
Certo non fu un problema da poco la questione romana, aperta dalla fine del potere temporale del papato nel 1870 con la breccia di Porta Pia. Ma sarebbe un errore ritenere che abbia determinato tra i credenti fedeli al Vaticano «una profonda estraneità sia allo Stato che alla nazione» sorti dal Risorgimento. L’assenso dei cattolici all’idea di una patria italiana, sia pure con sfumature diverse a seconda del loro atteggiamento verso il Regno sabaudo, «fu invece molto precoce, esteso e progressivamente approfondito». Lo sottolinea lo storico Guido Formigoni in uno dei saggi più interessanti inclusi nel volume La patria nelle culture politiche del primo Novecento 1900-1925, pubblicato dall’istituto veneto di scienze, lettere ed arti a cura di Pier Luigi Ballini.
Ad avvicinare i cattolici alla patria fu il mito guelfo dei «liberi Comuni del Medioevo unificati dalla cultura cristiana», nei quali individuavano le origini autentiche dell’identità italiana, mantenendo un atteggiamento critico, ma non di assoluto rigetto, nei riguardi dello Stato liberale. Il processo si accentuò con il tempo e conobbe varie declinazioni, fino a confluire, non senza gravi conflitti e tensioni, nella sinergia autoritaria tra fede religiosa e nazionalismo coltivata dal fascismo.
Questo è naturalmente solo uno degli aspetti trattati nel volume curato da Ballini. Assieme al contributo di Formigoni troviamo quelli di Gerardo Nicolosi sui liberali, di Roberto Balzani sui democratici, di Paolo Nello sui nazionalisti, di Maurizio Degl’innocenti sui socialisti, di Fabrizio Amore Bianco sui fascisti. Tanti modi diversi di vivere l’appartenenza all’Italia.
Antonio Carioti Corriere della Sera 28 luglio 2025



MAZZINI TRA I PADRI DELLA PATRIA MA NON CE LO MERITIAMO