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Fare l’Europa e… fare gli europei

01/06/2019
… Un’Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna, di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto. La fine di questa era sarà riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro la disuguaglianza ed i privilegi sociali…Oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge così diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie tra i giovani…. La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà.
Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, Il Manifesto di Ventotene 1941

 

Altiero Spinelli è stato uno dei Padri dell’Unione europea. Negli anni della Seconda guerra mondiale maturò la convinzione che solo una federazione degli stati europei avrebbe potuto evitare in futuro il ripetersi di nuovi tragici conflitti mondiali. Una convinzione che condusse al celebre Manifesto di Ventotene, scritto insieme a Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi quando da militante antifascista era al confino in quell’isola. Il Manifesto, depurato da tutti gli accenti marcatamente ideologici di sinistra, fu poi ripreso nel programma del Movimento federalista europeo, fondato da Spinelli nel 1943, non appena tornato in libertà, e negli anni successivi alla Liberazione dedicò il suo impegno politico, prima come parlamentare italiano poi come parlamentare europeo, alla realizzazione del progetto di unificazione europea.

Il 14 febbraio 1984, il Parlamento europeo adottò a stragrande maggioranza su sua proposta il “Progetto di Trattato istitutivo dell’Unione europea”, il cosiddetto “Piano Spinelli”. I Parlamenti nazionali non ratificarono il Trattato, ma il documento costituì la base per l’Atto unico europeo del 1986, che aprì i confini nazionali al mercato comune, e per il Trattato di Maastrict del 1992 con cui nacque l’Unione europea. Altiero Spinelli morì nel 1986 e l’edificio principale del Parlamento europeo a Bruxelles porta il suo nome in sua memoria.

A distanza però di più di trent’anni dalla sua morte, pur non ripetendosi le tragedie del ’900 sul suolo europeo, il sogno di Altiero Spinelli di un Europa politica sovranazionale non si è ancora realizzato. Sulla scia di Gramsci e della sua nota definizione del Risorgimento italiano, si potrebbe definire “una rivoluzione incompiuta” anche il “Risorgimento europeo” perseguito da Spinelli. Ciascuno dei 28 stati dell’Unione Europea, che pure hanno accettato una serie di “cessioni di sovranità” soprattutto in campo economico-finanziario, ha ancora numerose competenze esclusive, un proprio esercito, una propria politica estera; e nove di essi conservano a tutt’oggi la loro moneta nazionale. E di fronte alla questione drammatica delle migrazioni di massa verso l’Europa è finora stato impossibile trovare un accordo che tuteli i paesi più raggiungibili dalle coste africane.

Il processo di unificazione sta in effetti vivendo una situazione di crisi, dovuta in particolare al contrasto tra i partiti populisti e sovranisti e le istituzioni europee, riproducendo quel conflitto tra campagna e città, tra periferie e centri di potere politico-economico, che ha segnato la storia dei risorgimenti nazionali nell’Europa dell’Ottocento. Le rivoluzioni per l’indipendenza nazionale come quella italiana hanno però promosso processi costituenti, che hanno portato dallo Statuto Albertino del 1848 alla Costituzione repubblicana del 1948, non dimenticando la felice se pur breve esperienza della Costituzione della Repubblica romana del 1849.

Nei primi anni di questo secolo la costruzione dell’Unità europea sembrava cosa fatta con la solenne cerimonia di firma della Costituzione europea a Roma nella sala degli Orazi e dei Curiazi in Campidoglio il 29 ottobre 2004. Venticinque capi di Stato e di Governo e altrettanti ministri degli Esteri si sono messi in fila a firmare un corposo documento composto di ben 448 articoli e 36 protocolli.

Ma la Costituzione non entrerà mai in vigore. A bocciarla ci hanno pensato i francesi e gli olandesi in due referendum tra maggio e giugno 2005. A seppellirla definitivamente provvederanno britannici, polacchi e danesi sospendendo i loro referendum e rendendo così impossibile la ratifica.

Il fallimento della Costituzione Europea è nato dalla mancanza di un vero processo costituente dal basso, che avrebbe garantito più potere a Bruxelles rispetto ai governi nazionali con una vera rifondazione di sovranità e di legittimità democratica. Un popolo che si dà una Costituzione la mette a fondamento della propria cittadinanza: si dovrebbe dunque essere prima di tutto cittadini europei, e solo in secondo luogo italiani, francesi o tedeschi.

E poi non sono state suscitate le nuove energie dei giovani come si auspicava nel Manifesto di Ventotene, anzi oggi sono mancati proprio quella passione civile e quegli ideali patriottici che hanno reso possibile la partecipazione nell’Italia dell’Ottocento di migliaia di giovani volontari alla lotta per l’Indipendenza nazionale. Negli ultimi anni molti giovani italiani hanno viaggiato per l’Europa, alcuni la scoprono come turisti, altri vi studiano o vi trovano lavoro, ma molti la vivono in un eterno presente dentro la dimensione di una società globalizzata e cosmopolita, senza un vero sentimento di appartenenza né alla patria d’origine né a quella europea. Riscoprire, attraverso una rigorosa formazione culturale, i valori costitutivi di una società civile e politica, dalla famiglia alla comunità nazionale o sovranazionale, coltivare la memoria storica delle vicende dei popoli, delle nazioni, degli stati può essere il viatico per sentirsi, con passione e razionalità, sia italiani che europei e per riprendere quel cammino – né facile né sicuro – tracciato a Ventotene nel lontano1941.

Sergio Casprini

Pubblicato in: Editoriale
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