
Il 20 settembre 1870 avvenne la Presa di Roma, nota anche come Breccia di porta Pia e fu l’episodio del Risorgimento che sancì l’annessione di Roma al Regno d’Italia, decretando la fine dello Stato Pontificio e del potere temporale dei papi. L’anno successivo la capitale d’Italia fu trasferita da Firenze a Roma . L’anniversario del 20 settembre è stato festività nazionale fino alla sua abolizione dopo i Patti Lateranensi nel 1929.
Dopo la caduta del fascismo e la nascita della Repubblica italiana solo le associazioni laiche, i radicali, i liberali ed i socialisti hanno ogni anno commemorato il 20 settembre, talora con l’adesione delle istituzioni civili nei luoghi simbolo del Risorgimento.
A Firenze infatti la commemorazione avviene in piazza dell’Unità, dove nel 1882 è stato eretto un obelisco in memoria dei caduti italiani per la libertà e l’indipendenza della Patria.
Testimonianze certamente minoritarie, ma meritorie per la volontà e l’impegno di conservare il ricordo di un momento significativo della storia d’Italia.
Se un appunto va mosso però nei confronti di queste iniziative è forse nella persistenza negli interventi di chi partecipa di un sottofondo ideologico anticlericale come se vivessimo ancora ai tempi di Pio IX e della pubblicazione del Sillabo.
Pregiudizi peraltro giustificati dalle posizioni ancora integraliste di alcuni settori del mondo della chiesa, da una pubblicistica antirisorgimentale di alcuni scrittori cattolici, dall’ingerenza da parte delle gerarchie del Vaticano nelle questioni bioetiche di pertinenza del Parlamento, dalla vigenza di norme concordatarie troppo filo ecclesiastiche.
Eppure oggi si può notare come, in realtà, l’Istituzione Chiesa con la crisi del potere temporale sia uscita molto più libera e forte, soprattutto da un punto di vista morale e religioso, tanto che, nel primo centenario della Breccia di Porta Pia, nel 1970, lo stesso papa Paolo VI, inviando un cardinale in rappresentanza della Santa Sede all’evento, osservò che il papa dopo aver perduto l’autorità temporale aveva acquisito maggiore autorità nella Chiesa, aveva ripreso “con inusitato vigore le sue funzioni di maestro di vita e di testimonio del Vangelo”.
A conferma di questa rilettura storica da parte delle istituzioni ecclesiatiche del 20 settembre tra le tante celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia va ricordato che il cardinale Bertone ha presenziato a Roma alla celebrazione della Breccia di Porta Pia, sconfessando di fatto gli oltranzisti cattolici che ogni anno nella stessa data commemorano le guardie svizzere, morte nella battaglia di Porta Pia.
Si parva licet componere magnis l’anno scorso sul sagrato della Basilica di san Miniato si è tenuta la commemorazione del giovane artigliere Cesare Paoletti, caduto nella battaglia di Porta Pia e ricordato con un monumento funerario nel cimitero, lì vicino, delle Porte Sante. In quell’occasione padre Bernardo Gianni, priore del convento, ha fatto un appassionato intervento a favore dell’Unità Italiana, meritandosi perfino il plauso dei garibaldini presenti alla cerimonia.
Va quindi apprezzato il nuovo atteggiamento della chiesa di Roma e di molti sacerdoti rispetto al nostro Risorgimento e, pur non negando le resistenze residue ed i tempi lunghi di questo processo di avvicinamento e di confronto tra laici e cattolici, se vogliamo che il 20 settembre torni ad essere una festività nazionale, da iscriversi tra le date come il 17 marzo, il 25 aprile, il 2 giugno di quella religione civile che purtroppo è ancora carente in Italia, bisogna operare per fare diventare questa ricorrenza non una manifestazione sempre e solo di una minoranza, ma di tutti gli italiani, credenti o no, nella convinzione appunto che la memoria storica del nostro Risorgimento dovrebbe essere realmente condivisa e che lo stesso Cavour, cattolico e liberale, oggi avrebbe minori difficoltà a perseguire l’obiettivo di libera Chiesa in libero Stato!