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Il primato delle donne in Europa

01/08/2019

 …Sanno le donne maneggiar le spade,
sanno regger gl’ Imperj, e sanno ancora
trovar il cammin dritto in Elicona.

In ogni cosa il valor vostro cade,
uomini, appresso loro. Uomo non fora
mai per torne di man pregio, o corona.

Leonora della Genga, poetessa italiana del XIV secolo

Il ruolo politico crescente delle donne in Europa è un tema importante, reale, che risulta sempre più centrale all’interno del dibattito politico europeo: in Danimarca i socialdemocratici guidati da Mette Frederiksen nelle recenti elezioni politiche si sono affermati con il 25,9 per cento; in Slovacchia un partito nato solo nel 2017 ha prima vinto le elezioni presidenziali, con Zuzana Caputova, e ha poi vinto le elezioni europee. Invece i Verdi tedeschi, il cui copresidente si chiama Annalena Baerbock, due settimane fa sono arrivati per la prima volta in testa a un sondaggio nazionale, toccando quota 27 per cento; d’altro canto in Scozia il leader del Partito nazionale scozzese, Nicola Sturgeon, fiera oppositrice della Brexit, ha portato il suo partito al miglior risultato mai raggiunto alle europee: 38 per cento. Infine il 2 luglio Ursula Gertrud von der Leyen, una politica democristiana tedesca, è stata designata dal Consiglio europeo alla carica di presidente della Commissione europea. Meno giovane delle altre leader femminili, è anche madre di ben 7 figli.

Sono storie di vittorie europeiste, ma sono soprattutto storie di donne, donne di destra o di sinistra, ma certamente non populiste. Può essere solo un caso, ma la storia degli ultimi anni, in Europa, ci dice che di fronte al machismo dei nazionalisti, di fronte all’arroganza del sovranismo, le leadership femminili quando riescono a essere un mix di competenza e freschezza, un valore aggiunto per quello che dicono e non per quello che sono, diventano in modo naturale modelli politici che riescono a incarnare meglio di altre novità un messaggio cruciale della nostra contemporaneità: l’idea di protezione del nostro futuro.

Ma le donne oggi non sono solo protagoniste nell’agone politico, ma anche in quello sportivo. Ha avuto un grande successo mediatico il recente Campionato del mondo di calcio femminile, seguito nelle dirette televisive da molti uomini, notoriamente appassionati delle vicende calcistiche di famose squadre maschili europee e di carismatici giocatori. Gli italiani  sono stati orgogliosi delle Azzurre, uscite a testa alta dai quarti di finale, per averli fatti appassionare al calcio nella versione femminile, che ha dovuto faticare molto per superare pregiudizi e incomprensibili ostacoli. Peraltro i primi passi delle donne nel football risalgono all’epoca della Prima Guerra Mondiale, quando gli uomini impegnati sul fronte lasciarono molte delle loro tradizionali attività, come il lavoro in fabbrica, alle donne rimaste in patria. Fu proprio nelle officine inglesi che nacquero le prime squadre, che ben presto iniziarono a incuriosire le folle. Il successo inaspettato suscitò peraltro la reazione ostile della Football Association inglese, che nel 1921 decise di emanare un bando che proibiva l’uso dei terreni di gioco alle squadre di calcio femminili, arrestandone al momento la sua espansione. Ciò non ha impedito poi la sua diffusione come pratica sportiva tra le donne e il recente successo del Campionato mondiale per l’appunto lo conferma.

Nella Grande Guerra il ruolo delle donne si affermò anche in altri ambiti sociali e civili: da impegnate nel fronte interno o crocerossine al fronte di guerra, al tentativo di promuovere la pace tra i popoli europei quando nel 1915 all’Aia, in Olanda, ci fu il Congresso internazionale delle donne per la pace, a cui tra le altre delegate partecipò l’italiana Rosa Genoni, creatrice di moda, ma anche attivista politica e intellettuale, amica e sodale di Anna Kuliscioff, e, cosa di non minor importanza, maestra artigiana di giovani sarte presso l’Umanitaria di Milano.

Maestre, scrittrici, giornaliste, ma anche attiviste politiche e sindacali segnano il percorso di emancipazione delle donne, dagli anni della rivoluzione francese e della temperie culturale illuminista fino all’Europa di oggi, nella crescente consapevolezza della identità e dignità di ogni donna.

In Italia il processo di emancipazione femminile avviene soprattutto negli anni del Risorgimento,  quando le donne parteciparono come patriote alle lotte per l’unità e l’indipendenza non solo in prima fila, ma  in molteplici ruoli sociali, nel segno di un fine non meramente nazionalista delle loro rivendicazioni e di un respiro europeo del loro agire.

La storia, quindi, mette in luce il  filo rosso che unisce le donne italiane dell’Ottocento alle donne europee del XXI secolo e  contribuisce a spiegare le ragioni del loro successo nella società attuale.

Sergio Casprini

Pubblicato in: Editoriale
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