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Risorgimento Firenze

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I luoghi

La Piramide Etrusca di Bomarzo

22/08/2021 da Sergio Casprini

Il mistero della Piramide Etrusca di Bomarzo,

rimasta per secoli avvolta nella vegetazione

 

FRANCESCA MANCUSO

https://www.greenme.it/viaggiare/

 

Non occorre andare in Egitto per ammirare le piramidi. Anche negli angoli più suggestivi della nostra Italia è possibile farlo. Di recente infatti è stata scoperta una misteriosa piramide di origine etrusca nei boschi della Tuscia, nel cuore di un bosco di Bomarzo, diventato famoso per il parco dei mostri. Un luogo già di per sè affascinante ma che oggi si carica di un’ulteriore valenza artistica e storica. Bomarzo è nota soprattutto per il celebre parco caratterizzato dalle gigantesche statue e dai volti mostruose, ma anche la misteriosa piramide etrusca gioca un ruolo di primo piano.

Nascosta tra i boschi, e avvolta dalla vegetazione della Tuscia, essa venne scoperta oltre 100 anni fa, nel 1911, ma non fu mai studiata in modo approfondito dall’archeologia ufficiale. Per anni, questo luogo carico di mistero rimase abbandonato ma nel 2008 lo studioso Salvatore Fosci decise di prendersene cura, occupandosi sia della vegetazione che della manutenzione dei sentieri per raggiungerlo.

La forma del suo tronco ricorda quella degli altari religiosi ma quella di Bomarzo è una vera e propria piramide, dalla datazione ancora incerta. Tradizionalmente chiamata “sasso del predicatore” o “altare piramidale”, sorge in una zona ricchissima di reperti archeologici risalenti sia al periodo etrusco che a quello preistorico. Essa si può ammirare entrando dall’ingresso principale de La tagliata delle Rocchette. Una volta percorso tutto, occorre addentrarsi nel bosco seguendo il sentiero più grande per circa 400 metri, fino a raggiungere il doppio segnale in salita tra gli alberi. A quel punto la piramide apparirà facilmente agli occhi del visitatore attraverso le due rampe di scale. Una volta in cima, si raggiunge l’ara maggiore in cui probabilmente i sacerdoti etruschi officiavano i riti agli dei degli Inferi.

 

Sito archeologico in Italia

Indirizzo: 01020 Bomarzo- Viterbo

Telefono: 3343954883

 

Parco dei Mostri Bomarzo

 

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ANDARE PER CAFFE’ STORICI

09/08/2021 da Sergio Casprini

 Caffè Florian-Venezia

 

Autore  Massimo Ceruli

Editore  Il Mulino

Anno    2021

Pag.     141

Prezzo   € 12,00 

 

Una socialità tutta italiana: sorti sulle tracce delle coffeehouses inglesi, i Caffè italiani hanno rappresentato un’autentica rivoluzione sociale.

Caffè Pedrocchi– Padova

A differenza dei salotti aristocratico-elitari, vi si poteva infatti accedere senza essere invitati, disponendo di libertà di parola e senza distinzione di genere. Spazi incubatori della nuova società borghese e della nascente nazione, luoghi di germinazione per avanguardie artistiche e cenacoli letterari, tra i loro tavoli sono maturati anche i più importanti movimenti politici che segneranno la storia d’Italia.

Caffè Al Bicerin– Torino

L’itinerario considera quei Caffè storici che sono rimasti ancora tali, negli indirizzi e negli arredi: tra questi, il più antico, il veneziano Florian, il padovano Pedrocchi, il torinese Al Bicerin, il triestino Tommaseo, il fiorentino Gilli, il romano Antico Caffè Greco, il napoletano Gambrinus.

