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L’Italia del lavoro

01/05/2013 da Sergio Casprini

 p31_09Il 1 maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue.

 Il 20 luglio 1889 a Parigi al congresso della Seconda Internazionale si decide che ogni anno una grande manifestazione sarà organizzata per il Primo Maggio, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni approvate dal Congresso di Parigi. Nasce così la festa del lavoro, come festa internazionale, con manifestazioni e spettacoli in tutte le città e paesi del mondo.

Ma la realtà del lavoro è sempre la stessa rispetto a quella della fine dell’Ottocento? In quegli anni a livello internazionale a seguito della sviluppo industriale si stava affermando la grande fabbrica e di conseguenza con la nascita dei partiti e dei sindacati dei lavoratori si imponeva la questione della classe operaia nell’ambito delle relazioni sociali, politiche con nuove visioni culturali ed ideologiche.

Oggi con la globalizzazione, con la riorganizzazione del modo di produzione capitalistica, con il passaggio alla società post-industriale, con l’ampliamento della base degli aderenti ai sindacati è venuta meno la mitologia del lavoro di fabbrica e della lotta di classe.

In Italia in particolare a fronte della grande fabbrica sta assumendo di nuovo rilevanza il mondo della media e piccola impresa, e tra queste la  bottega artigianale, che storicamente appartengono alla tradizione nazionale e locale e che pongono anche la questione di una nuova rappresentanza politica e sindacale

Nell’ottocento era nata a Firenze nel 1861 La Fratellanza Artigiana d’Italia  e si era affermata immediatamente come la più importante associazione “operaia” nel panorama nazionale, sia per numero d’iscritti sia per ambizioni e prospettive politiche. Nell’intenzione dei suoi promotori, doveva estendersi a tutto il nuovo Stato e unificare, secondo l’espressione di Mazzini, “tutta la classe operaia da un punto all’altro d’Italia”. L’istruzione, come strumento per integrare i lavoratori nel nuovo stato nazionale, era al primo posto fra le sue finalità statutarie. La Fratellanza venne  così a rappresentare una delle proposte più interessanti  nell’ottocento della pedagogia lavorista e insieme patriottica, per l’affermazione di una identità nazionale presso le classi popolari e lavoratrici.

Pertanto, non certo in un’ottica nostalgica ed anacronistica, oggi una via d’uscita alla crisi economica ed alla precarietà giovanile potrebbe  essere  la valorizzazione del Made in Italy e del mondo dell’artigianato, sostenuto da un’adeguata istruzione professionale, basata su un mix di tecnologie tradizionali ed innovative. Così le nuove leve del mondo del lavoro, i cosiddetti nativi digitali, potrebbero avere una forte identità professionale con radici nazionali e nello stesso tempo capacità di interagire con il mondo dell’economia globalizzata.

Ed il Primo maggio non sarebbe più la festa del lavoro del passato, con le sue mitologie drammatiche ed eroiche, ma la festa del lavoro del prossimo futuro!

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