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Vernice e insulti sulla statua di Indro Montanelli a Milano

14/06/2020

 

Lo scopo è pretestuoso, il metodo vergognoso

Giangiacomo Schiavi Corriere della Sera 14 giugno 2020 

C’è un vento di stupida emulazione americana dietro l’imbrattamento della statua di Indro Montanelli e c’è sempre più  gente che non avendo altro da fare se la prende con i monumenti scaricando rabbia, insulti e vernice a effetto mediatico. Si può soltanto giudicare con il metro dell’imbecillità che fa notizia lo sfregio alla scultura del grande giornalista nei giardini di via Palestro a Milano. Perché è pretestuoso lo scopo e vergognoso il metodo, che si commenta da solo: si può discutere, contestare e condannare un episodio che appartiene a una storia lontana, a una guerra coloniale con orrori e sopraffazioni comuni a ogni guerra, evitando di scatenare furiose invettive che sfociano in gesti di violenza e in scritte insensate e anche vigliacche. Dare del razzista a Montanelli che ha fatto della libertà, dell’anticonformismo e dell’irriverenza verso il potere e i voltagabbana uno stile di vita e di giornalismo, vuol dire non conoscerlo nemmeno. A Montanelli non sono mai piaciuti i monumenti e nemmeno le glorificazioni. Se qualcuno l’ha fatto nei giardini pubblici di Milano, in questo caso l’ex sindaco Albertini, è perché Montanelli è stato un simbolo, il testimone di un secolo, un monumento lui stesso per il giornalismo e per la cultura liberale aperta al dissenso * Ai nostri occhi la storia della giovane abissina e del soldato che ne fa la sua sposa bambina per un’usanza vergognosa dell’esercito regio è una storia sbagliata  Ma ci fa vergognare di più chi se la prende con un episodio di novant’anni fa da inserire nel contesto di un’epoca e di una guerra coloniale, quando ancora oggi in tante parti del mondo tante donne minori, indifese e sole, sono vittime di soprusi inaccettabili, di usurpazioni e violenze tollerate da famiglie e da governi ciechi, che ignorano ogni umanità. Quella che Montanelli aveva, e i suoi imbrattatori non hanno.

 *…Roberto Cenati guida l’associazione milanese dell’ANPI. E rimane fermo sulla posizione già espressa, un invito ad analizzare l’intera vita e la professione del giornalista: «Nessuno vuole difendere quel passato. Ma ricordo che il monumento a Montanelli è stato costruito a pochi passi da dove fu gambizzato dai brigatisti. Ha un significato particolare, questa statua. Quei terroristi avevano voluto colpire la libertà di stampa”…

 Andrea Galli e Maurizio Giannattasio Corriere della Sera   14  giugno  2020

La foto del 1940 che ha ispirato la statua

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato in: Rassegna stampa
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