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Risorgimento Firenze

Il sito del Comitato Fiorentino per il Risorgimento.

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Sergio Casprini

Scandali e politica

10/04/2012 da Sergio Casprini

L’antipolitica è una pratica deteriore che mina le fondamenta delle istituzioni. L’idea che una democrazia possa fare a meno dei partiti è terreno fertile per svolte autoritarie…

Il bene costituzionale della cittadinanza si riflette nell’orgoglio per i simboli repubblicani, nella rispettabilità degli organi elettivi, nel prestigio delle istituzioni e nella serietà e dirittura personale di coloro che temporaneamente ne reggono le sorti…    Ferruccio De Bortoli       Corriere della Sera

In Italia non passa giorno che non scoppi un nuovo scandalo nel mondo della politica e quasi sempre si tratta di casi di corruzione di personaggi importanti delle istituzioni e dei partiti. Di conseguenza aumenta sempre di più il discredito per la classe dirigente presso l’opinione pubblica, cresce l’insofferenza della gente per la politica e non sorprende la nascita di movimenti di contestazione nei confronti dei partiti con punte di qualunquismo e con rivendicazioni giustizialiste.

Ci si dimentica però che è illusorio pensare di raddrizzare il legno storto dell’umanità e chi ha tentato di farlo ha portato, eterogenesi dei fini, ad avventure totalitarie; solo le anime belle possono sognare una società perfetta, non è infrequente infatti trovare scandali e corruzione in momenti  storici e politici diversi.

Ai tempi della prima repubblica il democristiano Aldo Moro fu implicato in uno scandalo di tangenti,  alla fine dell’800 negli anni dei governi della Sinistra storica il premier Giovanni Giolitti fu costretto alle dimissioni per lo scandalo della Banca Romana e se guardiamo ancor più lontano Pericle, leader dell’Atene democratica del V secolo A.C., fu inquisito per aver sottratto l’oro della confederazione delle città greche per finanziare la ricostruzione dell’Acropoli. Episodi ovviamente da condannare secondo il metro di una corretta ed onesta amministrazione della cosa pubblica, ma nessun storico ha però messo mai in discussione la statura politica di Pericle, Giolitti e Moro.

Oggi invece abbiamo il malaffare e basta a parte alcune lodevoli eccezioni nelle istituzioni, in primis il presidente Giorgio Napolitano.

I partiti però non vanno affossati in una sbornia collettiva di antipolitica, ma vanno invece rifondati nella riscoperta delle ragioni della politica nel senso nobile della parola.

Tra le ragioni ideali di una rifondazione della politica è prioritario per i partiti,  nel rispetto della loro autonomia di proposta e di rappresentanza, ritrovare una vocazione nazionale su alcune questioni cruciali: l’economia, il lavoro, la scuola, la politica estera, interpretando in maniera propositiva il bisogno ed l’orgoglio di una Patria comune da parte del popolo italiano, memori di un filo rosso di conquiste e sacrifici che parte dal Risorgimento ed arriva alla Resistenza e alla costituzione della Repubblica.

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L’Italia ritrovata

01/04/2012 da Sergio Casprini

…L’immagine odierna dell’Italia suscita ancora in diversi di noi un istintivo pessimismo, rivolto, per prudenza, anche ai coraggiosi cui ci siamo affidati. Ma chi a questo pessimismo non cede, ed esprime sostanzialmente fiducia nell’Italia e negli Italiani, trova i più vasti consensi. E non mi riferisco soltanto al capo dello Stato. I sondaggi continuano a premiare vistosamente anche il nuovo governo: forse alcune uscite frutto di ingenuità e inesperienza non sono poi state tanto malviste; almeno erano sincere, e di sincerità l’Italia ha bisogno.
Quando, alla fine di questo «centocinquantenario», mi trovo a far parte d’istinto della schiera dei fiduciosi, mi sento un po’ isolato. Mi consolo pensando che non sono in cattiva compagnia.
                    Arrigo Levi         Corriere della Sera

