Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna chiedono poteri maggiori in una grande quantità di materie, dalla sanità all’istruzione Ernesto Galli Della Loggia Corriere della Sera 14 febbraio Sta arrivando sul tavolo del governo il piatto con la patata bollente della richiesta da parte di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna – suffragata da un referendum popolare che si tenne l’anno scorso – che si dia contenuto concreto alla cosiddetta «autonomia regionale differenziata». In pratica la richiesta di un ulteriore ampliamento dei poteri delle tre regioni suddette a cui si prevede che presto si accoderanno (anche se probabilmente con richieste di minore portata) pure Piemonte, Liguria, Toscana,Umbria e Marche. La richiesta di maggiori poteri riguarda una gran quantità di materie ed è di tale misura da sancire di fatto, tra l’altro, la fine del servizio sanitario nazionale e del sistema nazionale dell’istruzione, il potere di veto delle regioni sulla realizzazione delle infrastrutture, la parcellizzazione delle normative in tutta una serie di ambiti, dai beni culturali all’ambiente, e infine, nonché, cosa d’importanza decisiva, la proporzionalità del finanziamento dei servizi sociali di ciascuna regione al suo gettito fiscale. In pratica — ed è questa che conta, contano i fatti e le loro conseguenze effettive, non le formule tortuose con le quali si può sempre nascondere la verità e far credere qualcos’altro — se tutte queste richieste o anche solo la loro parte più importante fossero accolte, a più o meno breve scadenza l’intero Centro-Nord della Penisola diventerebbe un Paese a sé. I cui cittadini avrebbero la possibilità di godere di ...
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