• Passa al contenuto principale
  • Skip to after header navigation
  • Skip to site footer
Risorgimento Firenze

Risorgimento Firenze

Il sito del Comitato Fiorentino per il Risorgimento.

  • Home
  • Focus
  • Tribuna
  • I luoghi
  • Mostre
  • Rassegna stampa
  • Pubblicazioni
  • Editoriale

1915-2015, è l’ora di fare giustizia.

30/12/2014

copertinaLe istituzioni mostrano scarso interesse per la Grande guerra, evento fondativo della nazione. Ma per fare i conti con il passato prima occorre riabilitare le vittime delle esecuzioni sommarie

 

Antonio Polito     La Lettura (Corriere della sera) domenica 21 dicembre

 

Meno male che c’è la prova d’appello del 2015. Eh sì, perché il «nostro» anniversario della Grande guerra arriva un anno dopo, l’anno prossimo, esattamente il 24 maggio (quando il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei nostri fanti). E dunque c’è speranza che si risvegli una riflessione politica e culturale su quello che è stato, seppur mezzo secolo dopo l’Unità, un atto fondativo della nazione Italia.

 

Nonostante l’interesse dei media, le istituzioni hanno finora guardato quasi con indifferenza a questo centenario. Al Sacrario di Redipuglia, dove sono sepolti i morti nel fango del Carso, c’è andato il Pontefice, ma non il premier. Altri Paesi, come la Francia e il Regno Unito, hanno un rapporto più risolto con la loro memoria. In fin dei conti, per i francesi è l’ultima guerra veramente vinta, e per gli inglesi quella più dolorosa. Chiunque si sia trovato a Londra alle ore 11 del giorno 11 dell’undicesimo mese dell’anno, e abbia assistito al minuto di silenzio che ferma spontaneamente e letteralmente tutto il Paese, sa che significato ha tuttora per quel popolo l’armistizio che mise fine alla Grande guerra.

Noi italiani invece, pur avendola vinta, non amiamo ricordarla. Ci sono almeno tre buone spiegazioni di questa rimozione collettiva. Ed è proprio su di esse che varrebbe la pena di riaprire un dibattito nazionale.

La prima ragione è il pacifismo-irenismo che è diventato la religione civile della nostra cultura popolare. Ogni guerra è ingiusta, figurarsi quella marchiata a fuoco da Benedetto XV come un’inutile carneficina, e che nella storiografia viene sempre più presentata come il frutto di un impazzimento collettivo, la conseguenza irrazionale del comportamento di un gruppo di Sonnambuli , secondo il titolo del fortunato bestseller di Christopher Clark (Laterza).

Come sostiene Mario Silvestri nello splendido Isonzo 1917 (Bur), un grande libro di storia scritto da un grande profano (l’autore era un docente di Impianti nucleari del Politecnico di Milano), nel discutere della Grande guerra «siamo ancora sotto il ricatto dell’enorme sacrificio compiuto», e della convinzione che «tale sacrificio fu sterile, anzi devastatore, che i caduti morirono invano e per ragioni ingiuste». Eppure, ciò nonostante, il nostro sentimento dovrebbe essere quello così ben riassunto da uno scrittore francese: «Odio la guerra, ma amo coloro che l’hanno fatta».

È infatti amore ciò che non può non sentire chi provi oggi a fare i conti con la memoria di quegli uomini, leggendo la vasta letteratura che — anche grazie all’iniziativa editoriale del «Corriere» — ha raggiunto le librerie e le edicole; o anche solo visitando i luoghi nei quali la tragedia si è consumata. Sono stato in pellegrinaggio quest’estate sul Pasubio, nel Trentino, dove si è combattuta per anni una guerra di così alta quota come mai prima e mai dopo nel mondo, tra la neve e il ghiaccio, prima che tornassero i prati, per parafrasare il titolo del film di Ermanno Olmi; una guerra nella quale, ancor più che il nemico, i Kaiserjäger , alpini austriaci, si sfidava la natura.

Ebbene, basta guardare dal basso il Canalone Battisti, la stretta gola lungo la quale l’irredentista trentino si inerpicò con un centinaio di uomini, trascinando su una pendenza impossibile armi, artiglieria e muli, solo per essere catturato dagli austriaci una volta in cima e poi impiccato come traditore; basterebbe quella storia per amare chi ha fatto la guerra. E per chiedersi perché mai di Battisti, di Damiano Chiesa, di Fabio Filzi, nomi che ancora affiorano dalla mia memoria di scolaro alle elementari, oggi non parli più nessuno.

