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Prima e dopo la Secessione Romana. Pittura in Italia 1900-1935

29/08/2013

Il Centro Matteucci per l’Arte Moderna prosegue nella sua indagine sul migliore collezionismo italiano del secolo passato e dal 20 luglio al 3 novembre 2013 presenta nella sede di Viareggio la mostra Prima e dopo la Secessione Romana. Pittura in Italia 1900-1935.
Costruita intorno a un nucleo portante di opere provenienti da una raffinata raccolta di arte italiana tra le due guerre, la rassegna rappresenta una deliberata novità per il Centro Matteucci, sinora impegnato a scandagliare in ogni mostra un’unica collezione: in questo caso si è invece voluto ampliare lo sguardo rispetto al periodo storico così ben rappresentato da quella raccolta e ricostruire, seppure sinteticamente, un quadro più vasto, ripercorrendo con esempi di grande qualità, scelti in poche e selezionate altre collezioni private, la cultura artistica italiana negli anni che dalla Belle Epoque attraversano la Grande Guerra, si nutrono felicemente del successivo clima europeo del “rappel à l’ordre” e approdano agli esiti, lungamente rimossi per ragioni ideologiche, ma ormai riconosciuti nel loro valore internazionale, del rinnovato classicismo degli anni Venti e dei primi anni Trenta.

È Giuseppe Pellizza da Volpedo ad aprire la sezione “Sotto l’impulso del nuovo secolo” con L’annegato, 1894, opera fondamentale di un percorso di ricerca tecnica che lo avrebbe portato agli esiti altissimi de Il quarto Stato ed esempio di quel “socialismo umanitario” che arricchisce il divisionismo italiano di contenuti inediti rispetto al pointillisme francese. Lo stesso spirito innerva Lo Scaccino, 1900, di Medardo Rosso (unica scultura in mostra) e ispirerà tante opere divisioniste di Giacomo Balla, artista rappresentato dalla precoce Scena notturna. Parigi, 1900, gemella di quella conservata al Museo del Novecento di Milano. Dei “futuri futuristi” sono esposti con lui Umberto Boccioni, con il ritratto della madre intenta a cucire, 1907, splendido fusain appartenuto a Lamberto Vitali; Carlo Carrà, con un precoce gioiello divisionista come La strada di casa, 1900, e Gino Severini, con il Ritratto del pittore Utter, 1910-1911, un pastello divisionista che, ritraendo il giovane compagno di Suzanne Valadon, prova tra l’altro la partecipazione del nostro artista al migliore ambiente artistico parigino del tempo. Di tema futurista (Macchina in corsa, 1911-1912), ma dai modi schiettamente divisionisti è anche il dipinto di Aroldo Bonzagni, che fu tra i primi firmatari dei manifesti pittorici futuristi del 1910 ma che subito si ritirò, pur continuando a condividere con i compagni d’avventura la passione per il dinamismo e la velocità. Con Giovanni Costetti (Ritratto di Papini, 1903) e Ardengo Soffici (Giocatori di carte, 1909), si entra invece nel fervido ma assai diverso clima culturale della Firenze d’inizio secolo, in cui l’omaggio a Böcklin e la memoria rinascimentale del primo si intreccia con la potente lezione di Cézanne del secondo, frutto della sua conoscenza entusiasta, e di prima mano, dell’impressionismo e del post-impressionismo, avvicinati sin dal 1900 a Parigi e poi promossi instancabilmente in Italia.

La vicenda delle Secessioni Romane – quattro grandi esposizioni che si susseguono nella capitale dal 1913 al 1916 – è affrontata nella seconda sezione e rappresenta uno snodo cruciale nella cultura artistica italiana del primo novecento. Per la prima volta, ed in modo più radicale rispetto alla Biennale di Venezia, si avvia un confronto diretto con le presenze ed i linguaggi internazionali del contemporaneo – innanzitutto francesi, ma anche mitteleuropei e nordici – destinato non solo a provocare il necessario e da più parti invocato aggiornamento, ma a porre le basi per la costruzione di uno stile moderno. Nate dopo l’esplosione futurista per opporsi al passatismo dell’arte ufficiale, ma in polemica con il movimento marinettiano, mai presente come gruppo in alcuna delle esposizioni, le Secessioni ebbero anime molteplici, rappresentando il complesso panorama dell’arte italiana alla ricerca di una propria identità: divisionista, sintetista, cézanniana, espressionista, primitivista. Una galleria di opere che riunendo fra gli altri i nomi di Gino Rossi, Felice Casorati, Armando Spadini, Plinio Nomellini, Lorenzo Viani, Ferruccio Ferrazzi, Felice Carena, ben rappresenta la temperatura variabile di un linguaggio mobile e in costruzione che la tragica cesura della prima guerra mondiale avrebbe indirizzato verso gli esiti affascinanti e controversi dei decenni successivi.

La sezione “Ritorno all’ordine, Novecento Italiano e oltre” prende le mosse da una data precoce, il 1914, con Nascita di Virgilio Guidi e con lo storico Cocomero, fruttiera e bottiglia di Ardengo Soffici. Gli anni postbellici, a partire dal 1916, introducono in ambito italiano e europeo al clima complesso del “rappel à l’ordre”, diffuso dal 1919 ma già presentito da un quinquennio. Lo slancio visionario accelerato dalla guerra conferma la comune tendenza a purificare e a ricostruire le forme, aprendo a una moderna stagione classica, i cui esiti sono percorsi in mostra per tappe essenziali: dalla temperie pre-metafisica di Marina con conchiglie, 1916, di Filippo de Pisis, per la via del realismo sintetico di Ardengo Soffici, tra 1919 e 1920. La ricomposizione spaziale e i valori sintetici della nuova classicità sono testimoniati da opere esemplari come Testa di San Giovanni, 1921, di Giorgio de Chirico, che riporta al clima di “Valori Plastici”; Ritratto di Renato Gualino del 1923, che sigla il “Realismo Magico” di Felice Casorati e da Ritratto della moglie, 1920, di Piero Marussig, tra Jugend e protonovecento. Opere di Achille Funi e Mario Sironi partecipano della classicità matura del Novecento Italiano e il gruppo degli “italiens de Paris“, Giorgio de Chirico, Mario Tozzi, Massimo Campigli e Filippo de Pisis, sono rappresentati con temi parigini e nature morte. La rassegna approda infine ai segnali di superamento del Novecento Italiano attraverso le suggestioni espressionistiche di Ottone Rosai (Case nei dintorni di Firenze, 1932) e di Fausto Pirandello, qui con un capolavoro come La scala, 1934.

Orario:

 dal 20 luglio               martedì- venerdì 17-23, sabato e domenica 10-13 e 17-23,

 dal 16 settembre        martedì-venerdì 15.30-19.30, sabato e domenica 10-13 e 15.30-19.30

 chiuso lunedì

Pubblicato in: Mostre
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