Quando tre anni fa cominciò l’avventura del Comitato Fiorentino per il Risorgimento pochi, tra i promotori, erano fiduciosi non tanto sulla possibilità di successo delle iniziative del Comitato Fiorentino- questo era stato messo in conto per oggettivi limiti organizzativi e territoriali dell’associazione- quanto sulle capacità degli italiani di avere una visione meno pessimistica sulle sorti dell’Italia e di loro stessi, dato il clima plumbeo che c’era allora tra crisi dell’economia, degrado della politica, smarrimento di valori condivisi.

Le ragioni di costituzione del Comitato stavano nella convinzione che era necessaria la valorizzazione della memoria storica degli italiani, a partire dalle pagine gloriose del Risorgimento, nell’ottica non certo di guardare al passato in maniera nostalgica e meramente rievocativa, ma di ritrovare quello spirito di coesione nazionale senza il quale non si può guardare al futuro con fiducia.

Grazie all’ampia partecipazione alle manifestazioni l’anno scorso per i 150 anni dell’Unità d’Italia da parte di enti locali, associazioni o singoli cittadini, nonostante che non sia ancora finito questo periodo di travaglio economico e soprattutto politico, l’Italia si sta ritrovando come nazione e soprattutto, fuor di retorica, come Patria. Ed almeno a Firenze è stato significativo il contributo dato dal Comitato Fiorentino al successo delle tante iniziative fatte per onorare questo anniversario.

E’ la conferma della giusta scelta, fatta dal Comitato Fiorentino, di muoversi in due direzioni: da una parte svolgere una funzione culturale e ne sono testimonianza le tantissime iniziative promosse nei quartieri e nelle scuole e la partecipazione a convegni e mostre; dall’altra dare una valenza politica alle manifestazioni in cui è chiamato a partecipare, non certamente in senso partitico perché  ne verrebbero meno le sue ragioni costitutive.

E’ politico infatti, nel senso nobile della parola, il riconoscimento di una storia comune, l’amore per la propria terra d’origine, il rispetto per il simbolo del tricolore, l’adesione a valori condivisi,l’orgoglio di appartenere ad una nazione libera e padrona del proprio destino, e proprio questi sentimenti con la sua azione il Comitato Fiorentino vuole promuovere nella consapevolezza che sta nascendo nel Paese un terzo Risorgimento per ritrovare l’Italia, nata nell’Ottocento con il primo Risorgimento e risorta nella Resistenza con il secondo Risorgimento.

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Uno stato nazionale da rifondare

20/03/2012 da Sergio Casprini

…lo Stato nazionale è pur sempre l’unico contenitore possibile entro il quale possa esercitarsi l’autogoverno di una collettività. In una parola, la democrazia. È accaduto così storicamente. E oggi pure è così: democrazia e Stato nazionale stanno insieme; se viene meno l’uno, appare destinata a venire meno anche l’altra… 

Galli della Loggia        dal Corriere della Sera   del 7 Marzo

 

Un’Italia che si giudicava scettica si è ritrovata unita e impegnata nel festeggiare i 150 anni dell’Unità del Paese. Più unita, e forse anche più orgogliosa di se stessa, di quanto si potesse prevedere per un evento caduto nel bel mezzo di una grave crisi economica e soprattutto della crisi di un ceto politico che sta rischiando di implodere se nel prossimo futuro non entra in sintonia con i sentimenti e le aspettative della sua gente.

Una lezione appunto di maturità democratica da parte degli italiani, che sono consapevoli di condividere un territorio, una storia, dei costumi, dei valori e vogliono essere padroni del proprio destino.

