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Risorgimento Firenze

Il sito del Comitato Fiorentino per il Risorgimento.

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I luoghi

Villa Oppenheim

21/10/2021 da Sergio Casprini

Viale Niccolò Machiavelli 18 Firenze

Altre denominazioni: Villa Cora, Grand Hotel Villa Cora, villino Eugenia.

La villa, con le sue pertinenze ed il suo giardino, è da considerare l’emergenza architettonica più significativa di questo primo tratto del viale dei Colli, oltre a risultare una delle poche pienamente apprezzabili dallo stradone, alla cui bellezza contribuisce non poco andando a collocarsi in una grande ansa confinante con gli spazi verdi del Bobolino, in posizione preminente rispetto all’asse viario.

Sappiamo come il lotto di terreno fosse stato acquistato dal barone Gustavo Oppenheim (Gustav Adolphus barone Oppenheim) nel 1869, a seguito del suo matrimonio con la nipote del banchiere fiorentino Carlo Fenzi e come, dopo aver tentato inutilmente di coinvolgere lo stesso Giuseppe Poggi nella progettazione della residenza, ci si fosse poi affidati all’architetto Pietro Comparini Rossi che portò a conclusione l’impresa nel 1872, proponendo un edificio di stile neorinascimentale ovvero, come proprio del gusto altoborghese del tempo, ispirato alla tradizione aulica cinque secentesca locale.

Villino Oppenheim( viale dei colli Firenze) Prof. Pietro Comparini Architetto

“All’architetto Pietro Comparini Rossi, formatosi presso lo studio di Giuseppe Poggi, si deve il progetto generale del complesso e l’impianto dei prospetti esterni. Gli interni, dominati da un gusto eclettico proprio del tempo ma relativamente in sintonia con il gusto poggiano, sono dell’ingegnere torinese Edoardo Gioia, che al Comparini succedette nell’ultima fase dei lavori. Nel 1876 l’edificio fu abitato per nove mesi dall’ex imperatrice di Francia Eugenia Bonaparte con il figlio Napoleone. Dopo che nel 1879 era stata residenza del sovrano egiziano Ismail Pascià, la villa passò di proprietà della ricchissima baronessa russa Nadiezda von Meck, grande amica di Ciaikovskij (il quale abitava nella vicina via di San Leonardo); presso di lei, nel 1880, fu il giovanissimo Claude Debussy, in quegli anni entrato a far parte del trio personale della baronessa. Dopo essere stata dei Cora e dei Bastogi oggi, restaurata con cura e rispetto della storia del luogo, la villa è Grand Hotel.

Si notino i bei cancelli in ghisa fusi dalle officine Lorenzetti di Pistoia su disegno dell’intagliatore Francesco Morini, al quale tra l’altro si devono i fastosi arredi neorinascimentali della sala da pranzo” (Paolini 2004).

La facciata principale che guarda al viale si mostra organizzata su due alti piani per cinque assi, con la zona centrale leggermente aggettante ed evidenziata da due rampe di scale in aderenza agli assi laterali che conducono a una terrazza balaustrata dalla quale si accede ad un grande salone in stile neorococò, già sala da ballo. Al piano superiore, le tre grandi finestre corrispondenti sono incorniciate da semicolonne e da una trabeazione ionica.

La facciata posteriore (che è quella dove è l’accesso all’attuale albergo) replica lo stesso disegno con alcune semplificazioni, ma si arricchisce di una elegante marquise in ghisa e cristalli, funzionale a fornire un passaggio coperto dalla strada carrozzabile alla villa.

Negli spazi interni le sale presentano affreschi e decorazioni dovute a Angelo Pietrasanta, Ernesto Bellandi e Luigi Samoggia. Da segnalare inoltre la bella figura femminile posta sul caminetto in bianco di Carrara del salottino terreno (ora denominato Sala bianca), opera dello scultore Augusto Passaglia.

