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Gli italiani durante la pandemia tra rispetto della legge ed anarchia

01/10/2020

 “Il capo supremo deve essere giusto per se stesso e tuttavia essere un uomo. Da un legno storto com’è quello di cui l’uomo è fatto non può uscire nulla di interamente diritto” (Kant, Scritti politici).

Appena pochi mesi fa, in tempi di rigido confinamento, gli italiani, pur reclusi nelle loro case, avevano reagito positivamente, esorcizzando apprensioni e paure con video ironici e irridenti sui Social, manifestando sui balconi con canti e musica, con tricolori sulle ringhiere, con inni patriottici, da quello di Mameli a Bella Ciao; in poche parole, dimostrando una forte coesione sociale e nazionale. Una serietà di comportamento civico che il presidente Mattarella ha infatti recentemente rivendicato a fronte delle ingiustificate insinuazioni di minore abitudine alla libertà provenienti dal premier britannico.

Quando però si è allentata la morsa tragica del Covid ed è venuta meno la necessità di un rigoroso lockdown (ma non il rispetto di alcune regole di cautela sanitaria) il comportamento virtuoso degli italiani, soprattutto tra i giovani elettrizzati dalla ritrovata libertà di movimento, è in buona misura sparito. Così abbiamo avuto gli spensierati addensamenti di bagnanti in quasi tutte le spiagge, i viaggi in paesi esteri a rischio di contagio, l’ovvia perdita di distanziamento tra gli eccitati frequentatori delle discoteche sciaguratamente riaperte e infine gli assembramenti (e gli schiamazzi) della movida selvaggia fino a tarda notte.

Non c’è quindi da meravigliarsi se nelle ultime settimane, come d’altronde previsto da epidemiologi e virologi, la curva del contagio da Covid ha ricominciato a salire. Se pure non raggiungeremo i numeri dello scorso inverno, il virus sarà debellato definitivamente solo con la messa a punto e la somministrazione del vaccino.

Intanto da metà settembre c’è stata la tanto auspicata riapertura in sicurezza delle scuole, pur tra polemiche per la mancanza degli insegnanti, dei banchi, degli spazi alternativi ad aule troppo piccole e l’indegno scaricabarile tra amministrazioni locali e governo centrale sulle linee da seguire.

Gli studenti e gli insegnanti, salvo rare eccezioni, hanno accettato le restrizioni imposte da ragioni sanitarie con forte senso responsabilità, consapevoli che il diritto allo studio va garantito nel rispetto delle regole, anche le più rigide, in casi eccezionali come quelli che stiamo vivendo.

Nei fatti, ancor prima di studiarla su testi scolastici, in questo primo scorcio dell’anno scolastico gli allievi hanno messo in pratica i contenuti della nuova disciplina in vigore in tutte le scuole di ogni ordine e grado, l’Educazione Civica, per cui le leggi e le regole della convivenza a scuola e fuori vanno rispettate, pena la sanzione amministrativa o penale.

Un comportamento civico che invece i giovani (e non solo) non tengono nelle notti fiorentine della malamovida, in particolare in piazza Santo Spirito e dintorni, come viene riportato dalla testimonianza di un residente:

Sono le 10.30 di sabato sera, da qualche giorno l’estate sembra essersi fatta da parte per dar spazio a un inverno forse troppo anticipato, è sabato, un fine settimana qualunque per la Movida che qui in Santo Spirito non conosce stagioni, dalle finestre di casa mia si sente già l’arrivo di masse fuori controllo, urla, bottigliate, stereo a tutto volume, l’immaginazione vola, mi sembrano eserciti di barbari che si stanno preparando alla battaglia, l’assedio ha inizio, come sempre qui, terra di nessuno, le invasioni barbariche della notte si apprestano a conquistare la piazza, ne vedremo delle belle penso, la serata è appena all’inizio…

Eppure nella piazza quella sera c’erano sia la polizia che i vigli urbani, che, a fronte delle rimostranze dei residenti, per non intervenire hanno accampato la giustificazione di non poter malmenare dei minorenni oppure di non disporre del reparto mobile, impiegato invece in gran numero e in tenuta anti-sommossa per le partite allo stadio o per le manifestazioni politiche. Come se si fosse ancora ai tempi del generale Bava Beccaris che cannoneggiò sul popolo affamato e in rivolta nelle strade della Milano del 1898 oppure si dovessero ripetere i violenti pestaggi dei manifestanti alla caserma Diaz di Genova nel 2001.

D’altronde in una situazione così grave di degrado sociale e civico per colpa di una minoranza sia pure esigua di fiorentini non è il momento di fare analisi più o meno profonde sui comportamenti giovanili nella società consumistica di massa o deprecare in maniera ideologica la perdita di identità dei centri storici. Ora più che mai, in tempi di emergenza sanitaria, va salvaguardato il diritto costituzionale alla salute e alla quiete non solo con misure amministrative, quali gli orari degli esercizi commerciali, il consumo di alcool, gli eccessi di suoni e di rumori e soprattutto lo spostamento della movida fuori dai centri abitati, ma anche con l’uso responsabile della forza che ogni stato democratico veramente autorevole deve esercitare.

Non può una minoranza di incivili imporre in maniera irridente e arrogante il suo comportamento illegale ad altri cittadini e restare impunita; e il nostro governo cittadino e quello nazionale non possono restare inerti a fronte di comportamenti barbari che gettano discredito su Firenze e l’Italia, per cui molti italiani hanno dato gli anni della loro giovinezza con generosità, impegno costante e talora sacrificando la loro vita.

 

 

 

 

Pubblicato in: Editoriale
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