Caffè Tommaseo– Trieste

 Massimo Cerulo, professore di Sociologia nel Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli studi di Perugia e chercheur associé al CERLIS (CNRS), Université de Paris. Studia il ruolo delle emozioni nelle interazioni sociali contemporanee. È direttore della collana “Teoria sociale” per l’editore Orthotes. È orgoglioso di essersi specializzato presso la Scuola Internazionale di Alti Studi “Scienze della Cultura” della Fondazione San Carlo di Modena, sotto la guida dell’indimenticato Remo Bodei. I suoi libri in italiano più recenti sono: Andare per Caffè storici (il Mulino 2021); Giovani e social network (con E. Bissaca e C.M. Scarcelli, Carocci 2020), Sociologia delle emozioni (il Mulino 2018).

 Antico Caffè Greco-Roma

La società italiana in una tazzina di caffè 

Giulio Busi  Il sole 24 ore 8 agosto 2021

Gran Caffè Gambrinus– Napoli

Cercate la Storia, quella con la “esse” maiuscola? Per una volta, lasciate perdere biblioteche e musei, evitate le accademie e i parlamenti, e mettetevi comodi. Bevetevi un bel caffè, in uno degli splendidi locali d’epoca sparsi per l’Italia, e sfogliate un libro.  Andare per Caffè storici di Massimo Carulo contiene tutto quello che serve per gettare uno sguardo insolito sulla società italiana degli ultimi tre secoli e, soprattutto, la riflessione sul passato in un piacere conviviale.  Anche se spesso non ne siamo consapevoli, proprio qui, nell’ambito egualitario ed avvolgente dei caffè si è sviluppato uno spazio discorsivo nuovo, fondamentale per la coscienza collettiva europea…

Caffè Gilli– Firenze

 

 

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IL TRENO DI DANTE

20/06/2021 da Sergio Casprini

Parte sabato 3 luglio il ‘Treno di Dante’, un’iniziativa voluta dalla Regione Emilia-Romagna, che accompagnerà i viaggiatori per 15 fine settimana consecutivi, tra la città natale del padre della lingua italiana a quella dove riposano le sue spoglie, a bordo di un convoglio storico, un locomotore D445 con al seguito tre vetture “Centoporte” e un vagone per trasporto bici.

Tutti i fine settimana quindi, da sabato 3 luglio a domenica 10 ottobre, si potrà salire in carrozza e ascoltare la storia dei luoghi toccati durante l’esilio dell’Alighieri, che più ne influenzarono l’esistenza e l’opera, narrata dagli assistenti di viaggio.

Borgo San Lorenzo

Il costo del biglietto – 54,50 euro andata e ritorno, 29 euro la singola tratta – comprende la visita gratuita a musei e monumenti in tutte le località toccate dal percorso – Firenze, Borgo San Lorenzo, Marradi, Brisighella, Faenza e Ravenna – e uno sconto del 10% in tutti i ristoranti e locali con aperitivo in omaggio.

Marradi

Un’occasione, quindi, per scoprire e riscoprire anche i sapori di terre tra le più ricche d’Italia dal punto di vista enogastronomico

Brisighella

Gli assistenti forniranno anche preziose indicazioni su cosa visitare a ogni fermata del treno: musei, rocche, teatri e palazzi, a cui i passeggeri potranno accedere gratuitamente, semplicemente esibendo all’ingresso il biglietto del Treno di Dante, stampato o in digitale, anche in un giorno diverso da quello del viaggio. Inoltre, sempre compreso nel costo del biglietto, si avrà diritto a uno sconto del 10% nei ristoranti e locali dei paesi toccati dalla tratta, con aperitivo in omaggio. Ulteriori informazioni saranno poi consultabili agli speciali desk informativi, gestiti in collaborazione con i vari uffici di informazione e accoglienza turistica del territorio, allestiti in ogni stazione toccata dal Treno.

