
LETTERE al Corriere della Sera 16 luglio 2025
Caro Aldo, nella serie «I grandi italiani» lei cita Cavour e Garibaldi come decisivi nella realizzazione dell’unità della nostra patria. Ritengo che sarebbe doveroso ricordare il contributo di Giuseppe Mazzini. Fu lui il primo, dopo i fallimenti dei moti del 1821 e del 1830, a porre in maniera chiara i dati della questione italiana: necessità di eliminare la presenza straniera (leggi austriaca) nella penisola. I successivi moti mazziniani, se da un lato fallirono nel loro obiettivo immediato, ebbero, peraltro, il merito di tenere aperto nei tavoli delle cancellerie europee un problema che non poteva essere risolto con la semplice repressione. Ma Mazzini fu anche, quando era necessario, prammatico nell’accettare che a un certo punto fosse Casa Savoia a guidare il movimento risorgimentale, anche se avrebbe preferito che l’unità fosse proclamata non mediante i plebisciti, ma attraverso la deliberazione di una Assemblea costituente. Solo i fatti dolorosi di Aspromonte e la condotta infelice della terza guerra d’indipendenza convinsero Mazzini a riprendere la strada dell’intransigenza repubblicana, ponendo fine a quello che lui stesso chiamò compromesso. Antonello Mascia Presidente Ami Cagliari
Caro Antonello, Per quanto abbia commesso molti errori politici — a cominciare dalla disastrosa spedizione in Savoia, che puntava a destabilizzare l’unico Stato italiano che poteva riunificare la penisola, il Piemonte —, Giuseppe Mazzini è senz’altro tra i padri della patria. Per comprenderne la figura dobbiamo partire da una premessa. Il concetto di patria e di nazione, così come noi lo intendiamo, è un’invenzione ottocentesca; appunto, il secolo di Mazzini. Quando Sancho Panza, dopo mille pagine di peripezie, torna con don Chisciotte al borgo della Mancha, si inginocchia e grida: O patria mia! Qui ci sono i miei morti, qui ci sono i miei ricordi… quella era la patria nel Seicento: il paesello d’origine. Non soltanto l’Italia, anche la Spagna era un’espressione geografica. Non esisteva una nazione spagnola; esisteva l’impero sul quale, com’è noto, non tramontava mai il sole. L’ottocento è il secolo delle nazioni. Gli imperi iniziano a disgregarsi. Il concetto di nazione non è necessariamente un concetto di destra. Mazzini sognava una Giovine Europa, non soggetta a un imperatore, in cui liberi Stati nazionali si associavano in nome del bene dell’umanità. Un sognatore? Certo. Ma a lui dobbiamo la più avanzata tra le costituzioni dell’Ottocento: la costituzione della Repubblica romana, con la scuola pubblica, gratuita e obbligatoria, e il suffragio universale, con assoluta parità tra uomini e donne. Ci sarebbe voluto un secolo per arrivarci definitivamente. Il tutto in un mondo in cui l’uguaglianza dei diritti è sempre più negata, e in un Paese che oggi per metà rimpiange i Borbone, la monarchia assoluta, le forche, la tortura, l’inquisizione. Diciamo che uno come Mazzini non ce lo meritiamo.
Aldo Cazzullo



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