 

Fonte: Repertorio Architetture civili di Firenze. Palazzo Spinelli on line

Scheda a cura di Claudio Paolini

 

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Una Memoria della Grande Guerra a Firenze

19/09/2021 da Sergio Casprini

Via Kyoto

Quartiere di Gavinana

NEL CINQUANTENARIO DELLA VITTORIA

QUESTO FRAMMENTO DEL CARSO

TRIESTE

CON FRATERNO AMORE DONAVA

AUGURIO DI PROSPERITA’ E DI PACE

 

NOVEMBRE 1918/ NOVEMBRE 1968

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VILLA PAOLINA

04/09/2021 da Sergio Casprini

Via di Castello 66, Quinto Alto, Sesto Fiorentino

La villa, nel XV secolo di proprietà della famiglia fiorentina Petrucci, poi nel 1553 venne ceduta ad Antonio Torrigiani, che possedeva altre ville nella zona. Nel 1659 fu acquistata da Benedetto Dragomanni e nel 1825 divenne di proprietà del Principe venne acquistata dal Principe Camillo Borghese nel 1825. L’edificio verrà indicata d’ora in poi come Villa Paolina, in onore della moglie di Camillo, la principessa Paolina Bonaparte Borghese, sorella di Napoleone.

Esempio unitario di villa in stile neoclassico, la residenza di campagna venne completamente ristrutturata, tra il 1826 ed il 1831, su progetto dell’Ingegnere Antonio Carcopino, con decorazioni di Giuseppe Bezzuoli e Francesco Pozzi, mentre le statue e i bassorilievi allegorici della facciata furono scolpiti da Aristodemo Costoli L’ingegnere fu incaricato di trasformare ed ampliare l’edificio ed i terreni circostanti in una residenza principesca corredata da un vasto parco romantico,  con una grotta artificiale, con concrezioni spugnose, un anfiteatro ed alcune statue in pietra serena. e da un giardino a parterre con aiuole fiorite.

Ingresso al parco romantico

La necessità di collegare la villa con il terreno boscoso retrostante, che diventerà l’odierno parco piantato a cipressi, lecci e castagni venne risolta con la costruzione di un ponte in ghisa e legno che attraversa l’antica via Quintigiana, mettendo in comunicazione il piano nobile della residenza con il livello sopraelevato della collina.

 

Il ponte di legno e ghisa

 

 

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La Piramide Etrusca di Bomarzo

22/08/2021 da Sergio Casprini

Il mistero della Piramide Etrusca di Bomarzo,

rimasta per secoli avvolta nella vegetazione

 

FRANCESCA MANCUSO

https://www.greenme.it/viaggiare/

 

Non occorre andare in Egitto per ammirare le piramidi. Anche negli angoli più suggestivi della nostra Italia è possibile farlo. Di recente infatti è stata scoperta una misteriosa piramide di origine etrusca nei boschi della Tuscia, nel cuore di un bosco di Bomarzo, diventato famoso per il parco dei mostri. Un luogo già di per sè affascinante ma che oggi si carica di un’ulteriore valenza artistica e storica. Bomarzo è nota soprattutto per il celebre parco caratterizzato dalle gigantesche statue e dai volti mostruose, ma anche la misteriosa piramide etrusca gioca un ruolo di primo piano.

Nascosta tra i boschi, e avvolta dalla vegetazione della Tuscia, essa venne scoperta oltre 100 anni fa, nel 1911, ma non fu mai studiata in modo approfondito dall’archeologia ufficiale. Per anni, questo luogo carico di mistero rimase abbandonato ma nel 2008 lo studioso Salvatore Fosci decise di prendersene cura, occupandosi sia della vegetazione che della manutenzione dei sentieri per raggiungerlo.