 Faenza

Il Treno di Dante effettua il percorso Firenze/Ravenna in mattinata e il ritorno Ravenna/Firenze in serata: i viaggiatori che decidono di scendere in una qualsiasi delle quattro tappe dispongono di un biglietto gratuito, con validità per la stessa giornata, per raggiungere le ulteriori tappe. Questo biglietto va richiesto direttamente alle guide/accompagnatrici del Treno di Dante presenti in ogni carrozza, in tempo utile prima di scendere nella tappa prescelta, e può essere impiegato su qualsiasi treno di servizio tra Firenze e Ravenna.

Ravenna La tomba di Dante

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Quattro passeggiate. Lucca, Milano, Roma, Lucca

11/06/2021 da Sergio Casprini

Canaletto Piazza San Marco verso la Basilica 1723

In piena sindrome della capanna, in un mondo ancora sotto choc da pandemia, è il momento di riscoprire le passeggiate.

Questo libro ne raccoglie quattro, corrispondenti ad altrettante città e ad altrettante stagioni della vita. Le Mura di Lucca («Il mio viaggiare/ È stato / qua, dove non fui mai»), Milano capitale del Monopoli, il fascino funebre di Roma, i destini incrociati di Venezia. Quattro flânerie via dalla pazza folla per riassaporare il gusto della divagazione, il lusso della lentezza, il passeggiare dei ricordi nella memoria a riprova di «come ogni cosa sia legata all’altra al di là del tempo e dello spazio». Certe passeggiate sono piccoli destini emersi per forza propria, pietre miliari piazzate ai margini del nostro cammino terreno. Ognuno ha le proprie, e questo libro è anche un invito a scoprirle. Le passeggiate non si cercano, si trovano. E a volte, come gli amori, si fanno trovare.

Nanni Delbecchi, lucchese di nascita e milanese di adozione, è diventato giornalista professionista con Indro Montanelli, prima al «Giornale», poi alla «Voce». Oggi scrive per «Il Fatto Quotidiano». Il suo libro più recente è il romanzo Guida al giro del mondo (2016)

Autore   Nanni Delbecchi

Editore   Aliberti

Anno     2021

Pagine    214

Prezzo    € 15,90

 

 

 

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Villa La Loggia dei Bianchi

06/06/2021 da Sergio Casprini

Via La Loggia dei Bianchi n.1 Firenze

La villa, posta tra la via delle Gore e via della Loggia dei Bianchi, è un’antica struttura risalente al 1500 circa. Solo la torre della villa, di età medievale, è il nucleo originario del complesso residenziale, attorno al quale venne costruita una dependance servile e un mulino alimentato da una gora. La proprietà un tempo era nota come gli Allori (o L’Alloro)

Il nome Loggia dei Bianchi deriverebbe dai Flagellanti “Bianchi”, una compagnia di penitenti, così chiamati per le loro candide vesti con cappuccio, che nel 1399 dirigendosi a Roma per un pellegrinaggio giunsero a Firenze.

La Signoria temendo la diffusione della peste, proibì ai penitenti l’ingresso in città. Questi si accamparono nei pressi di Rifredi lungo il  torrente Terzolle e, accolti dai proprietari degli Allori, avrebbero eletto a monumento devozionale un piccolo tabernacolo dedicato alla loro patrona Maria in via delle Gore prospiciente sul torrente Terzolle.

Alla fine del Cinquecento il complesso venne acquistato da un mercante bergamasco residente a Firenze, Bernardo di Giovanni Corona da Ponte, il quale fondò anche l’Oratorio, incorporandovi l’antico tabernacolo, facendo realizzare un affresco da Ulisse Giocchi, su disegno del Poccetti, con la  processione della Compagnia penitenziale, alla presenza dei committenti e dei loro rispettivi patroni. 

Attualmente l’Oratorio è una struttura sbiadita e decrepita, imprigionata in una gabbia arrugginita.

