Capanno Garibaldi Via Baiona Area industriale di Ravenna
I luoghi della Storia. Roberto Balzani racconta i posti della penisola che celebrano il Risorgimento, riannodando i fili del ricordo che legano gli italiani
Luigi Mascilli Migliorini Il Sole 24 ore 31 marzo
A leggerlo, questo bel libro di Roberto Balzani sembra di sfogliare le pagine di uno di quei Viaggi (il pensiero va subito a quello di Guido Piovene) che accompagnarono negli anni 50, accanto a molte esperienze documentaristiche, cinematografiche e televisive, la scoperta di quello che l’Italia stava diventando grazie al boom economico. C’è lo stesso stupore per un territorio che non è più quello che si pensava che fosse, di uno spazio che è cambiato sotto i nostri occhi quasi inconsapevoli e di un tempo che ha setacciato, con la nostra medesima inconsapevolezza, fatti, cose, persone, definendo gerarchie della memoria del tutto inattese.
A differenza, però, dei paesaggi urbani e rurali colti in quegli anni, visibilmente in divenire, ciò che accompagna Roberto Balzani nel suo “andare per” i luoghi del Risorgimento è uno skyline fissatosi essenzialmente tra gli anni 80 e 90 del secolo trascorso, irto di relitti postindustriali e di abusivismi postmoderni, che parla il linguaggio di un irrimediabile non ritorno. Tutto, cioè, sembra segnato da una sorta di “non pensato”, da una antropizzazione incosciente e non più rimediabile, da una bruttezza, perfino, che contagia ovunque una penisola di assoluta e resiliente bellezza.
E la memoria ne soffre. Così –per continuare sul filo del paragone – se le celebrazioni del primo centenario dell’Unità italiana furono, nel 1961, la festa di una nazione rafforzatasi nella tragedia e orgogliosa della propria reazione, quelle che hanno accompagnato, nel 2011, il ricordo del centocinquantesimo anniversario della stessa Unità, sono apparse affaticate, cariche di risentimenti reciproci, esitanti nel trovare la forza di una storia comune che, come una pianta poco innaffiata, nessuno aveva negli ultimi decenni autenticamente coltivato.
In diverse tappe di questo viaggio l’attenzione è rivolta, dunque, agli interventi memoriali nati intorno o immediatamente dopo le celebrazioni del 2011. È il caso di Brescia e dell’innovativo percorso espositivo del Museo del Risorgimento ospitato nel Castello simbolo della ostinata resistenza di una città che, non a caso, si volle definire, per quanto accadde nelle giornate del 1849, la “leonessa d’Italia”. Oppure, sempre intorno al ricordo delle sfortunate rivoluzioni del 1848-49, l’originale allestimento che a Roma, a Porta San Pancrazio, racconta l’ultima difesa della Repubblica voluta da Mazzini e da Garibaldi. Non distante, peraltro, da questo piccolo Museo, il testo integrale della Costituzione della Repubblica Romana è riprodotto oggi su un pannello di pietre artificiali di cinquanta metri lungo la Passeggiata del Gianicolo.
L’uso della scrittura come segno grafico memoriale si ripete poi a Pisa nella Domus Mazziniana, rinnovata anch’essa nelle modalità di presentazione dei materiali in essa contenuti, dove il giuramento della Giovane Italia sovrasta, con la sua successione di parole, la facciata dell’edificio.
In questi, come in altri non trascurabili interventi – a Genova, a Caprera, all’Altare della Patria ancora a Roma – è evidente che il segno memoriale immaginato nel 2011 (e fortemente voluto dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano) è stato quello di un diretto rapporto tra la tradizione democratica del Risorgimento italiano e la Repubblica nata dalla Resistenza.
Nell’apprezzarne la scelta (bella, ad esempio, la pagina in cui si ricorda che Ferruccio Parri, il primo presidente del Consiglio dell’Italia postfascista, riposi nel cimitero monumentale di Staglieno accanto a Giuseppe Mazzini e ad una nutrita schiera di repubblicani, tra i quali anche Michele Novaro, l’autore del testo del nostro Inno nazionale) Roberto Balzani sembra avvertire, tuttavia, in essa più il senso di una conclusione che l’avvio – come pure era nelle intenzioni ed è nella rilevanza delle realizzazioni – di una nuova stagione memorialistica per il nostro Risorgimento.
L’argomento che egli sviluppa, però, lungo un itinerario che dalla Milano napoleonica e dalla Torino sabauda si spinge fino alla Sapri dell’infelice Pisacane alla Palermo delle Camicie Rosse, non solo evita che questa percezione si colori di pessimismo, ma rappresenta una proposta certo storiografica, ma assai più civile. Insomma – ci dice Balzani – se, anche grazie al lavoro condotto intorno al centocinquantesimo Anniversario dell’Unità oggi poggiamo le nostre basi su un rinnovato raccordo (anzi accordo) tra Risorgimento e Italia democratica e repubblicana, è bene che a ciò segua la valorizzazione di una componente territoriale – di comunità si direbbe oggi – che è elemento costitutivo del formarsi della nazione italiana.
L’Italia è, cioè, fatta di memorie plurime e plurali quante sono state le storie che prima, durante e dopo il Risorgimento gli Italiani – vero tessuto connettivo delle vicende plurisecolari di una penisola che altrimenti si sarebbe potuto immaginare, e fu immaginata, come “una espressione geografica” – hanno vissuto e che conservano nei loro singoli luoghi.
La memoria di un’Italia unita e democratica si costruisce, cioè, tessendo – come fanno queste pagine che si avvicinano con la stessa pietas al Capanno di Mandriole dove trovò rifugio Garibaldi in fuga e all’Ossario di Solferino, battaglia tra le più sanguinose di quelle combattuta nell’Europa dell’Ottocento – memorie di comunità, fili del ricordo degli Italiani e del rapporto che continua a legarli, attraverso la nazione unita, ai piccoli mondi nei quali hanno vissuto e sofferto.
Roberto Balzani
Andare per i luoghi
del Risorgimento
Il Mulino, pagg. 176, € 13