La forma del suo tronco ricorda quella degli altari religiosi ma quella di Bomarzo è una vera e propria piramide, dalla datazione ancora incerta. Tradizionalmente chiamata “sasso del predicatore” o “altare piramidale”, sorge in una zona ricchissima di reperti archeologici risalenti sia al periodo etrusco che a quello preistorico. Essa si può ammirare entrando dall’ingresso principale de La tagliata delle Rocchette. Una volta percorso tutto, occorre addentrarsi nel bosco seguendo il sentiero più grande per circa 400 metri, fino a raggiungere il doppio segnale in salita tra gli alberi. A quel punto la piramide apparirà facilmente agli occhi del visitatore attraverso le due rampe di scale. Una volta in cima, si raggiunge l’ara maggiore in cui probabilmente i sacerdoti etruschi officiavano i riti agli dei degli Inferi.

 

Sito archeologico in Italia

Indirizzo: 01020 Bomarzo- Viterbo

Telefono: 3343954883

 

Parco dei Mostri Bomarzo

 

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ANDARE PER CAFFE’ STORICI

09/08/2021 da Sergio Casprini

 Caffè Florian-Venezia

 

Autore  Massimo Ceruli

Editore  Il Mulino

Anno    2021

Pag.     141

Prezzo   € 12,00 

 

Una socialità tutta italiana: sorti sulle tracce delle coffeehouses inglesi, i Caffè italiani hanno rappresentato un’autentica rivoluzione sociale.

Caffè Pedrocchi– Padova

A differenza dei salotti aristocratico-elitari, vi si poteva infatti accedere senza essere invitati, disponendo di libertà di parola e senza distinzione di genere. Spazi incubatori della nuova società borghese e della nascente nazione, luoghi di germinazione per avanguardie artistiche e cenacoli letterari, tra i loro tavoli sono maturati anche i più importanti movimenti politici che segneranno la storia d’Italia.

Caffè Al Bicerin– Torino

L’itinerario considera quei Caffè storici che sono rimasti ancora tali, negli indirizzi e negli arredi: tra questi, il più antico, il veneziano Florian, il padovano Pedrocchi, il torinese Al Bicerin, il triestino Tommaseo, il fiorentino Gilli, il romano Antico Caffè Greco, il napoletano Gambrinus.

Caffè Tommaseo– Trieste

 Massimo Cerulo, professore di Sociologia nel Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli studi di Perugia e chercheur associé al CERLIS (CNRS), Université de Paris. Studia il ruolo delle emozioni nelle interazioni sociali contemporanee. È direttore della collana “Teoria sociale” per l’editore Orthotes. È orgoglioso di essersi specializzato presso la Scuola Internazionale di Alti Studi “Scienze della Cultura” della Fondazione San Carlo di Modena, sotto la guida dell’indimenticato Remo Bodei. I suoi libri in italiano più recenti sono: Andare per Caffè storici (il Mulino 2021); Giovani e social network (con E. Bissaca e C.M. Scarcelli, Carocci 2020), Sociologia delle emozioni (il Mulino 2018).

 Antico Caffè Greco-Roma

La società italiana in una tazzina di caffè 

Giulio Busi  Il sole 24 ore 8 agosto 2021

Gran Caffè Gambrinus– Napoli

Cercate la Storia, quella con la “esse” maiuscola? Per una volta, lasciate perdere biblioteche e musei, evitate le accademie e i parlamenti, e mettetevi comodi. Bevetevi un bel caffè, in uno degli splendidi locali d’epoca sparsi per l’Italia, e sfogliate un libro.  Andare per Caffè storici di Massimo Carulo contiene tutto quello che serve per gettare uno sguardo insolito sulla società italiana degli ultimi tre secoli e, soprattutto, la riflessione sul passato in un piacere conviviale.  Anche se spesso non ne siamo consapevoli, proprio qui, nell’ambito egualitario ed avvolgente dei caffè si è sviluppato uno spazio discorsivo nuovo, fondamentale per la coscienza collettiva europea…

Caffè Gilli– Firenze

 

 

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IL TRENO DI DANTE

20/06/2021 da Sergio Casprini

Parte sabato 3 luglio il ‘Treno di Dante’, un’iniziativa voluta dalla Regione Emilia-Romagna, che accompagnerà i viaggiatori per 15 fine settimana consecutivi, tra la città natale del padre della lingua italiana a quella dove riposano le sue spoglie, a bordo di un convoglio storico, un locomotore D445 con al seguito tre vetture “Centoporte” e un vagone per trasporto bici.

