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Il “rammendo” della Storia     

01/11/2019

Poiché conta solo ciò che sta per essere o che sarà, il passato nella scuola perde qualunque aspetto esemplare e del pari s’indebolisce molto fino a venir meno del tutto il peso della tradizione e la fede nel suo significato…Cancellando così, tra l’altro, una funzione importante della continuità culturale: quella che consente ai membri di qualunque società di percepirsi con delle radici, di sentirsi eredi di qualcosa anziché individui gettati casualmente nella vita.

Ernesto Galli della Loggia, L’Aula vuota, Marsilio  

Nel suo recente libro L’aula vuota sul declino della scuola (strettamente legato a quello della società italiana) Ernesto Galli della Loggia indica tra le sue cause il venir meno dei saperi umanistici e in particolare il non aver coltivato la memoria storica del nostro Paese. Parlare di memoria storica – italiana ma anche europea – non significa solo riaffermare i valori e i principi costitutivi della civiltà occidentale, ma anche concretamente prendersi cura di ciò che nei secoli si è stratificato: le piazze, i monumenti, gli edifici, insomma tutte le grandi e piccole tracce che ci ricollegano al passato di cui il presente in cui viviamo è il risultato.  

A fronte del quadro pessimistico e allarmato delineato da Galli della Loggia, ma anche di altri intellettuali, non dobbiamo comunque trascurare tutto ciò che nella società opera nel senso opposto, a cominciare dai programmi che da anni vanno in onda su Rai Tre e Rai Storia, come il pregevole Passato e Presente condotto da Paolo Mieli. Nella società civile cittadini illuminati, esponenti di associazioni culturali e di istituzioni locali promuovono miriadi di iniziative per far conoscere all’opinione pubblica fatti, personaggi, luoghi della storia patria; e un’importanza particolare hanno quelle che riguardano il nostro Risorgimento, considerando le deformazioni e il relativo oblio che lo hanno riguardato negli ultimi decenni. Sono a volte lacerti di una storia minore che però, ricuciti pazientemente, nel tempo possono ricostruire il tessuto storico di un paese, di una nazione, dell’Europa.

Un esempio recente, tra i tanti possibili, riguarda una lapide posta a Firenze dal Comune nella centrale via de’ Neri:

A Giuseppe Barellai

soldato dell’Indipendenza italiana

maestro valente nell’Arte della medicina

in quello della carità valentissimo

fondatore degli Ospizi marini

qui morto il III dicembre del MCCCLXXXIV

 

La riscoperta di questa lapide ormai dimenticata fu l’occasione per organizzare un convegno sulla bellissima figura di questo medico filantropo, che aveva curato i bambini tubercolotici indigenti e realizzato tra l’altro le prime colonie marine; e che fu anche un patriota (partecipò alla battaglia di Curtatone come medico, e fu fatto prigioniero dagli austriaci) e un protagonista della vita pubblica di Firenze nell’Ottocento. Il convegno, promosso dall’Università di Firenze, dal Centro di Documentazione di Storia della Sanità Toscana, dalla Misericordia di Firenze e dal Comitato Fiorentino per il Risorgimento, si svolse nel rinascimentale salone Brunelleschi dell’Ospedale degli Innocenti di Firenze con un buon successo di pubblico. Una storia apparentemente minore del Risorgimento toscano mise invece in evidenza la stretta relazione tra il processo storico unitario del nostro Paese e le dinamiche modernizzatrici della società e della sanità in Toscana e a Firenze. Non solo: l’eco mediatica di questa iniziativa coinvolse anche i docenti e gli allievi della scuola media Barellai di Pratolino vicino a Firenze. Infatti gli studenti, ignari delle ragioni del nome della loro scuola, sotto la guida dei loro insegnanti, fecero una ricerca storica coinvolgendo gli abitanti di Pratolino, realizzarono poi una mostra con documenti, immagini e perfino un video e infine, insieme al comune di Vaglia (di cui Pratolino è una frazione) organizzarono una pubblica e partecipata cerimonia di intitolazione ufficiale della loro scuola a Giuseppe Barellai, non più figura anonima, ma degna di essere annoverata tra quelle che fecero l’Italia. Dunque un esempio, questo, di circuito virtuoso tra società civile e mondo della scuola nella riscoperta del passato di cui i giovani d’oggi si devono riappropriare per stringere un vivo e sentito rapporto con i loro nonni e i loro avi.

Un altro caso di recupero della memoria a partire da una lapide trascurata si è concluso felicemente da pochi giorni. Due anni fa un cultore di storia della Romagna Toscana, discendente di notabili ottocenteschi di San Benedetto in Alpe, denunciò pubblicamente il degrado di una lapide del periodo dei Lorena, precisamente del 1836, posta sul muraglione che dà il nome al passo che collega Forlì e Firenze (oggi punto d’incontro cult per gli appassionati di motociclismo).

Questa strada la si deve infatti al Granduca Leopoldo II, che volle questa infrastruttura per facilitare gli scambi tra la Romagna e la Toscana; scambi commerciali, ma anche culturali, tra i due popoli divisi dall’Appennino. All’apertura della carrozzabile, nel 1836, sul passo fu posta appunto una lapide a ricordo dei lavori voluti dal Granduca e diretti dall’architetto Alessandro Manetti. L’allarme sul degrado e sulla necessità di un rapido restauro ebbe eco presso altri esponenti della comunità tosco-romagnola, presso istituzioni culturali come l’antica e prestigiosa Accademia degli Incamminati di Romagna, presso le amministrazioni locali e ricevette anche il supporto dei Comitati risorgimentali della zona, da Firenze al Mugello e alla Romagna toscana. L’Accademia degli Incamminati si è assunta l’onere della raccolta dei fondi necessari per i lavori di restauro e, vincendo le resistenze burocratiche dei vari enti preposti alla tutela del manufatto in tempi relativamente brevi (data la notoria lentezza dei lavori pubblici in Italia), ha portato a termine i lavori. Sabato 19 ottobre si è svolta una festosa cerimonia d’inaugurazione alla presenza dei sindaci di San Godenzo e di Portico di Romagna e con gli interventi di docenti universitari di Storia e di Economia.

La cura della memoria storica dell’evento è stato invece compito dei Comitati toscani del Risorgimento, in primis quello del Mugello, che hanno promosso un momento di riflessione sull’importanza dell’opera promossa dall’ultimo Granduca di Toscana con un convegno che si terrà sabato 9 novembre a Dicomano e una mostra che verrà inaugurata nella stessa data. Una mostra che nei giorni successivi verrà visitata anche dagli allievi delle scuole di Dicomano. Entra pertanto nelle aule scolastiche un brano di storia non solo locale, ma anche nazionale, in quanto l’esigenza di modernizzazione economica portata avanti dai Lorena in Toscana e in Romagna con la creazione di nuove ed efficienti vie di comunicazione sarà poi sviluppata ulteriormente nella fase decisiva del Risorgimento a partire dal Piemonte di Cavour.

Altri esempi ancora potrebbero essere fatti sull’importanza di questo volontariato culturale presente nella società italiana, che ha il merito di questo “rammendo” del tessuto storico del nostro Paese. Siamo certamente consapevoli dei vuoti culturali che oggi caratterizzano la scuola italiana, ma è incoraggiante sapere che nella società civile esistono ancora forze vitali che si impegnano  per contrastare la perdita della memoria storica di un popolo; e chissà se un cauto ottimismo della volontà possa nel tempo compensare il non infondato pessimismo della ragione.

Sergio Casprini

 

 

 

Pubblicato in: Editoriale
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