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IL FASCISMO NON E’ FOLKLORE

20/03/2021 da Sergio Casprini

Caro Direttore, poco più più di due secoli fa, a Parigi, una signora girondina, che aveva idee troppo indipendenti per piacere alla Convenzione, si trovava sulla carretta che doveva condurla alla ghigliottina. Passando il carro davanti alla statua della Libertà fu udita esclamare: “Oh Libertà, quanti delitti si commettono in tuo nome!”. Si chiamava Marie-Jeanne Roland de la Platièr, fu Madame Roland o semplicemente Manon per gli amici.

La girondina Madame Roland

–E a me che me ne importa? Qualcuno di noi potrebbe dire, parodiando Renato Carosone. Il fatto è che ormai non ci importa più di un sacco di cose, antiche e nuove, anche di quelle che ci dovrebbero far riflettere. Per esempio, non ci importa granché di tante piccole sospensioni della democrazia che ogni giorno dobbiamo subire, contrabbandate in nome della libertà di espressione e quindi della libertà e della democrazia.
Fra qualche settimana a Dongo (provincia di Como), dove fu fucilato Mussolini, è in programma un nuovo raduno neofascista, come già c’è stato l’anno scorso e come sta avvenendo ormai da qualche anno.
Qui infatti la scorsa estate (25 luglio 2020), si svolgeva un’altra volta, indisturbata, una doppia commemorazione pubblica per Mussolini e per i gerarchi fascisti fucilati nel ’45. Sul lungolago ci sono stati inni, saluti romani, è apparsa la bandiera della Repubblica Sociale e si vedevano molte camicie nere (diversi partecipanti, però, optarono più convenientemente per t-shirt nere, perché faceva caldo…). Molte grida di “Presente!” scandite tante volte, in coro, sul lungolago, chiamando all’appello i martiri fascisti; a sua volta davanti al cancello di Villa Belmonte, luogo della fucilazione di Mussolini, c’erano manifesti del duce, una grande corona di fiori, bandiere, fasci e manifesti con motti tipo: Solo Dio può piegare la volontà fascista. Gli uomini e le cose mai!
In ricorrenza della Marcia su Roma il 28 ottobre 2018 e di nuovo, il 27 ottobre 2019 a Predappio (provincia di Forlì) luogo di nascita di Benito, si sono svolti raduni più consistenti –la stampa locale parlava di due-tremila persone-. Del resto Predappio per tre quarti dell’anno è sempre meta di pellegrinaggio, con nuovi nostalgici con svastiche tatuate, bandiere di Ordine Nuovo, uniformi e tutto il resto. Comprano paccottiglia (bandiere con l’aquila, capoccioni del duce da tenere in casa, bottiglie di lambrusco con Mussolini e Hitler sull’etichetta, calendari, tazze e magliette col ritratto e frasi del duce). C’è tutta un’economia che vive di questo.


Ma il fascismo non è un gadget, e tantomeno folklore. E considerare folkloristiche manifestazioni di questo tipo -in fondo si tratta di bambinoni che vogliono mascherarsi, se li sai prendere sono pezzi di pane!- sarà magari utile a qualcuno, ma non è giusto. Perché poi questi bambinoni, sulle loro magliette stampate e sempre più attivi su internet, proclamano di voler riaprire i forni crematori, per metterci quelli di sinistra, gli omosessuali, gli ebrei, i negri e via dicendo. E qualcuno di loro, per non annoiarsi e per insegnare chi è che comanda, si diverte con gli amici a riempire di botte un lavapiatti pachistano che di notte torna dal lavoro, o un barbone che dorme su una panchina.
Siamo un Paese che ha vissuto stragi, attentati, tentativi di colpi di stato, gran parte di questi ancora impuniti. Dietro Piazza Fontana, Brescia, l’Italicus, Bologna, lungo un intero quarto di secolo di terrorismo nostrano, c’erano intelligenze criminali, elementi deviati dei servizi segreti, e una manovalanza frustrata, di tendenze violente, istruita all’odio, dogmaticamente indottrinata, che ammazzava come da ordini ricevuti. Ammazzare è più facile che porsi domande. Alcuni di questi manovali di morte di allora, così rozzamente indottrinati, ciechi e convinti, avrebbero potuto essere definiti all’inizio della loro carriera come dei bambinoni.
Bene, il mondo ha sofferto abbastanza: la libertà di espressione non può essere una scusa per inneggiare ai forni crematori, scherzare sulla Shoà, istigare all’odio razziale, o religioso, discriminare le persone, glorificare i carnefici al servizio della dittatura. Questi comportamenti sono reati, devono essere puniti. Come stabilisce la legge.

Livio Ghelli

 

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