Tutti i fine settimana quindi, da sabato 3 luglio a domenica 10 ottobre, si potrà salire in carrozza e ascoltare la storia dei luoghi toccati durante l’esilio dell’Alighieri, che più ne influenzarono l’esistenza e l’opera, narrata dagli assistenti di viaggio.

Borgo San Lorenzo

Il costo del biglietto – 54,50 euro andata e ritorno, 29 euro la singola tratta – comprende la visita gratuita a musei e monumenti in tutte le località toccate dal percorso – Firenze, Borgo San Lorenzo, Marradi, Brisighella, Faenza e Ravenna – e uno sconto del 10% in tutti i ristoranti e locali con aperitivo in omaggio.

Marradi

Un’occasione, quindi, per scoprire e riscoprire anche i sapori di terre tra le più ricche d’Italia dal punto di vista enogastronomico

Brisighella

Gli assistenti forniranno anche preziose indicazioni su cosa visitare a ogni fermata del treno: musei, rocche, teatri e palazzi, a cui i passeggeri potranno accedere gratuitamente, semplicemente esibendo all’ingresso il biglietto del Treno di Dante, stampato o in digitale, anche in un giorno diverso da quello del viaggio. Inoltre, sempre compreso nel costo del biglietto, si avrà diritto a uno sconto del 10% nei ristoranti e locali dei paesi toccati dalla tratta, con aperitivo in omaggio. Ulteriori informazioni saranno poi consultabili agli speciali desk informativi, gestiti in collaborazione con i vari uffici di informazione e accoglienza turistica del territorio, allestiti in ogni stazione toccata dal Treno.

 Faenza

Il Treno di Dante effettua il percorso Firenze/Ravenna in mattinata e il ritorno Ravenna/Firenze in serata: i viaggiatori che decidono di scendere in una qualsiasi delle quattro tappe dispongono di un biglietto gratuito, con validità per la stessa giornata, per raggiungere le ulteriori tappe. Questo biglietto va richiesto direttamente alle guide/accompagnatrici del Treno di Dante presenti in ogni carrozza, in tempo utile prima di scendere nella tappa prescelta, e può essere impiegato su qualsiasi treno di servizio tra Firenze e Ravenna.

Ravenna La tomba di Dante

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Quattro passeggiate. Lucca, Milano, Roma, Lucca

11/06/2021 da Sergio Casprini

Canaletto Piazza San Marco verso la Basilica 1723

In piena sindrome della capanna, in un mondo ancora sotto choc da pandemia, è il momento di riscoprire le passeggiate.

Questo libro ne raccoglie quattro, corrispondenti ad altrettante città e ad altrettante stagioni della vita. Le Mura di Lucca («Il mio viaggiare/ È stato / qua, dove non fui mai»), Milano capitale del Monopoli, il fascino funebre di Roma, i destini incrociati di Venezia. Quattro flânerie via dalla pazza folla per riassaporare il gusto della divagazione, il lusso della lentezza, il passeggiare dei ricordi nella memoria a riprova di «come ogni cosa sia legata all’altra al di là del tempo e dello spazio». Certe passeggiate sono piccoli destini emersi per forza propria, pietre miliari piazzate ai margini del nostro cammino terreno. Ognuno ha le proprie, e questo libro è anche un invito a scoprirle. Le passeggiate non si cercano, si trovano. E a volte, come gli amori, si fanno trovare.

