
Nell’opera di Simone Casini si riscopre l’idea di nazione perseguita da Ippolito Nievo: una comunità capace di superare le fratture di carattere sociale, religioso, geografico per costruire un futuro di crescita ideale e morale
Tra fallimento drammatico della “primavera dei popoli” del ’48 ed inatteso compiersi del sogno unitario la penisola attraversò un decennio di convulsa maturazione delle più svariate ipotesi di possibile futuro politico. Del resto, erano censura e repressione a imperversare; le mazziniane illusioni di scintille rivoluzionarie ardenti sotto la cenere dell’assolutismo svanivano in sanguinose tragedie; il mito romantico della nazione non riusciva a trovare un comune linguaggio per esprimersi in programmi condivisi di là dal richiamo sentimentale; mentre, per altro verso, sempre più urgente appariva, ad una comunque limitata classe dirigente aperta alla modernizzazione, far crescere il Paese sotto il profilo materiale non meno che civile secondo i livelli raggiunti dalle società d’oltralpe.
E fu proprio in una simile temperie, dove finiva per essere difficile definire il proprio orizzonte ideale per chi ad ogni buon conto ritenesse indispensabile portare a compimento le speranze supreme di nazione, indipendenza, libertà, democrazia, che si svolse – in un brevissimo arco di tempo chiuso dalla sua morte, nel ’61, a neppure trent’anni, nel naufragio del piroscafo che lo portava dalla Sicilia ”garibaldina” a Napoli – la multiforme attività di intellettuale e patriota-soldato di Ippolito Nievo. Che è ora qui approfondita con minuziosa e lucida precisione in tutti suoi aspetti, magari a volte inaspettati ( anche perché gran parte della produzione letteraria del Nostro che fu sì romanziere, ma pure, giornalista, ideologo, novelliere, epistolografo, finanche librettista e musicologo, venne portata alla luce in gran parte dopo la metà del XIX secolo) e sempre inseriti nella dimensione culturale dei suoi tempi, attraverso i numerosi saggi scritti da Simone Casini lungo l’arco di un quasi trentennale lavoro di appassionata fedeltà all’opera dello scrittore, analizzata tanto sotto il profilo letterario, quanto da quello storico e linguistico.
Nella convinzione che in Nievo si possa cogliere a pieno il senso stesso della presenza del Risorgimento nella nostra storia nazionale, con tutti i suoi percorsi di traguardi faticosamente raggiunti come di problematiche lasciate irrisolte. Quasi che ancora oggi – l’autore ne è certo – in lui si ritrovi a pieno «il senso profondo e originario dell’unificazione», con tutta la vitalità di quelle inquietudini preunitarie ricche «di passioni, di attese, di interessi e di spiriti moderni, quel mondo che volle e fece l’Italia unita ma che poi in gran parte nell’Italia unita non trovò espressione».
Come subito avvertì Nievo in merito alla questione cruciale del raggiungimento di un’unità che non si limitasse al pur indispensabile rivolgimento istituzionale; ma si completasse in una reale unità di popolo, in una “nazione” capace di superare le fratture di carattere sociale, religioso, geografico, che impedivano il formarsi di una comunità di individui partecipi dell’identico destino di crescita ideale e morale, non certo affidata all’astrattezza dei principi, bensì testimoniata nel farsi concreto della storia e dei quotidiani conflitti per vincere egoismi, meschinità, chiusure ai doveri sociali e ai richiami della coscienza, indispensabili al raggiungimento dei principi più alti dell’umanità.
Che era, poi, il suo appello, chiaramente espresso nello scritto di fine ’59, Rivoluzione politica e rivoluzione nazionale, sull’urgenza di «trascinare» le masse contadine nella costruzione nazionale, non solo con i richiami elegiaci o pietistici della letteratura «rurale»allora in voga; bensì con concrete proposte di una loro rappresentanza politica, di effettivi miglioramenti economici, di un riconoscimento della loro tradizione culturale. Per una vera, coinvolgente, «rivoluzione dal basso», propria di chi credeva non tanto nella necessità di «fare gli italiani», quanto piuttosto di adeguare le nascenti istituzioni ad una già esistente società nazionale formata dai tempi lunghi della storia con tutte le sue contraddizioni e le sue spaccature.
Proprio ad una simile crescita, generazione dopo generazione, di un positivo processo ideale si affida Nievo nella sua opera maggiore, le Confessioni d’un Italiano (scritto nel ‘58, ma pubblicato postumo nel ‘67), dove con lo sguardo di un finto ottuagenario ripercorre le vicende dei primi decenni «risorgimentali» dalla caduta della “sua” Repubblica di Venezia fino alla prima guerra d’indipendenza. Si faceva, così, ad un tempo testimone ed attore, inserendo, pure, una serie di protagonisti della vicenda romanzata nelle pieghe vive e reali della storia della penisola, ripercorsa attraverso i resoconti della migliore storiografia del tempo, sempre, però, sapientemente ritmata sulle esigenze del suo racconto , dove i fatti si intrecciavano ai sentimenti più umani, gli ideali vivevano nel concreto delle scelte individuali, paesaggi e territori erano descritti e percepiti nella loro naturale bellezza, in una corposità narrativa capace di riprodurre al meglio l’Italia di quella stagione tra passato da abbandonare e futuro da immaginare, con tutte le sue pur dubbiose speranze di essere avviati lungo un cammino di progresso civile e morale dell’umanità.
Angelo Varni Il Sole 24 Ore 15 giugno 2025
Simone Casini
NIEVO RISORGIMENTALE
Edizioni di Storia e Letteratura
pagg. 414, € 58