I rappresentanti delle istituzioni sono rimasti sorpresi per la dimensione, superiore a ogni aspettativa, della partecipazione popolare alle manifestazioni indette per i 150 anni dell’Unità d’Italia, da parte di enti locali, associazioni o singoli cittadini e di questo va dato  soprattutto riconoscimento al presidente Napolitano, che non solo ha promosso in primis tante iniziative , ma ha anche svolto un ruolo di mediazione e ricomposizione tra le diverse forze politico-culturali che fanno parte della storia del nostro Paese.

Rifondare uno stato nazionale significa muoversi in più direzioni: recuperare un circuito virtuoso tra istituzioni, ceto politico ed opinione pubblica che negli ultimi tempi è venuto meno, coltivare nelle nuove generazioni il senso di appartenenza alla stessa comunità di cultura e di storia e questo compito spetta principalmente alla scuola, infine, se pure si sono concluse proprio in questi giorni le celebrazioni del cento cinquantenario, confermare nei prossimi anni tra le date simbolo della nostra identità nazionale oltre al 2 Giugno e il 25 aprile anche il 17 marzo.

Il consiglio dei ministri ha già approvato un disegno di legge per far diventare il 17 marzo un giorno di solennità civile.

E’ un primo passo.

Per parte nostra come Comitato Fiorentino per il Risorgimento la mattina del 17 marzo in un luogo simbolo delle libertà fiorentine, in Piazza Signoria davanti a Palazzo Vecchio, con il patrocinio del Comune di Firenze e con la partecipazione degli Sbandieratori e Musici della Signoria  abbiamo celebrato la data di fondazione dell’Unità Italiana.

Ed anche questa iniziativa è stata solo un primo passo.

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L’élite, il Paese e il Risorgimento

01/03/2012 da Sergio Casprini

…il rapporto fra élite e gente comune è tema che accompagna gli ultimi duecento anni di vita nazionale. Io amo spesso ricordare un intellettuale e  uomo politico risorgimentale   Angelo Camillo De Meis  per il quale in Italia convivono un «primo popolo che sfanga la vita negli affanni quotidiani» e un «secondo popolo, che pensa il sentimento del primo e ne è quindi il legittimo sovrano». Sublime questa autoesaltazione delle élite, confermata da  l’editore e letterato Giulio Bollati, che a commento chiariva che per molti padri del Risorgimento «il popolo italiano è materiale spento e inerte finché non lo penetri la luce e l’attività dell’élite pensante».
Non è un riferimento erudito, è il riferimento al modo in cui per decenni si è posto il rapporto fra élite e corpo sociale: la prima che pensa e progetta, il secondo che deve solo «sfangare la vita
…

 Giuseppe De Rita 

 

Negli anni successivi all’Unità d’Italia l’élite politica e culturale si propone di educare il popolo italiano ai valori e agli ideali della patria, appena conquistata, manifestando però giudizi contraddittori sulla possibilità di una sua reale emancipazione politica e culturale,in particolare del popolo meridionale.

Rimane per esempio celebre il giudizio  del politico Luigi Carlo Farini sulla città di Napoli e sui suoi abitanti che riportò in uno dei suoi resoconti al presidente del Consiglio, Cavour nel  1861: Altro che Italia! Questa è Africa. I beduini, a riscontro di questi cafoni, sono fiori di virtù civile!

D’altro tenore invece è la valutazione dello storico Pasquale Villari  nel 1866:

Bisognerà però che l’Italia cominci col persuadersi che v’è nel seno della nazione stessa un nemico  più potente dell’Austria,ed è la nostra colossale ignoranza…Non è il quadrilatero di Mantova  e Verona che ha potuto arrestare il nostro cammino, ma è il quadrilatero di 17 milioni  di analfabeti e di 5 milioni di Arcadi »

Una prima risposta fu l’emanazione  nel 1877 della Legge Coppino che rendeva gratuita l’istruzione elementare e introduceva le sanzioni per chi disattendeva l’obbligo scolastico Nel corso degli anni la classe dirigente, sia la Destra che la Sinistra, mise in moto un processo riformatore, che pur non risolvendo tutte le emergenze, in primis quella del Sud riuscì a colmare il distacco tra elite e il popolo che “sfanga la vita negli affanni quotidiani”. 