Averli amati poco, questi eroi per scelta o per caso, fu del resto la colpa all’origine della seconda causa di questa rimozione collettiva: il fascismo. È anche per reazione all’enfasi retorica che il regime mise sulla Vittoria, ben testimoniata proprio dalla magniloquenza del Sacrario di Redipuglia, che oggi ne abbiamo pudore. È come se la coscienza democratica del Paese temesse ancora di confondere la memoria e il rispetto per i caduti con un cedimento alla propaganda nazionalista di Mussolini. Eppure fu proprio per non aver saputo amare quegli ex combattenti, quei reduci, la generazione più mutilata della storia, che perse gambe, braccia, mani, occhi, talvolta perfino il volto, perché scagliata come carne da macello contro la più letale artiglieria della storia, che in Italia il mito della «vittoria mutilata» venne regalato all’autoritarismo fascista (a proposito di mutilazioni, è da leggere l’inquietante Ci rivediamo lassù , romanzo di Pierre Lemaitre uscito quest’anno da Mondadori).

Ma per amare coloro che hanno fatto la Grande guerra bisognerebbe infine, e forse innanzitutto, riparare a un grande torto, riconoscendo formalmente le atrocità commesse nei confronti dei soldati italiani dai comandi militari. In due saggi di grande successo editi quest’anno da Mondadori, La guerra dei nostri nonni di Aldo Cazzullo e Italiani voltagabbana di Bruno Vespa, si riapre questo dolorosissimo capitolo.

L’occasione del centenario italiano deve essere usata per avviare un rigoroso processo storico di riabilitazione delle tante vittime innocenti di una disciplina militare sanguinaria, che credeva di poter forgiare una forza combattente con la minaccia delle esecuzioni, e giustificare ogni sconfitta scaricandone la colpa sulla vigliaccheria o il tradimento della truppa. Era un’epoca in cui dominavano le teorie militari del colonnello francese de Grandmaison, che predicavano l’«attacco a oltranza», l’offensiva per l’offensiva, l’assalto alla baionetta contro una potenza di fuoco mai vista prima sui campi di battaglia. La dottrina che portò nel 1916 alla follia di Verdun, descritta da Alistair Horne nel suo Il prezzo della gloria (Bur). E dunque chiunque esitava, o anche solo ragionava, prima di andare incontro a morte certa (l’80% della fanteria italiana di prima linea è deceduta in combattimento), veniva punito, e ogni insubordinazione sanzionata con la fucilazione.

Vespa cita statistiche che assommano a 200 mila imputati per diserzione, 170 mila condannati, e 750 condanne a morte eseguite in Italia, le più numerose tra i Paesi belligeranti; cui vanno aggiunte almeno trecento esecuzioni sommarie e migliaia di vittime di decimazioni molto spesso scelte a sorteggio («Ho dato disposizione che alcuni soldati, colpevoli o no, fossero passati per le armi», scriveva il Duca d’Aosta, comandante della Terza Armata). Capitò perfino a uomini appena arrivati al fronte di essere puniti per atti di diserzione cui non potevano aver partecipato (Cazzullo racconta un processo farsa non dissimile da quello narrato da Stanley Kubrick nel suo Orizzonti di gloria ).

Il ministro Roberta Pinotti ha insediato di recente una commissione «per far luce sui soldati italiani fucilati, vittime di singole esecuzioni o di decimazioni sommarie effettuate sul posto, senza processo». Il Pd ha presentato una proposta di legge. È un buon inizio.

Nessun discorso nazionale sulla Grande guerra può infatti cominciare senza una solenne riconciliazione della Repubblica con i discendenti e le famiglie dei soldati il cui nome è stato infangato ingiustamente. Amare è prima di tutto rendere giustizia.

Pubblicato in: TribunaTag: letteratura, mondo
Post precedente:Rosalia Montmasson, la garibaldina di Crispi
Post successivo:2015: tre anniversari che Firenze deve saper onorare

Sidebar

il Comitato Fiorentino per il Risorgimento
è associato al Coordinamento nazionale Associazioni Risorgimentali FERRUCCIO

Sostieni

Sostieni liberamente le nostre attività con un bonifico bancario sul seguente conto corrente
Chianti Banca-Credito Cooperativo S.C.
IBAN IT81R0867302802000000909083

L’editoriale del direttore

Natale in Ucraina

Video

Il video della presentazione nella sala Firenze Capitale del libro CENNI DAL LONTANO PASSATO

Prossimi appuntamenti

Storia versus Barbarie

19/11/2025

1865 – 1870 FIRENZE CAPITALE. La Certosa e l’eversione dell’asse ecclesiastico

29/09/2025

Società e cultura in Toscana dal Congresso di Vienna alla prima Guerra d’Indipendenza (1815/1848) 

20/09/2025

Lettere al Direttore

L’11 AGOSTO 1944, la Liberazione di Firenze, va sempre  celebrata per ricordare il sacrificio dei tanti partigiani che morirono  per la liberazione dell’Italia dal regime nazifascista.

