
1869. Adelaide Cairoli con i ritratti dei figli morti
Un Risorgimento tutto al femminile, quello che Antonio Gibelli, storico illustre dell’Università di Genova, racconta ne Il corpo degli eroi sulla base di un carteggio familiare che per li rami arriva nella sua disponibilità, e che svela un ampio frammento della biografia di Adelaide Bono Cairoli (1806-1871), mater dolorosa per eccellenza.
Le lettere sono inviate alla giovane amica Costanza Mantegazza – figlia della più famosa Laura Solera –, andata in sposa a Giuseppe Gibelli, scienziato e accademico. Le lettere documentano il periodo 1862-71, la fase più drammatica della vita di Adelaide, vedova dal ’49, che ha già seppellito cinque figli, due dei quali nel biennio bellico 1859-60. Le restano i giovani Enrico e Giovanni, oltre al primogenito Benedetto, l’unico destinato a sopravviverle. La vita di Adelaide, segnata dal ricordo dei suoi primi eroi, si svolge fra Pavia, Gropello e Belgirate, secondo i riti della buona società lombarda, fra disturbi costanti, in particolare allo stomaco, consumo di coca per alleviare le sofferenze (scopriamo che fra gl’importatori e i primi “spacciatori” – con finalità mediche – è il fratello di Costanza, il medico e antropologo Paolo Mantegazza), e momenti di autentico benessere, quando giunge in visita Giuseppe Garibaldi, oggetto di un’idolatria non solo fanatica, ma contagiosa, se è vero che Enrico e Giovanni lo seguono nel 1866 e nel 1867, fino al sacrificio estremo.
Promotori di un’incursione dentro Roma ancora pontificia, a Villa Glori, con altri patrioti, vengono individuati e annientati. Il primo è ucciso, il secondo, ferito gravemente, catturato e poi liberato, torna a casa, dove si spegne nel 1869. La madre, fino ad allora quintessenza della religione civile del Risorgimento, crolla. Alimenta il culto familiare nella villa di Gropello, mentre la sua fede laica e repubblicana nella patria s’infrange contro le vette della disperazione. D’altronde, come osserva acutamente Gibelli, la «radicalità della scelta [dei figli] fino al sacrificio della vita si esprime […] non attraverso una rottura con i genitori, anzi per così dire sotto i loro occhi», in particolare delle madri che trasmettono e incoraggiano scelte ardimentose. Adelaide è preoccupata per il colera, il vaiolo, le malattie; è circondata da medici e scienziati che si esprimono sui disturbi fisici suoi e dei suoi cari, ma la guerra è altra cosa: pare un atto di sublimazione, un dovere ineludibile. Di qui la prostrazione, lo “squallido vuoto”, quando resta sola con Benedetto; l’«atmosfera sepolcrale» prende il sopravvento e interrompe il fitto discorrere per lettera di cose gravi e superflue. Non ci sono tracce documentate di un plausibile senso colpa per avere educato i suoi figli a morire. Ma il silenzio della signora Adelaide, sopravvissuta di poco a Giovanni, sembra già di per sé eloquente.
Roberto Balzani Sole 24 ore 18 maggio 2025
