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Il patrio suolo e i ragazzi venuti da lontano

04/01/2018 da Sergio Casprini

Caro Direttore

Cari  amici risorgimentali, sulla situazione reale dei minori stranieri in Italia, di cui ho avuto qualche esperienza, come insegnante e come operatore volontario, posso testimoniare che la vita di molti di questi ragazzi, nel nostro Paese, si svolge di fatto all’insegna della precarietà, e che li vedo meno tutelati, rispetto ai loro coetanei in possesso della cittadinanza italiana, per quanto riguarda il diritto alla salute, all’istruzione e alla possibilità di orientare il proprio futuro. Sulla questione, prima di dar fiato alle proprie opinioni, paure e pulsioni, più o meno viscerali, bisognerebbe documentarsi, ognuno di noi, su quanto le nostre leggi attualmente prevedono a favore dei minori stranieri, sul vissuto di ragazzi e genitori, su quanto in Italia resta da fare, sul piano della legalità e della pratica di buon governo, perché i diritti vengano ugualmente riconosciuti e garantiti. Quello che segue è l’estratto di un articolo comparso su internet / Il Post del 4 maggio 2017, di cui purtroppo non ho potuto rintracciare l’autore ma che giudico chiaro, ben documentato e utile per cercare di capire:

È vero che tutti i minori dipendono sempre dalla condizione economica e lavorativa dei genitori, ma per i minori stranieri questa dipendenza è ancora più forte: la perdita del lavoro del genitore significa anche la perdita del permesso di soggiorno e, di conseguenza, della possibilità di vivere legalmente sul territorio, avere una casa e così via.

Il permesso di soggiorno è legato al contratto di lavoro. Questo significa che, a meno che non si abbia un contratto a tempo indeterminato e un permesso di soggiorno a tempo indeterminato, ogni variazione della situazione lavorativa può comportare la perdita del permesso. Purtroppo la maggior parte degli stranieri – come anche è per molti italiani – non ha un contratto a tempo indeterminato: sono costretti ad alternare lavori temporanei a periodi di disoccupazione. In quest’ultima condizione, se si è iscritti ai centri per l’impiego, si ha la possibilità di veder rinnovato per altri sei mesi il permesso di soggiorno scaduto, una volta perso il lavoro. Se non si trova una nuova occupazione in questo arco di tempo, è possibile prorogare di altri sei mesi l’iscrizione al centro per l’impiego e veder rinnovato il permesso di soggiorno, ma questo può essere fatto solo una volta: dopo, se non si è trovato un altro impiego, si perde anche il permesso di soggiorno.
Un’altra questione legata al permesso di soggiorno è quella della residenza. Gli stranieri devono fare molta attenzione a essere sempre iscritti nei registri di residenza del comune dove vivono, perché è in base agli anni di iscrizione continuativa che possono poi ottenere la cittadinanza.
Ogni volta che scade il permesso di soggiorno, bisogna andare in comune a riconfermare la residenza. Quest’obbligo, che si chiama 
rinnovo della dimora abituale, riguarda solo i cittadini stranieri extracomunitari. Se il rinnovo non avviene, il comune avvia in modo automatico la procedura di cancellazione della residenza.

Questi stati di precarietà si riflettono direttamente sulla vita dei bambini: la perdita del permesso di soggiorno del genitore determina l’irregolarità di tutto il nucleo familiare, anche dei bambini che in Italia siano nati e non abbiano mai vissuto nel paese di cui invece sono cittadini per discendenza. Inoltre, al permesso di soggiorno del genitore è legata l’iscrizione al sistema sanitario nazionale. Anche per gli stranieri, l’iscrizione è obbligatoria nel momento in cui si ha un contratto di lavoro e la copertura viene estesa a tutti i familiari a carico regolarmente soggiornanti in Italia: perdendo il lavoro, si perde anche questa garanzia per sé e per la propria famiglia.

Ci sono poi questioni non legate ai genitori, per esempio la possibilità di muoversi oltre confine o fare sport agonistico. Chi è molto bravo in uno sport, tanto da poter essere inserito nelle selezioni giovanili, non può far parte delle selezioni nazionali perché formalmente straniero. Andare a studiare in un altro paese per alcuni mesi, poi, può interrompere il conteggio degli anni di residenza continuata e necessaria per il riconoscimento della cittadinanza italiana una volta maggiorenni. Per andare in gita all’estero con i propri compagni, invece, i minori stranieri possono avere bisogno di chiedere un visto.

Livio Ghelli

 

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