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Il Cimitero de Pinti. Un luogo della memoria dei fiorentini

23/05/2021 da Sergio Casprini

Il Cimitero dei Pinti a Firenze è l’unico al mondo solo maschile. Vi sono sepolti 3.800 fratelli della Misericordia, ma è dismesso dal 1898 e si trova a Firenze in via degli Artisti.

Un lungo muro sbrecciato su via degli Artisti, un portone  che si apre cigolando. E improvvisamente sei nell’isola dei morti. Un emiciclo pieno di luce, un prato con qualche croce bianca chiuso da un colonnato da cui svettano statue e busti in marmo. Così appare il Cimitero dei Pinti. Fu costruito in aperta campagna fuori Porta a Pinti per volere della Reggenza lorenese nel 1747 ed accolse i defunti dell’ospedale di Santa Maria Nuova, in particolare le persone sconosciute o non richieste dai parenti, i cui scheletri venivano poi anche usati per gli studi di anatomia.

Quando l’Arciconfraternita della Misericordia era in cerca di un nuovo luogo di sepoltura in una zona più vicina alla città rispetto al cimitero di Soffiano il Granduca Leopoldo II concesse in data 11 luglio 1824 la zona adiacente al vecchio cimitero dell’ospedale. Inizialmente il cimitero della Misericordia e dell’ospedale rimasero separati da un muro divisorio, ma in seguito, dopo un atto di rinuncia dell’Ospedale, il cimitero della Misericordia poté essere ingrandito notevolmente, assumendo un aspetto monumentale. Fu quindi ristrutturato nel 1837-1839 dall’ingegnere comunale Paolo Veraci, che realizzò un insieme in stile classico due loggiati semicircolari saldati insieme da una cappella dedicata all’Immacolata Concezione: questa zona era destinata alle tombe “distinte”. 

Il cimitero venne completato tra il 1878 e il 1886 dall’architetto Michelangelo Maiorfi, che aggiunse le due celle laterali e la facciata classicheggiante.

Nonostante l’erba sia periodicamente tagliata, molte lapidi sono spaccate e sprofondate, alcuni monumenti funebri sono rovinati e scheggiati, i numerosi busti sepolti da polvere annosa. Qua e là si leggono alcuni nomi dei fratelli “giornanti”, e “buona voglia” ovvero impegnati nei servizi di assistenza della Misericordia. “Cav. Capitano Ferdinando Gugliantini, appartenne alla falange immortale di Curtatone e Montanara…”. “Gaetano Bianchi, pittore fiorentino (1819-1892).

Altre personalità sepolte sono quelle di Vincenzo Batelli, Giovanni Baldasseroni, Emilio De Fabris e Giuseppe Barellai. Sotto al loggiato di sinistra sono schierate cinque storiche vetture per trasportare i morti: due carrozze bianche per i bambini, le altre scure e (un tempo) dorate per gli adulti.

Dovunque però regna l’incuria, la negligenza di quanto sia rito, culto e conservazione del ricordo.  Perché non aprirlo e farne un giardino della memoria? Perché non farne un Pantheon dei fiorentini più o meno illustri dell’Ottocento, tra i quali molti patrioti del Risorgimento?

Forse per l’antico cimitero stanno arrivando giorni migliori: infatti la Misericordia di Firenze sta organizzando una Raccolta Fondi GoFundMe per il restauro del Cimitero Monumentale dei Pinti.  GiovanGualberto Basetti Sani e Silvia Nanni gestiscono questa raccolta fondi

htpss/it.gofund-me-com/f/insieme-per-la-misericordia-di-firenze

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La tomba di Elisabeth Barrett al Cimitero degli Inglesi

14/04/2021 da Sergio Casprini

 

Elizabeth Barrett Browning, nata in Inghilterra a Durham 1806, è stata una poetessa, moglie del poeta Robert Browning. Si erano conosciuti nel 1845 quando già la Barrett era già una scrittrice popolare in patria ed essendo il padre di Elizabeth fieramente contrario alle loro nozze, si sposarono di nascosto e fuggirono insieme a Firenze dove ebbero un figlio, Pen. A Firenze risiedevano in Piazza San Felice, in un appartamento a Palazzo Guidi che oggi è diventato una casa- museo dedicata alla loro memoria. Morì a Firenze nel 1861 ed ivi è sepolta al Cimitero degli inglesi.