Ed oggi?

Nonostante la situazione di crisi politica ed economica in cui versa l’Italia, la gente comune si sente unita da un sentimento di appartenenza e di condivisione della stessa storia e dello stesso destino.

La conferma l’abbiamo avuto l’anno scorso con il successo delle manifestazioni, che celebravano i 150 anni dell’Unità ed Indipendenza italiana e l’élite non era formata in questo caso dalla classe politica, ma da alcuni esponenti delle istituzioni, in primis il presidente Napolitano, e da molteplici associazioni della società civile tra cui va annoverato sicuramente il Comitato Fiorentino per il Risorgimento.

Pertanto, se in Italia si è affermata tra la gente la necessità di una memoria storica condivisa,questa consapevolezza non va lasciata cadere.

E contribuirebbe senza dubbio a rafforzarla l’istituzione della festa nazionale del 17 marzo che l’anno scorso con una petizione il Comitato Fiorentino aveva proposto al Parlamento; questa data probabilmente nel 2012 non verrà ricordata, purtuttavia  il Comitato Fiorentino   con la forza dei suoi ideali ed in ragione della credibilità acquisita si appresta comunque ad onorare il 17 marzo a Firenze con manifestazioni la mattina ed il pomeriggio, perchè quel legame  necessario tra élite e Paese reale non venga mai meno.

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Cancellare la storia

21/02/2012 da Sergio Casprini

Il sindaco Matteo Renzi ha avuto il privilegio di studiare al “Dante”, un bel ginnasio-liceo in stile neoclassico edificato in un  quartiere di Firenze la cui toponomastica è consacrata alle memorie del Risorgimento…Può darsi che l’uggia per gli anni vissuti tra piazza della Vittoria e via XX settembre lo abbia portato all’intenzione, espressa in un’intervista a Radio Due, di “ ringiovanire” la toponomastica cittadina, ribattezzando molte strade intitolate agli artefici del nostra Indipendenza…     Enrico Nistri  Corriere Fiorentino

Molti fiorentini ricordano con piacere ed emozione la festa del 17 Marzo scorso con Palazzo Vecchio e Ponte Vecchio illuminati di verde, bianco e rosso, palazzi e negozi imbandierati, e nelle strade e nelle piazze tanta gente, orgogliosa di sentirsi italiana ed unita nel ricordo dei patrioti, che ci avevano dato l’Unità e l’Indipendenza del nostro Paese.

Ora è vero che viviamo in un’epoca in cui eventi e personaggi della storia si consumano rapidamente, come se nell’era di internet e della globalizzazione tutto venisse riportato ad un presente atemporale senza più distinzioni tra momenti storici diversi per importanza e significato, però è sconcertante il fatto che il sindaco proponga nomi di eroi della seconda metà del Novecento, da Oriana Fallaci a Peppino Impastato per le strade di Firenze al posto degli eroi risorgimentali, perché avrebbero una maggiore valenza educativa per le nuove generazioni. Con questo relativismo storico e per coerenza dovrebbe essere rivista  pure la toponomastica, legata a fatti e personaggi della Resistenza al Fascismo, in quanto nella visione storica di Renzi lontana nel tempo per  poter avere valore pedagogico,

Quando nell’Ottocento ai tempi dell’Unità d’Italia bisognava fare gli italiani, la classe dirigente di allora si propose il compito di istruire il popolo italiano, non solo per dare le basi fondamentali del leggere, dello scrivere e del far di conto, ma anche per dare loro un’alfabetizzazione storica, che doveva partire dall’antico per arrivare al presente glorioso del Risorgimento.

