LETTERE AL CORRIERE DELLA SERA 26 settembre 2024
Caro Aldo, secondo lei la storia dell’Italia post-risorgimentale sarebbe potuta essere diversa se invece di fare dell’Italia uno Stato fortemente centralizzato alla maniera francese si fosse adottata la forma di uno Stato federale come quello tedesco, in parte più rispettosa delle realtà locali? Francesco Foti
Caro Francesco, quando la Germania nacque, non era affatto uno Stato federale. Era uno Stato imperniato attorno alla Prussia conquistatrice. La capitale, Berlino, era la capitale della Prussia e della dinastia Hohenzollern, che aveva di fatto conquistato con le armi il resto del Paese, ponendo fine alla secolare indipendenza di regni, principati, ducati. Il primo esperimento federale fu la Repubblica di Weimar, che com’è noto non fece una bella fine. Solo dopo la catastrofe della Seconda guerra mondiale nascerà la Bundesrepublik, la Germania come la conosciamo oggi, poi allargata a Est, pure qui senza grandi risultati.
La storia italiana è del tutto diversa. Nel 1848 scoppia la rivolta contro l’antico regime in tutto il Paese, e la prima a insorgere è la Sicilia, contro i Borbone (un siciliano neoborbonico è un ossimoro, come il ghiaccio bollente; eppure, ce ne sono tantissimi). Cacciati gli austriaci, i milanesi chiamano in aiuto i Savoia, che purtroppo devono cedere al più forte esercito d’Europa, ma poco più di dieci anni dopo riprendono Milano con l’aiuto francese. A quel punto, sconfitti gli austriaci, crolla tutta l’impalcatura del dominio straniero sulla penisola. Ovviamente non sarebbero bastati i mille volontari di Garibaldi per porre fine alla tirannia borbonica, festa farina e forca: il Regno delle Due Sicilie, retto dal ramo spagnolo di una dinastia francese, si reggeva sulla protezione delle armi straniere, con i cannoni rivolti verso Napoli anziché verso il mare, e si afflosciò su se stesso in poche settimane. La capitale non restò a Torino, ma venne portata prima a Firenze, poi a Roma.
Il Risorgimento italiano, insomma, non fu una conquista militare, fu il risultato di un grande movimento politico e culturale: Cavour e D’Azeglio, Niccolò Tommaseo e Ippolito Nievo, Mazzini e Garibaldi, Hayez e Fattori, e ovviamente Verdi e Manzoni. Poi, certo, sarebbe stato auspicabile uno Stato federale, che avvicinasse le istituzioni al popolo. Ma non lo si è fatto neppure dopo la caduta del fascismo. E in fondo la vera misura del localismo italiano non è la Regione; è il campanile. Le nostre piccole patrie. Aldo Cazzullo