Michele Gordigiani  Ritratto di Elisabeth Barrett 1858

Insieme ad altri compatrioti, residenti a Firenze, fu una forte sostenitrice del Risorgimento italiano, che descrisse puntualmente, soprattutto gli avvenimenti del 1848-1849 nel poema Casa Guidi Windows.

Lapide a Casa Guidi

********************

La tomba è un sarcofago in forma neorinascimentale e venne disegnato a Londra nel 1861 da Frederic Leighton

Frederic Leighton, Self-portrait 1880

Sir Frederic Leighton, (Scarborough 1830-Londra 1896)), è stato uno scultore e pittore inglese preraffaellita. Le sue opere a soggetto storico, biblico e mitologico sono tra gli esempi più raffinati di arte vittoriana. Studiò all’University College School di Londra, prima di partire per l’Europa continentale in viaggio di studio. Tra i suoi maestri giovanili va ricordato Giovanni Costa presso cui, a Firenze, venne introdotto all’Accademia di Belle Arti. Tra le sue opere di quel periodo è famosa la rappresentazione della processione del dipinto di Cimabue “ La Madonna in trono”( oggi agli Uffizi) attraverso  Borgo Allegri nel quartiere di Santa Croce. 

 Cimitero degli Inglesi  Foto fine XIX secolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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La Villa di Quarto a Firenze

10/04/2021 da Sergio Casprini

La Villa di Quarto, o di Castelquarto, a Firenze, si trova in via Pietro Dazzi 9, nella zona collinare ai piedi del Monte Morello. La villa si trova alle spalle della chiesa di Santa Maria a Quarto e il suo parco confina con quello della Villa La Petraia.

Quarto è uno dei toponimi che ricalcano le pietre miliari romane, tra i quali il più famoso in questa zona è Sesto Fiorentino

La villa  di origine quattrocentesca nel XVII secolo ebbe una prima ristrutturazione ad opera di Alfonso Parigi, l’architetto dell’ampliamento del giardino mediceo di Boboli. Nel XIX secolo appartenne a Gerolamo Bonaparte, ex re di Vestfalia, il quale la lasciò in eredità alla figlia Matilde, sposa del principe russo Anatolij Demidoff. Fu in questo periodo che la villa assunse la struttura definitiva che si ammira anche oggi.

Emanuel Stockler. Una camera della villa nel 1853

Dopo ulteriori passaggi di proprietà nel 1908 venne acquistata dai baroni Ritter de Zahony, che ne curarono un restauro complessivo. Negli anni 80 del Novecento infine la villa fu divisa tra diverse proprietà.

Tra gli ospiti illustri si ricordano lo storico e statista francese Adolph Thiers e lo scrittore statunitense Mark Twain, la cui moglie spirò proprio in questa villa.

L’edificio ha un impianto assai semplice, con tre piani nella parte a monte, mentre dal lato sul giardino si apre una loggia ottocentesca con tre archi su colonne binate, in sostituzione di un più antico loggiato settecentesco.

L’entrata principale si trova a lato monte, con ampio portale si accede a un atrio arricchito da busti marmorei e da una volta affrescata; dall’atrio inizia una monumentale scala in pietra grigia che porta al primo piano dove si trova il salone principale, quest’ultimo alto circa 6 metri e dal soffitto voltato e affrescato con motivi ottocenteschi.

Il salone è collegato ad altre sale altrettanto grandiose e alla galleria che corre parallela al terrazzo posto sopra al portico esterno da cui si gode della vista dell’ampio giardino all’italiana e del grande prato del parco all’inglese. 