A maggior ragione oggi, quando le date della storia servono a costruire una religione civile di una nazione e quando per questa ragione da più parti si chiede di ricordare ogni anno la data del 17 Marzo, insieme a quelle del 25 Aprile e del 2 Giugno, si deve conservare la memoria storica di un popolo a partire dai momenti fondativi della sua identità nazionale.

 Si preoccupa Renzi  dello scarso appeal storico della toponomastica risorgimentale? Provi a dare di nuovo valore e significato ad alcune strade e piazze, quando si avvicinano ricorrenze di momenti significativi della storia di Firenze nel Risorgimento.

Imbandieri con il tricolore piazza dell’Indipendenza e via XXVII aprile, il prossimo ventisette aprile, quando in quel giorno del 1859 fu cacciato Leopoldo II di Lorena  e sul balcone di Palazzo Vecchio sventolò il vessillo verde, bianco e rosso dell’unione ed indipendenza italiana !

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Il restauro della bandiera garibaldina

14/02/2012 da Sergio Casprini

Odoardo Borrani Cucitrici di Camice rosse

Concita Vadalà, figlia di un pittore siciliano, dopo studi scientifici partecipa prima ad un corso di tessitura “ per conoscere tecniche e materiali” e poi a Firenze si iscrive all’Opificio delle Pietre Dure per specializzarsi nel restauro tessile.

Attualmente nel suo laboratorio al Conventino di via Giano della Bella sta facendo con perizia e passione il restauro della bandiera dei veterani e reduci garibaldini, donata dalle patriote milanesi ai prodi toscani, gli studenti di Curtatone e Montanara…

Edoardo Lusena –   Corriere Fiorentino 

Ad una prima lettura la presentazione dei lavori di restauro tessile di questa giovane artigiana dell’Oltrarno fiorentino potrebbe rientrare tra i tanti articoli di cronaca sul rapporto della nostra città con la tradizione e il valore delle botteghe e dei laboratori di artigianato artistico, è la testimonianza invece di quel sentimento patriottico che dopo anni di oblio è rinato con forza con le celebrazione dei 150 anni dell’unità d’Italia l’anno scorso ( quanti tricolori abbiamo visto per le strade di Firenze !) e che non è venuto meno in questi primi mesi del 2012.

Il restauro della bandiera garibaldina si ricollega idealmente alla bella immagine di quattro donne fiorentine, che cuciono alcune camice rosse, nel dipinto del 1863 di Odoardo Borrani.

In Borrani più di un secolo fa giovani donne della borghesia fiorentina fanno la loro parte di patriote negli anni caldi della conquista dell’Unità ed Indipendenza italiana; nel laboratorio di via Conventino oggi un’artigiana ed un’artista, Concita Vadalà, dà il suo contributo a far sì che non venga meno il sentimento di coesione nazionale tra gli italiani, fondato anche sugli aspetti simbolici di una lacera bandiera garibaldina a cui ridare vita e colore.

Ieri la riscoperta dell’identità italiana è stato lo sforzo congiunto di popolani e borghesi, democratici e moderati, uomini e donne, donne che solo apparentemente hanno svolto un ruolo marginale nel Risorgimento.

Nel 2011, nella ricorrenza del centocinquantenario dell’unità italiana, le donne hanno partecipato in tante alle iniziative risorgimentali ed ancora oggi continuano a dare il loro contributo, come dimostra il restauro della bandiera garibaldina.

Il prossimo 8 marzo potrebbe essere l’occasione per ricordarlo.

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La politica demiurgica del Comitato Fiorentino del Risorgimento

01/02/2012 da Sergio Casprini Lascia un commento

Si parva licet componere magnis 

Virgilio

A febbraio del 2011 nasceva questo sito con il compito di sostenere con un’informazione puntuale le iniziative del Comitato Fiorentino per il Risorgimento ed anche con l’ambizione di far rinascere l’amore per la nostra patria, recuperando la memoria dei valori e dei sentimenti, che hanno portato all’Italia Una ed Indivisibile, come recita il titolo di un bel libro di Giorgio Napolitano, appena uscito.

