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I Moncalvo

27/08/2019 da Sergio Casprini

 

 Autore   Enrico Castelnuovo

Editore   Interlinea-Novara

Anno      2019

 Pag.       244

Prezzo    € 15,00

Con il suo ultimo romanzo  Enrico Castelnuovo voleva farsi lui stesso promotore di giustizia, verità e civiltà, in un momento storico che lo preoccupava e che di lì a breve avrebbe condotto l’Europa verso un abisso di intolleranza, barbarie e sofferenza. Sicuramente quando lo scrisse, l’autore non poteva immaginare che il suo Moncalvo a distanza di più di cento anni sarebbe rimasto un romanzo di grande attualità. La storia, purtroppo, si ripete e lo spettro di antichi pregiudizi e rinnovate intolleranze riappare oggi in nuove e preoccupanti vesti.

«Chi aveva la gloria, chi la ricchezza, chi il blasone; la felicità non l’aveva nessuno»: è quasi un’epopea quella dei Moncalvo, famiglia di un ricco banchiere ebreo che vive a Roma e cerca con ogni mezzo di entrare a far parte dell’aristocrazia reazionaria papalina cui si contrappone la figura del fratello Giacomo, austero scienziato positivista. Il libro di Enrico Castelnuovo (1839-1915), in fase di riscoperta e di studio nelle università americane, è uno dei testi tipici del realismo tardoromantico a cavallo del 1900 dentro «il ritratto quasi buddenbrookiano di una famiglia ebraica tra l’ansia di riconoscimento sociale e la fedeltà ai valori della scienza».

A cura di Gabriella Romani con una nota di Alberto Cavaglion che definisce I Moncalvo un avvincente «romanzo a tesi».

Enrico Castelnuovo nacque a Firenze l’8 febbraio 1839 in una famiglia ebraica. Il padre, Amaddio, era un commerciante che, per sfuggire a creditori e ufficiali giudiziari, si trasferì poco dopo la nascita del figlio in Egitto, da cui però non fece più ritorno. La madre, Nina Benvenuta Pincherle, abbandonata dal marito, decise nel 1840 di tornare a vivere a Venezia, la sua città di origine, dove Enrico trascorse il resto della sua vita. A causa delle ristrettezze economiche della famiglia, Enrico Castelnuovo non poté accedere agli studi universitari e, benché molto portato per le materie umanistiche, frequentò le scuole tecniche che gli permisero nel 1854, all’età di quindici anni, di trovare un impiego con cui poter contribuire al sostentamento della famiglia. Lavorò inizialmente per lo zio Samuele Della Vida, proprietario di una ditta che importava olio d’oliva dal sud d’Italia, ma nel 1869, a causa di dissidi con il cugino Cesare Della Vida, che aveva rilevato la ditta del padre, Castelnuovo abbandonò l’attività commerciale per dedicarsi prima al giornalismo e poi all’insegnamento. Nel frattempo si era sposato con la cugina Emma Levi Della Vida – la sorella di Amelia che di lì a breve diventerà la moglie di Luigi Luzzatti – da cui ebbe tre figli: Guido (1863), morto subito dopo la nascita, Guido (1865) che divenne un famoso matematico e Bice (1867) che si dedicò alla pittura e rimase a vivere con il padre. Emma Levi morì di parto dando alla luce Bice e Castelnuovo non si risposò più. A partire dal 1864 Castelnuovo cominciò a collaborare come giornalista per varie testate locali tra cui “Il Messaggiere Veneto”, l’“Età presente”, “Il Veneto” e l’“Archivio Veneto”, esperienze che nel 1870 lo portarono a dirigere “La Stampa” di Venezia, precedentemente diretta da Alessandro Pascolato. In quegli anni intanto a Milano frequentava i principali circoli culturali e salotti letterari della città dove ebbe modo di conoscere Emilio Treves, Giovanni Verga, Leone Fortis, Paolo Ferrari e i fratelli Boito. Con Camillo Boito, Salvatore Farina e Cesare Cantù, Castelnuovo partecipò al “Congresso per la proprietà letteraria”, organizzato nell’ottobre del 1878 dall’Associazione tipografico-libraria italiana per tutelare i diritti d’autore in Italia e all’estero. Agli anni settanta del secolo risalgono le sue prime collaborazioni con le maggiori riviste culturali e letterarie nazionali, dove pubblicò racconti, poesie e saggi, dalla “Nuova Antologia”, all’“Illustrazione Italiana”, “Perseveranza”, “Museo di Famiglia” e “Fanfulla della Domenica”; per quest’ultimo scrisse anche articoli come corrispondente da Venezia con lo pseudonimo di Tita. Castelnuovo fu noto all’estero e tradotto in inglese, francese, tedesco e russo, e all’inizio del Novecento alcuni suoi racconti furono letti alla radio per alcuni programmi culturali serali trasmessi a Londra dalla BBC. Dal 1872 lavorò alla Scuola Superiore di Commercio (oggi l’Università Ca’ Foscari di Venezia), prima come docente e, successivamente, dal 1905 al 1914, come direttore. Morì a Venezia il 22 giugno 1915.

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