STEMMA DEI BORBONI
Qual è il mito neoborbonico fondamentale (per i neoborbonici, naturalmente)? La Borbonia felix. Che cos’è? Un Regno delle Due Sicilie che da reame storicamente esistito — e che, come tutte le realtà umane, non era privo di contrasti e contraddizioni, oltre a essersi tramutato nell’Ottocento in uno Stato poliziesco — è trasformato in un luogo mitico, una sorta di età dell’oro, un paradiso perduto caratterizzato dalla bellezza dei luoghi, dalla sapienza dei governanti, dalla natura pacifica delle genti che esiste solo nella fervida ma calcolata immaginazione del variegato mondo neoborbonico. Quando è esistita questa moderna isola di Utopia? Dalla metà del Settecento fino al 1860-1861 quando — e qui c’è il secondo grande mito della cultura postmoderna neoborbonica — i piemontesi come novelli Goti, che per altro ben si trovarono a Sud alla fine dell’Impero Romano, calarono a Mezzogiorno e invasero il paradiso trasformandolo in un inferno.
Tenendo insieme questi due miti non si ottiene né la storia né la storiografia, ma un sentimento sudista antirisorgimentale che giocando ora sul vittimismo ora sull’autoassoluzione si alimenta divulgando da un lato l’idea che il Nord sia lo sfruttatore e il Sud lo sfruttato e dall’altro proponendo la semplice e scontata «uscita di sicurezza»: la fine dell’Italia e il ritorno a Borbonia felix.
Ecco perché il libro di Andrea Mammone, Il mito dei Borbone. Il Regno delle Due Sicilie tra realtà e invenzione (Mondadori, pagine 180,), è un testo importante che mette in relazione la rigorosa conoscenza del passato con un presente in cui le paure, le crisi, le confusioni sono usate per scaricare le responsabilità del malessere e del malgoverno su Cavour e Garibaldi, offrendo soluzioni facili e inesistenti a problemi seri e dolenti.
Presentando il libro e sé stesso, lo storico, che insegna alla Sapienza, dice che il suo «è un libro sulla storia del neoborbonismo, sulla memoria del Risorgimento sviluppata dalle correnti culturali antirisorgimentali, sul micronazionalismo, sull’immaginario neosudista e sul Meridione durante l’era del Regno delle Due Sicilie». Si tratta di un viaggio — anche con citazioni di giornalisti, di associazioni, di eventi che qui tralasciamo — in cui lo scopo di Mammone è mostrare come il sentimento neoborbonico antirisorgimentale sia una sorta di officina che ha come fine «la creazione di una controstoria che disegna una Borbonia felix immaginaria». Il fine, dunque, non è la conoscenza storica ma la pratica politica (e, quindi, la stessa confutazione dei primati immaginari duo siciliani è quasi superflua).
Per raggiungere il fine politico e pubblicistico tutto fa brodo. Anche, ad esempio, la vittoria del campionato 2022-2023 del Napoli festeggiata con lo striscione di uno scudetto capovolto e con la scritta «Campioni in Italia» invece di «Campioni d’Italia». In questo modo, coniugando tifo e sudismo, «il Napoli diventa il Masaniello ribelle». Se si entra in questa dimensione da «populismo storiografico» si capisce che tutto ciò che ha anche solo una vaga ascendenza antiunitaria — si pensi al fenomeno classico: i briganti — entra subito in un’area mitica nella quale non agisce più il giudizio critico, ma la manipolazione della postverità in cui la differenza tra il vero, il falso e il finto è non solo irrilevante, ma volutamente ignorata. Il suggerimento dello storico è da prendersi in considerazione: l’Italia ha bisogno di cultura risorgimentale (che nacque a Sud).
Giancristiano Desiderio Corriere della Sera 11 agosto 2024
Autore Andrea Mammone
Editore Mondadori
Anno 2024
Pag. 180
Prezzo € 20,00