferdinando Bartolommei, note e ricordi

17/02/2011 da Adalberto Scarlino

Sul personaggio di Ferdinando Bartolommei ecco un articolo di Adalberto Scarlino, dal numero 95-96 de “Il Governo delle idee “, mensile di politica,cultura,economia, diretto da Gianni Conti. [Leggi di più…] infoFerdinando Bartolommei, note e ricordi

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è associato al Coordinamento nazionale Associazioni Risorgimentali FERRUCCIO

L’editoriale del direttore

1° MAGGIO. La Festa del Lavoro

Prossimi appuntamenti

La commemorazione di Curtatone e Montanara al Cenacolo di Santa Croce a Firenze

21/05/2022

27 APRILE. Festa dell’Indipendenza della Toscana

20/04/2022

BUONA PASQUA

14/04/2022

Lettere al Direttore

L’INTERNAZIONALISMO DELLA RESA

04/05/2022

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UN VERO ALPINO DIFENDE LE RAGAZZE, NON LE MOLESTA

14/05/2022

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La guerra in Ucraina ha rimesso la Storia al centro della cultura europea

30/03/2022

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Giardino delle Rose

22/04/2022

Mostre

Giuseppe Bezzuoli. Un grande protagonista della pittura romantica

16/05/2022

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Imprese e passioni del giovane Cavour prima della politica

09/05/2022

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Adriano Olivetti, un italiano del Novecento

23/05/2022

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