12/08/2025

Focus

PERCHÉ NON CI SONO MANIFESTAZIONI IN DIFESA DEI CIVILI UCRAINI UCCISI?

17/11/2025

Tribuna

ALLA SCOPERTA DI PIETRO LEPOLDO. Le compagnie religiose soppresse, documenti e storia ritrovati

11/11/2025

Luoghi

Via del Canneto

21/05/2025

Mostre

Belle Époque

22/10/2025

Rassegna stampa

LA LAPIDE DI MODENA E L’ITALIA CHE NON ESISTE PIÙ

04/12/2025

Pubblicazioni

Il caso Renan. La prima guerra culturale dell’Italia unita

03/11/2025

LE TROPPE “EDUCAZIONI” RICHIESTE ALLA SCUOLA ITALIANA

01/11/2025

La mente non ha bisogno come un vaso di essere riempita, ma piuttosto come legna di una scintilla che l'accenda e vi infonda l'impulso della ricerca e un amore ardente per la verità. Plutarco, Moralia Mercoledì …

Il segno delle donne di fine Ottocento

26/10/2025

ERSILIA BRONZINI Tra storia e romanzo. Lucia Tancredi racconta le vicende di Ersilia Bronzini e delle altre protagoniste che a Milano cambiarono volto alla società con la mensa dei poveri, la guardia ostetrica, …

La prima guerra civile. Rivolte e repressione nel Mezzogiorno dopo l’unità d’Italia

21/10/2025

In questa ricostruzione storica, rigorosa e appassionante, Gianni Oliva ripercorre quella che fu la prima, drammatica guerra civile italiana. E lo fa senza indulgere nella retorica neoborbonica né dar credito ai …

POST-OCCIDENTE. Come il 7 ottobre riscrive la nostra storia

09/10/2025

Il 7 OTTOBRE ridisegna la storia. Allineati con il Sud del mondo, anche in Occidente molti condividono le ragioni che hanno scatenato il pogrom, e accusano Israele di genocidio. Sono così chiamati in causa i …

Sicurezza, quiete pubblica e decoro urbano: tre emergenze per Firenze

01/10/2025

Dal numero delle città immaginabili occorre escludere quelle i cui elementi si sommano senza un filo che li connetta, senza una regola interna, una prospettiva, un discorso. È delle città come dei sogni: tutto …

XX SETTEMBRE

22/09/2025

XX SETTEMBRE Oggi qui ricordiamo la Breccia di Porta Pia che unì Roma all’Italia e significativamente a 80 anni dalla fine della II guerra Mondiale per la prima volta si ricordano gli IMI, quei 600000 soldati e …

ll tramonto del passato. La crisi della storia nella società contemporanea

19/09/2025

Nelle società democratiche non è soltanto la storia in quanto disciplina ad essere in crisi. È in realtà la percezione stessa del passato che – per una serie di cause analizzate in questo libro – va scomparendo, a …

CHE SENSO HA FARE IL PROCESSO AL PASSATO

14/09/2025

Florence Henri, Composizione – La gloria che fu della Grecia, 1933 c., fotomontaggio È stato Eric Hobsbawm nel suo testo più noto – Il secolo breve – a sottolineare come gli anni 60 del Novecento abbiano segnato …

Il Cubo Nero nel cielo di Firenze

01/09/2025

 Concinnitas: armonia dello stile o del discorso, che risulta da una conveniente disposizione delle parole e dei suoni e ha insieme eleganza e semplicità» (Vocabolario on line Treccani). In origine il termine …

Cinquant’anni fa la morte di Carlo Levi, antifascista a Firenze

27/08/2025

Carlo Levi Autoritratto 1941/ 45 Nel capoluogo toscano lo scrittore torinese morto 50 anni fa scrisse «Cristo si è fermato a Eboli» e fu lì che venne arrestato e incarcerato alle Murate nel 1943 come «ebreo …

  • Il Comitato Fiorentino per il Risorgimento
  • STATUTO
  • Redazione
  • Contatti
  • Link
  • Privacy Policy

Direttore Sergio Casprini | Responsabile della Comunicazione Irene Foraboschi | Webmaster Claudio Tirinnanzi