Il torinese Filippo Burzio, vissuto nella prima metà del secolo scorso, sconosciuto ai più,  è stato un giornalista, matematico e politologo.

Il suo pensiero si riconduce alla sua educazione liberale e illuministica, alla tradizione piemontese ed a personaggi come Jean-Jacques Rousseau, Camillo Cavour e Giovanni Giolitti. Burzio nel libro del 1923 Politica demiurgica pensa alla figura del Demiurgo, come una personalità in grado di moderare i comportamenti della società umana e di indirizzarne le aspirazioni.

Nell’impegno di ricostruire un’etica pubblica condivisa nel nome dell’Italia e delle nostre radici comuni Il Comitato Fiorentino, in un contesto politico-sociale, diverso dal periodo storico di Burzio, e circoscritto alla provincia di Firenze, ha provato a fare una politica demiurgica con il contributo entusiasta e volontario dei suoi aderenti, senza indulgere ai vizi del professionismo politico.

Conferenze, mostre, concerti, eventi istituzionali hanno visto la presenza fattiva del Comitato e “si parva licet componere  magnis” con orgoglio dobbiamo accreditare a nostro merito il successo delle celebrazioni fiorentine per il cento cinquantenario dell’Unità d’Italia, vincendo quindi la scommessa fatta l’anno scorso di non essere  una mera testimonianza nostalgica del passato, ma una forza viva e demiurgica nella nostra città.

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La Storia con i se e con i ma

18/01/2012 da Sergio Casprini

La storia è l’arte che non rinnega la conoscenza dei fatti.
Bernard Berenson

Fu colpa dei Borbone? Per le mancanze della dinastia spagnola l’Italia fu unificata nel segno del Nord e il Mezzogiorno condannato a inseguire a distanza? A Isernia, che nel 1860 fu terra di resistenza estrema filoborbonica, teatro di stragi di garibaldini e piemontesi, giovedì 12 Gennaio hanno messo in scena un «Processo ai Borbone». Capo di imputazione: «Alla guida del più grande e più “italiano” regno della penisola, rinunciarono a dirigere il processo risorgimentale, lasciando campo libero a Garibaldi, ma soprattutto ai sabaudi». Principale tesi a difesa: «Il regno di Napoli e i Borbone furono vittime di un’aggressione, tutto il Sud subì una violenza carnale e l’Unità d’Italia ne porta, incancellabili, i segni». Vanno, in questi tempi, i processi alla Storia e sussiste in ambienti meridionali il rancore verso l’Unità e quindi il rimpianto per re Franceschiello e predecessori.

Così in un articolo del Corriere della Sera si fa la cronaca di una manifestazione, in cui sceneggiando il processo ai Borbone si dà un giudizio sul Risorgimento, proponendo una sorta di storia controfattuale con i se e i ma, negando sostanzialmente gli esiti di un processo storico, il Risorgimento appunto, che vide attuarsi l’Unità d’Italia con il successo dei Savoia e la sconfitta dei Borbone, dei Lorena, degli altri regnanti italiani.

La politica vincente dei Savoia, grazie alla lungimiranza di Cavour, a partire dalla sconfitta nella prima guerra d’indipendenza, fu da una parte quella di giocare un ruolo nell’arengo internazionale, cercando il sostegno d’Inghilterra e della Francia contro l’Austria, dall’altra quella di saper interpretare la volontà degli italiani di ogni regione, moderati o democratici che fossero, di liberarsi dal giogo dell’Austria.

 I Borbone non capirono il senso degli avvenimenti in quella congiuntura italiana ed internazionale, non fecero alcuna scelta politica a favore di loro stessi e del loro popolo e quindi a distanza di cento cinquantanni è vano istruire processi alla storia, cercare alibi alla loro insipienza, accentuare o sminuire le loro responsabilità, con l’unico esito di alimentare pulsioni antistoriche neo-borboniche e giudizi negativi sul valore del Risorgimento.