Nanni Delbecchi, lucchese di nascita e milanese di adozione, è diventato giornalista professionista con Indro Montanelli, prima al «Giornale», poi alla «Voce». Oggi scrive per «Il Fatto Quotidiano». Il suo libro più recente è il romanzo Guida al giro del mondo (2016)

Autore   Nanni Delbecchi

Editore   Aliberti

Anno     2021

Pagine    214

Prezzo    € 15,90

 

 

 

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Villa La Loggia dei Bianchi

06/06/2021 da Sergio Casprini

Via La Loggia dei Bianchi n.1 Firenze

La villa, posta tra la via delle Gore e via della Loggia dei Bianchi, è un’antica struttura risalente al 1500 circa. Solo la torre della villa, di età medievale, è il nucleo originario del complesso residenziale, attorno al quale venne costruita una dependance servile e un mulino alimentato da una gora. La proprietà un tempo era nota come gli Allori (o L’Alloro)

Il nome Loggia dei Bianchi deriverebbe dai Flagellanti “Bianchi”, una compagnia di penitenti, così chiamati per le loro candide vesti con cappuccio, che nel 1399 dirigendosi a Roma per un pellegrinaggio giunsero a Firenze.

La Signoria temendo la diffusione della peste, proibì ai penitenti l’ingresso in città. Questi si accamparono nei pressi di Rifredi lungo il  torrente Terzolle e, accolti dai proprietari degli Allori, avrebbero eletto a monumento devozionale un piccolo tabernacolo dedicato alla loro patrona Maria in via delle Gore prospiciente sul torrente Terzolle.

Alla fine del Cinquecento il complesso venne acquistato da un mercante bergamasco residente a Firenze, Bernardo di Giovanni Corona da Ponte, il quale fondò anche l’Oratorio, incorporandovi l’antico tabernacolo, facendo realizzare un affresco da Ulisse Giocchi, su disegno del Poccetti, con la  processione della Compagnia penitenziale, alla presenza dei committenti e dei loro rispettivi patroni. 

Attualmente l’Oratorio è una struttura sbiadita e decrepita, imprigionata in una gabbia arrugginita.

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Il Cimitero de Pinti. Un luogo della memoria dei fiorentini

23/05/2021 da Sergio Casprini

Il Cimitero dei Pinti a Firenze è l’unico al mondo solo maschile. Vi sono sepolti 3.800 fratelli della Misericordia, ma è dismesso dal 1898 e si trova a Firenze in via degli Artisti.

Un lungo muro sbrecciato su via degli Artisti, un portone  che si apre cigolando. E improvvisamente sei nell’isola dei morti. Un emiciclo pieno di luce, un prato con qualche croce bianca chiuso da un colonnato da cui svettano statue e busti in marmo. Così appare il Cimitero dei Pinti. Fu costruito in aperta campagna fuori Porta a Pinti per volere della Reggenza lorenese nel 1747 ed accolse i defunti dell’ospedale di Santa Maria Nuova, in particolare le persone sconosciute o non richieste dai parenti, i cui scheletri venivano poi anche usati per gli studi di anatomia.

Quando l’Arciconfraternita della Misericordia era in cerca di un nuovo luogo di sepoltura in una zona più vicina alla città rispetto al cimitero di Soffiano il Granduca Leopoldo II concesse in data 11 luglio 1824 la zona adiacente al vecchio cimitero dell’ospedale. Inizialmente il cimitero della Misericordia e dell’ospedale rimasero separati da un muro divisorio, ma in seguito, dopo un atto di rinuncia dell’Ospedale, il cimitero della Misericordia poté essere ingrandito notevolmente, assumendo un aspetto monumentale. Fu quindi ristrutturato nel 1837-1839 dall’ingegnere comunale Paolo Veraci, che realizzò un insieme in stile classico due loggiati semicircolari saldati insieme da una cappella dedicata all’Immacolata Concezione: questa zona era destinata alle tombe “distinte”. 

