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Anche durante l’epidemia di Spagnola ci furono l’eroismo quotidiano, la tenacia e la sofferenza di chi curò e assistette gli gli ammalati e i congiunti, nelle case o negli ospedali.

05/04/2020 da Sergio Casprini

Caro Direttore,

ho visto, con mia sorpresa, che l’epidemia di spagnola che ha colpito il mondo intero tra il 1918 e il 1919 ha fatto molti più morti della Grande Guerra. Devo confessare che non lo sapevo, da insegnante di storia consideravo la spagnola una specie di nota a margine della prima guerra mondiale: nei nostri paesi, anche piccolissimi, c’è sempre un monumento, un cippo, o una lapide con i nomi dei soldati caduti nella guerra 1915-18, però tutti i morti di spagnola, donne e bambini, giovani e vecchi, e gli stessi reduci, fanno parte di un lutto familiare e privato, e non vengono mai ricordati pubblicamente. Penso in questi giorni che certi fatti che hanno cambiato il mondo, come l’epidemia di spagnola, vengano volutamente dimenticati o fatti dimenticare. E comunque morire per una influenza è banale, cadere sul campo dell’onore è ben altra cosa!

E’ una storia tutta da scoprire, tragicamente emergente dall’oblio collettivo, cento anni dopo, mentre viviamo una nuova pandemia, anche se speriamo un po’ meno letale. I primi casi di spagnola furono osservati nelle trincee francesi e tedesche nella primavera del 1918, le informazioni in merito vennero secretate dai comandi militari, nuovi casi si manifestarono più tardi tra i soldati ammassati nelle trincee italiane ed austriache. Anche qui la censura militare non permise la diffusione delle notizie. Quando a Madrid e Barcellona, in autunno, arrivò questa nuova influenza così perniciosa e contagiosa, i giornali spagnoli dettero la notizia (la Spagna si era mantenuta neutrale durante la guerra), e la definizione influenza spagnola si affermò nel resto del mondo. L’epidemia si abbatté  sull’intero pianeta, in quattro successive ondate, tra il 1918 e il 1920, da Parigi a Rio de Janeiro, da Genova a New York, a Mashhad, alle Filippine  e all’Alaska, e si stima abbia ucciso tra i 25 e i 50 milioni di persone, colpendo prevalentemente giovani adulti. Ha contribuito all’aggravarsi delle condizioni postbelliche, ha dato una mano alla nascita delle dittature e regimi autoritari in Europa e in America Latina, creando così le premesse per la Seconda Guerra Mondiale. Ha avvicinato l’India all’indipendenza e l’Africa all’apartheid.

In Italia il primo allarme venne dato a Sossano (Vicenza) nel settembre 1918, quando il capitano medico che dirigeva il Servizio sanitario del II Gruppo Reparti d’Assalto invitò il sindaco a chiudere le scuole per una sospetta epidemia di tifo. In tutta Italia si stima che i morti per la spagnola siano stati oltre 600.000. Esistono, per quanto riguarda l’epidemia in Italia, pubblicazioni e studi di carattere medico. Esistono diari, lettere, romanzi, poesie, testimonianze e pellicole di enorme interesse che ci raccontano la Grande Guerra. Dell’eroismo quotidiano, della tenacia e della sofferenza di chi curò e assistette gli ammalati e i congiunti, nelle case o negli ospedali, non troviamo quasi tracce scritte.

Vorrei dedicare queste mie riflessioni a tutte le persone, soprattutto donne, che si fecero forza e seppero dare speranza ai familiari in una battaglia quotidiana che a molte è costata la vita.

Saluti risorgimentali. Livio Ghelli

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