
La libertà è come l’aria: ci si accorge quanto vale quando comincia a mancare Piero Calamandrei
Sono passati già tre anni da quando la Russia di Putin ha invaso e devastato uno stato democratico e sovrano, l’Ucraina di Zelenskj. E nonostante la sproporzione di forze militari tra le due nazioni, il popolo ucraino, pur con i costi tremendi di ogni guerra (80mila morti e 400mila feriti ucraini secondo il Wall Street Journal e distruzione di edifici civili e pubblici in quasi tutte le città) ha saputo resistere e perfino contrattaccare, salvaguardando l’integrità di buona parte del suo territorio, grazie anche il sostegno economico e militare dell’Europa e degli Stati Uniti.
Questo scenario politico-militare è stato completamente stravolto con l’arrivo alla Casa Bianca di Donal Trump, che ha confermato la sua natura di politico arrogante e antidemocratico, già sobillatore dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 e menzognero negatore della validità del voto che lo aveva visto sconfitto da Biden. Ora sta imponendo le sue scelte di politica interna ed estera con una grandinata di ordini esecutivi e con una serie di aggressive esternazioni antieuropee e anti ucraine, che di certo hanno deliziato Putin più di una serenata per voce e balalaica.
In particolare, in merito alla guerra in Ucraina, Trump ha da una parte riconosciuto le ragioni dell’aggressore, dall’altra delegittimato Zelenskj e l’Europa come interlocutori di un negoziato di pace, che appare solo un paravento per nascondere il vero obiettivo, quello della spartizione del mondo tra Russia, America e Cina.
I governi europei sono stati spiazzati, se non scioccati, da queste scelte che sembrano abbandonare l’Ucraina al dittatore Putin e ai suoi soprusi, rinnegando di fatto il ruolo americano di difensore della democrazia nel mondo (ruolo non privo in passato di infedeltà e di poco onorevoli compromessi) a partire dalla guerra contro il nazifascismo e il successivo sostegno economico alla ricostruzione post-bellica dei paesi europei.
Di fronte a questo nuovo scenario, l’Unione Europea non può più mostrare incertezze nel momento in cui sono in gioco la nostra autonomia, la nostra sicurezza e il nostro modello di società, costruiti in oltre due secoli di battaglie per la libertà e l’indipendenza dei popoli. Con lo sgretolamento di fatto della Nato, non si può certo trascurare la questione della sicurezza e della difesa dei confini europei. Come nei giorni scorsi ha scritto sull’Economist l’ex prima ministra finlandese Sanna Marìn, “l’Europa deve liberarsi della pericolosa illusione di essere debole e smettere di comportarsi come tale”; e ha ricordato che l’economia europea è dieci volte quella russa e quindi continuare a sostenere l’Ucraina costerebbe meno che dover poi fronteggiare la minaccia diretta della Russia.
Riaffermare un ruolo politico forte dell’Europa nelle controversie internazionali, senza subire i diktat di pace imposti dall’ autocrate Putin e dall’aspirante autocrate Trump, significa ridare vigore alla costruzione dell’Unione europea sia sul piano economico, che sul piano politico militare, Sul primo, si tratta di superare le resistenze comprensibili delle singole nazioni nel rispetto delle diverse realtà economiche e sociali, mentre sulla questione politico- militare ci sono attualmente nell’ Unione Europea maggiori difficoltà a prendere una decisione comune. Dopo il fallimento della Comunità Europea di Difesa (CED), arenatasi nel 1954, nel corso dei successivi settant’anni, grazie o a causa del tranquillizzante ombrello protettivo della Nato (di fatto assicurato in modo predominate dagli Stati Uniti), l’Europa non è stata in grado di elaborare una propria strategia delle relazioni internazionali basata su una vera politica estera e di difesa. Oggi però, con il nuovo avvento di Trump alla Casa Bianca, l’UE è costretta a diventare a sua volta una potenza politica e militare oltre che economica, coronando così il sogno di Giuseppe Mazzini e di Altiero Spinelli di un Europa federale e democratica.
Sergio Casprini
