Chiara Guerra (soprano) e Alberto Petricca (baritono) nei panni della coppia di eroi
Il 4 agosto scorso erano i 175 anni della morte. «E come ogni estate, la fattoria Guiccioli, a Mandriole di Ravenna, è meta di pellegrinaggio di tanti che non hanno dimenticato la figura luminosa di Anita Garibaldi» ricorda Gilberto Cappelli, compositore romagnolo, legato, come quelli della sua terra, al ricordo dell’«eroina dei due Mondi» che in quella landa sperduta delle Valli di Comacchio trovò rifugio ed esalò l’ultimo respiro. «Qualche anno fa ci andai con mia moglie, appassionata di storia. A quei tempi ero alla ricerca di una figura femminile su cui costruire la mia prima opera. Entrare nella sua stanza, assistere alla cerimonia con tanto di garibaldini e costumi d’epoca, mi provocarono grande commozione. In quel momento mi è scattata l’idea: la mia protagonista tanto inseguita era lei, Anita!»
«Anita», opera in un atto e otto scene per soprano, baritono e coro, aprirà stasera al Caio Melisso di Spoleto — Marco Angius sul podio dell’ensemble Calamani, regia di Andrea Stanisci — la stagione del Teatro lirico sperimentale ideata da Michelangelo Zurletti ed Enrico Girardi, critico e collaboratore del Corriere. Novità assoluta di un compositore appartato, vincitore di un premio Abbiati, la cui scrittura musicale, intrisa di evidenti tracce espressioniste, esalta il riflesso emotivo delle gesta di una donna che il musicista definisce «intrepida e moderna» ma anche l’intensità di una «storia d’amore bellissima tra un uomo e una donna mossi da profondi ideali». In effetti, quello tra Ana Maria Ribeiro e Giuseppe Garibaldi fu un vero colpo di fulmine. «Si incontrarono nel 1849, durante una rivolta popolare in Brasile. Il giorno dopo lui le disse: “devi essere mia”». E lei lo seguì. Lasciò il marito impostole dalla famiglia, la sua terra, la sua gente. Con lui oltre oceano, in un continente sconosciuto. «Madre dei loro quattro figli, compagna di lotte, pronta a stargli accanto, pur se malata e incinta, anche nella pericolosa marcia verso Venezia».
Una rivoluzionaria entrata nella leggenda. «Un’artefice del nostro Risorgimento poi trascurata dalla storia, spesso immemore delle tante donne che si sono sacrificate per scriverla. La mia opera vuole essere un piccolo risarcimento».
Giuseppina Manin Corriere della Sera 22 agosto 2024
Fabio Fabbi Morte di Anita Garibaldi inizi del ‘900 (Firenze, Biblioteca ed Archivio del Risorgimento)