Il quale non va certamente santificato e celebrato in maniera acritica, ricordando infatti che i processi storici, e non solo quello risorgimentale, presentano sempre luci ed ombre; se quindi nel Sud, pur con l’Unità d’Italia, permangono condizioni di arretratezza economica, scarso senso dello stato ed ancora ampie zone di illegalità non è il caso di rimpiangere il bel tempo dei Borbone e  negare il reale corso dei fatti storici, ma oggi nel presente ritrovare ancor di più un senso di coesione nazionale tra tutti gli italiani per risolvere questi problemi, guardando al futuro e non rimpiangendo un passato che non c’è stato.

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Per un 2012 ricco di iniziative risorgimentali

01/01/2012 da Sergio Casprini

…sull’altura di Calatafimi, che domina il campo di  una e decisiva battaglia  nel 1860, mi sono fermato dinanzi ai cippi con i nomi dei caduti garibaldini provenienti da varie parti d’Italia, e segnatamente da città del Nord. Lì, ho come toccato con mano la prova tangibile, in un’atmosfera di grande emozione, di quella coesione e unità tra gli italiani cui dobbiamo guardare di nuovo oggi come all’arma vincente per superare le sfide del presente e del prossimo futuro

Giorgio Napolitano [Leggi di più…] infoPer un 2012 ricco di iniziative risorgimentali

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Una Patria comune

20/12/2011 da Sergio Casprini

L’uomo si ricostruisce una patria sotto qualsiasi lembo di cielo

Johann Gottlieb Fichte

Mercoledì pomeriggio, 14 dicembre, a Palazzo Vecchio durante la commemorazione pubblica della uccisione tragica ed insensata di due senegalesi e del ferimento di altri ad opera di un folle con paranoie razziste  il giorno prima a Firenze, il momento più toccante è stato quando dalle file della comunità senegalese è stato prima intonato il canto della loro patria e poi  subito dopo l’inno italiano a conferma del forte rapporto di vicinanza e di amicizia con la comunità fiorentina e italiana.

Il sindaco Renzi nel suo intervento ha detto che i tempi son maturi per dare la cittadinanza italiana ai figli degli extracomunitari nati in Italia,condividendo quindi le stesse posizioni espresse tempo fa dal presidente Napolitano su questo tema. Se ciò fosse possibile, sia i senegalesi sia tutti i migranti che arrivano in Italia e trovano residenza e lavoro proverebbero ancor di più il sentimento di appartenenza alla nostra comunità e sotto il cielo italiano ritroverebbero una nuova patria in una interpretazione attuale dell’aforisma del filosofo tedesco Fichte.

Negli anni eroici del Risorgimento furono molti gli stranieri, polacchi, ungheresi, inglesi ed altri ancora che militarono con le armi e con le idee sotto il tricolore italiano e pur non dimenticando la loro patria lontana si identificarono nei valori della libertà e dell’indipendenza promossi dai patrioti italiani, moderati o democratici che fossero.

Una Patria comune per tutti coloro che nascono e vivono in Italia al di là del colore della loro pelle e della loro nazionalità d’origine è il miglior antidoto a quelle pulsioni xenofobe e razziste che affiorano nella società italiana sia pure ancora per fortuna in maniera limitata.

Ovviamente nel rispetto della legge e dei principi sanciti dalla nostra costituzione, nella conoscenza della nostra lingua e nella partecipazione alla vita politica e culturale del nostro Paese.

Una Patria comune è quindi la soluzione più credibile e giusta rispetto alla questione del rapporto tra i vari gruppi etnici presenti in Italia e sarebbe nei fatti la risposta più efficace sia a chi teorizza rigidamente l’ apartheid delle diverse nazionalità sia a chi propone ancora il modello ideologico di una società fondata sul meticciato multiculturale ed etnico.

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