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Dobbiamo conoscere e raccontare il male passato per poterne riconoscere i residui nel presente. E poterli combattere.

12/02/2022 da Sergio Casprini

Caro Direttore,

Troppo facile parlare della sola Germania… In Italia, in Francia, in Belgio, in Spagna, in Portogallo, in Ungheria, in Grecia, in tutta la parte d’Europa che fu per decenni preda di dittature, nell’altra parte che era stata occupata dai nazifascisti, in un giorno di liberazione fu deciso di voltare pagina.

Voltammo pagina. Per molti la Liberazione fu il 25 aprile 1945, con la sconfitta del nazifascismo, per altri avvenne circa 30 anni anni dopo, con la caduta del franchismo, degli eredi di Salazar e dei colonnelli di turno. Ma i regimi, le occupazioni militari non possono sostenersi senza il consenso e la collaborazione di molte persone: funzionari, spie, kapò di vario genere, aguzzini… E gente, in apparenza normalissima, che per ottenere un alloggio più grande, un premio in denaro, per convinzione o per antipatia denuncia la famiglia di Anna Frank. Francesi collaborazionisti del regime di Vichy, burocrati e delatori filonazisti in Belgio e in Olanda, ustascia in Croazia e in Bosnia, ucraini collaborazionisti facenti parte delle SS; non ultimi, gli Italiani aderenti alla Repubblica di Salò: molti torturarono e commisero atrocità; altri aiutarono i torturatori; altri girarono la testa dall’altra parte. La macchina statale doveva pur funzionare, anche se a comandare la macchina erano gli occupanti nazisti.                           

Pochi collaborazionisti, pochi criminali di guerra, pochi aguzzini delle dittature hanno pagato per quel che hanno fatto.  La motivazione è sempre la stessa: Occorre voltare pagina. Occorre dimenticare.

Noi Italiani abbiamo ricoperto un doppio ruolo, di vittime e di criminali: fummo vittime delle stragi nazifasciste e vittime delle stragi titine delle foibe, vittime della strage di Pola, dei mille esodi, e anche vittime del lavoro, lavoratori schiavi a Marcinelle e altrove. Non ci sono stati indennizzi per tutto questo. Solo silenzio, e anche un certo armadio della vergogna, ritrovato quando era tardi. Però non siamo stati solo vittime, siamo stati anche colpevoli. E probabilmente lo siamo ancora, anche se ci piace tanto considerarci brava gente, incapaci di far davvero male a civili inermi. Sopprimemmo con i gas asfissianti i villaggi etiopi, obbligammo popolazioni libiche a sfibranti marce della morte attraverso il deserto; a noi la vergogna del massacro di Addis Abeba, voluto da Graziani.  E abbiamo compiuto le nostre brave atrocità in Grecia, in Jugoslavia, un po’ dappertutto.

Per Graziani e Badoglio non ci fu nessun processo di Norimberga, per quel che avevano fatto in Africa. Dopo una iniziale condanna da parte italiana (1945), fu prosciolto anche il generale Mario Roatta (ritenuto ideatore, fra le altre cose, del piano per uccidere i fratelli Rosselli). Aveva fatto guerra alla popolazione civile, in Slovenia e in Croazia, con rappresaglie, incendi di case e villaggi, esecuzioni sommarie, raccolta e uccisione di ostaggi, internamenti, anche di donne e bambini, nei campi di concentramento di Arbe, Gonars ed altri ancora, da dove difficilmente gli internati slavi uscivano vivi. Roatta è morto tranquillamente a Roma nel 1968

Livio Ghelli

20 novembre 1945 – 1 ottobre 1946 Processo di Norimberga

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