Il giardino all’italiana e la villa sorgono su un terrazzamento che li eleva sopra al restante parco all’inglese, quasi a creare una netta distinzione tra il formalismo dell’uno e la naturalità del secondo. Il giardino all’italiana è cinto da una balaustrata sormontata da statue settecentesche, lo stesso motivo è riscontrabile nel terrazzo sopra al loggiato che su questo giardino si affaccia. Sul lato sud si trova una limonaia, con due corpi rialzati che anticamente ospitavano gli alloggi della servitù. Più oltre si estende il parco ottocentesco, composto da una macchia di verde di grande suggestione che fa da sfondo all’edificio principale. È un tipico parco romantico all’inglese, con un grande prato circondato da un vialetto, con un tempietto classico che ha come scenografia alcune piante resinose e querce, un laghetto e diverse statue che lo punteggiano. 

Le specie arboree sono numerose: acero montano, ippocastano, corbezzolo, cipresso dell’Arizona, cipresso comune, ginkgo biloba, siepi di alloro, varie specie di pini, platani, lecci, farnia, quercia rossa, olmo e viburno .

 

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il Canto degli Aretini a Firenze

15/03/2021 da Sergio Casprini

A Firenze, in via di Ripoli all’altezza dell’incrocio con via Benedetto Accolti, si trova un triangolo di terreno racchiuso da una ringhiera, all’interno della quale è posta una colonna spezzata.

Questo luogo è chiamato Canto degli Aretini, ed è una sorta di enclave Aretina in terra di Firenze, a tutti gli effetti di proprietà, e sotto la giurisdizione del comune Arezzo. Questa colonna sta a ricordare la storica battaglia di Campaldino, combattuta nell’omonima piana oltre il passo della Consuma,l’11 giugno 1289. Alla battaglia, che decretò la sconfitta dei Ghibellini, Dante ventiquattrenne partecipò in qualità di feditore a cavallo. (una sorta di prima linea scelta) Un contributo decisivo alla vittoria delle truppe Guelfe lo fornì Corso Donati, che undici anni più tardi, all’incirca nel 1300,quando i Guelfi si erano divisi in due fazioni,(bianchi e neri) con un colpo di mano, rovesciò il governo Fiorentino allora in carica, e fu determinante nel causare l’esilio di Dante. La battaglia causò circa 1700 morti e 2000 feriti fra le fila ghibelline. Circa un migliaio di prigionieri feriti furono trasferiti nelle carceri fiorentine, e molti di loro morirono di stenti di li a poco. Di un centinaio di questi(dei più poveri) nessuno reclamò il corpo, cosicché furono sepolti in una fossa comune nei pressi dell’attuale via di Ripoli. La colonna fu collocata nel 1921 ( tre anni dopo la vittoria italiana nella grande Guerra, che vide uniti gli italiani di ogni campanile),per volontà del comune di Arezzo e sulla base furono scolpite le seguenti parole commemorative dettate da Isidoro del Lungo:

SVLLA VIA LUNGO LA QVALE L’OSTE FIORENTINA MOVEVA LE INSEGNE PER ANDARE IN TERRA DI NEMICI,QVESTO COSIDDETTO CANTONE DI AREZZO,CHE È DEL COMUNE GHIBELLINO PROPRIETA’,D’IGNOTA SECOLARE ORIGINE,RICEVEVA DAL VERSO IMMORTALE DEL POETA COMBATTENTE IN CAMPALDINO,MEMORIA DEGLI INFAVSTI ODII DA CITTA’ A CITTA’,OGGI NELL’ITALIANA CONCORDE POTENZA,ABOLITI PER SEMPRE.