Il cimitero venne completato tra il 1878 e il 1886 dall’architetto Michelangelo Maiorfi, che aggiunse le due celle laterali e la facciata classicheggiante.

Nonostante l’erba sia periodicamente tagliata, molte lapidi sono spaccate e sprofondate, alcuni monumenti funebri sono rovinati e scheggiati, i numerosi busti sepolti da polvere annosa. Qua e là si leggono alcuni nomi dei fratelli “giornanti”, e “buona voglia” ovvero impegnati nei servizi di assistenza della Misericordia. “Cav. Capitano Ferdinando Gugliantini, appartenne alla falange immortale di Curtatone e Montanara…”. “Gaetano Bianchi, pittore fiorentino (1819-1892).

Altre personalità sepolte sono quelle di Vincenzo Batelli, Giovanni Baldasseroni, Emilio De Fabris e Giuseppe Barellai. Sotto al loggiato di sinistra sono schierate cinque storiche vetture per trasportare i morti: due carrozze bianche per i bambini, le altre scure e (un tempo) dorate per gli adulti.

Dovunque però regna l’incuria, la negligenza di quanto sia rito, culto e conservazione del ricordo.  Perché non aprirlo e farne un giardino della memoria? Perché non farne un Pantheon dei fiorentini più o meno illustri dell’Ottocento, tra i quali molti patrioti del Risorgimento?

Forse per l’antico cimitero stanno arrivando giorni migliori: infatti la Misericordia di Firenze sta organizzando una Raccolta Fondi GoFundMe per il restauro del Cimitero Monumentale dei Pinti.  GiovanGualberto Basetti Sani e Silvia Nanni gestiscono questa raccolta fondi

htpss/it.gofund-me-com/f/insieme-per-la-misericordia-di-firenze

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La tomba di Elisabeth Barrett al Cimitero degli Inglesi

14/04/2021 da Sergio Casprini

 

Elizabeth Barrett Browning, nata in Inghilterra a Durham 1806, è stata una poetessa, moglie del poeta Robert Browning. Si erano conosciuti nel 1845 quando già la Barrett era già una scrittrice popolare in patria ed essendo il padre di Elizabeth fieramente contrario alle loro nozze, si sposarono di nascosto e fuggirono insieme a Firenze dove ebbero un figlio, Pen. A Firenze risiedevano in Piazza San Felice, in un appartamento a Palazzo Guidi che oggi è diventato una casa- museo dedicata alla loro memoria. Morì a Firenze nel 1861 ed ivi è sepolta al Cimitero degli inglesi.

Michele Gordigiani  Ritratto di Elisabeth Barrett 1858

Insieme ad altri compatrioti, residenti a Firenze, fu una forte sostenitrice del Risorgimento italiano, che descrisse puntualmente, soprattutto gli avvenimenti del 1848-1849 nel poema Casa Guidi Windows.

Lapide a Casa Guidi

********************

La tomba è un sarcofago in forma neorinascimentale e venne disegnato a Londra nel 1861 da Frederic Leighton

Frederic Leighton, Self-portrait 1880

Sir Frederic Leighton, (Scarborough 1830-Londra 1896)), è stato uno scultore e pittore inglese preraffaellita. Le sue opere a soggetto storico, biblico e mitologico sono tra gli esempi più raffinati di arte vittoriana. Studiò all’University College School di Londra, prima di partire per l’Europa continentale in viaggio di studio. Tra i suoi maestri giovanili va ricordato Giovanni Costa presso cui, a Firenze, venne introdotto all’Accademia di Belle Arti. Tra le sue opere di quel periodo è famosa la rappresentazione della processione del dipinto di Cimabue “ La Madonna in trono”( oggi agli Uffizi) attraverso  Borgo Allegri nel quartiere di Santa Croce. 

 Cimitero degli Inglesi  Foto fine XIX secolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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