Il poeta combattente in Campaldino è Dante Alighieri,

che ricorda la battaglia all’inizio del XXII canto dell’Inferno:

Io vidi già cavalier muover campo,
e cominciare stormo e far lor mostra,
e talvolta partir per loro scampo; 
corridor vidi per la terra vostra,
o Aretini…

 

Da Itinerari Danteschi a cura di ROBERTO NALDINI

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A tu per tu con il Sommo Poeta

24/02/2021 da Sergio Casprini

Casa di Dante
Sulle tracce, vere, presunte o false, di Dante

Mauro Bonciani Corriere Fiorentino 24 febbraio 2021

Firenze è uno scrigno infinito di storie, itinerari, aneddoti, e seguendo le orme del poeta si può scoprire la città da un punto di vista affascinante, facendo dell’anniversario dei 700 anni dalla sua morte un’occasione di arricchimento, non un evento effimero. Marco Ferri nel suo libro Emergenze dantesche (Linea edizioni), fa proprio questo, costruisce un percorso nei luoghi e nelle memorie di Dante Alighieri.

Tutto è racchiuso nel centro di Firenze, in luoghi arcinoti al turismo di massa, da piazza Santa Croce a piazza della Signoria, o agli appassionati del poeta, dalla «casa di Dante» alla vicina chiesetta dei Portinari, la famiglia di Beatrice, ma anche in biblioteche frequentate per lo più da studenti ed in «emergenze» eccentriche rispetto ai tour organizzati e alle camminate dei visitatori che hanno più tempo. C’è il Bargello, i resti della millenaria chiesa di San Pier Scheraggio nel piazzale degli Uffizi, dove secondo la tradizione Dante parlò nella sua veste di politico e uomo pubblico; prima dell’esilio naturalmente. C’è il Battistero — «il mio bel San Giovanni» della Divina Commedia — dove Dante fu battezzato, ci sono le tante lapidi con le terzine sparse per la città.

 C’è soprattutto la curiosità e la passione per la storia di Ferri, che come scrive nella prefazione Cristina Acidini crea «un originale percorso dantesco, attraversando Firenze in diciotto tappe che ci fanno muovere nello spazio ma soprattutto nel tempo. I “luoghi” di Dante Alighieri in città si sa sono noti, amati, aureolati da persistenti leggende. Terreni d’incontro e scontro fra la realtà storica e il mito, a rischio di essere usurati dalle ricorrenti soste e visite di turisti di bocca buona». Questo rischio con il libro di Ferri non esiste, anche se certo si parla del «sasso di Dante» e dei ritratti più o meno autentici, ed anzi le incursioni storiche fanno chiarezza quando possibile di miti e leggende — dubbi e miti a volte restano, ma non può che essere così — e non solo. Fanno scoprire le tante opere d’arte legate al Ghibellin fuggiasco, da Santa Maria Novella al Duomo, da Palazzo Vecchio con la maschera mortuaria di Dante citata anche da Dan Brown agli immancabili Uffizi, fino alla tomba, vuota, di Dante nella basilica Santa Croce.

Dell’autore dalla Vita Nova e della Commedia non esiste neppure un rigo autografo, ma Firenze conserva un documento preziosissimo, che il libro riporta: gli atti della sua condanna all’esilio e poi al rogo se si fosse presentato in città. Dal quel fatidico 1302 cambiò la vita di Dante e il «viaggio» di Ferri ci porta fino all’oggi, in questo caso al Calcio Storico Fiorentino e al suo corteo di figuranti in cui sfila anche la riproduzione del «libro dell’esilio», come accade anche con la Società Dantesca o la Fondazione Zeffirelli in piazza San Firenze. E raccontando la secolare tradizione delle letture di Dante in strada o gli inutili tentativi dei fiorentini di riavere da Ravenna le spoglie del grande esiliato, il libro è un itinerario per tutti su «come e dove incontrare il Sommo Poeta», che non annoia. Una guida da sfogliare e risfogliare.

 San Pier Scheraggio prima della costruzione vasariana degli Uffizi, che l’ha  incorporata

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