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Storia della Massoneria Italiana dopo l’avvento del fascismo

08/05/2014

copertinaLettere a Sergio Romano          Corriere della sera del 5 Maggio

Storia della Massoneria Italiana dopo l’avvento del fascismo

Può aiutarmi a comprendere meglio il rapporto fra Massoneria e Fascismo in Italia durante il Ventennio?

Marco Sostegni

 

Caro Sostegni,

nel 1925 il governo Mussolini fece approvare dal Parlamento una legge che limitava fortemente la libertà d’associazione ed esponeva qualsiasi sodalizio al rischio d’essere bruscamente disciolto con un intervento prefettizio. La legge era illiberale e apparteneva all’arsenale delle disposizioni con cui il capo del governo, dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, stava creando il regime. Ma servì anzitutto a sopprimere la massoneria di cui Mussolini era nemico sin dai suoi anni socialisti. Vi fu persino una caccia al massone, organizzata da squadre fasciste, che il capo del governo interruppe «benevolmente » soltanto quando aveva già prodotto il suo effetto. Quando la legge venne in discussione alla Camera, il 19 maggio 1925, il solo discorso contrario al provvedimento fu quello di Antonio Gramsci. Il leader comunista era convinto che la massoneria fosse «l’ideologia e l’organizzazione reale della classe borghese capitalistica ». Ma riconobbe i suoi meriti storici e accusò il governo di colpirla per meglio colpire con la stessa legge l’associazionismo operaio e contadino. Fu un discorso intelligente e coraggioso, ma conviene ricordare che i sentimenti di Mussolini erano allora condivisi da una parte importante del Paese. Molti accusavano le logge di essere società di mutuo soccorso per soddisfare le ambizioni di coloro che ne facevano parte; altri rappresentavano l’intera organizzazione come uno Stato nello Stato, con i propri fini e le proprie strategie, anche nella politica internazionale. Nel corso del loro primo congresso, i nazionalisti proclamarono l’incompatibilità dell’affiliazione massonica per chi faceva parte del loro movimento. Il Partito socialista italiano era dichiaratamente anti- massonico. I migliori intellettuali italiani, cattolici e laici, erano ormai sulle stesse posizioni. Per Gaetano Salvemini i massoni erano «una collezione di cretini che si è buttata a volere la Dalmazia senza sapere quel che facesse». Per Palmiro Togliatti la massoneria era il «partito unico della borghesia italiana». Benedetto Croce e Giovanni Gentile attribuivano alla massoneria le consorterie che regnavano nel mondo accademico e nel sistema educativo nazionale. Soppresse ufficialmente nel 1925, le logge condussero sino alla fine del fascismo una esistenza clandestina. Nella sua Storia della Massoneria Italiana dall’Unità alla Repubblica (Bompiani 1976), Aldo Alessandro Mola ha pubblicato alcuni rapporti di polizia dai quali risulta che i massoni italiani all’estero, soprattutto in Francia, avevano frequenti contatti con i loro «fratelli» italiani. Nel libro di Mola, caro Sostegni, troverà anche notizie su quella parte del fascismo che aveva invece simpatie e legami massonici. Più tardi, dopo l’avvento della Repubblica, vi saranno anche massoni democristiani. In Italia, fra il bianco e nero, vi è sempre una larga zona di grigio.

Sergio Romano

Pubblicato in: Rassegna stampaTag: mondo
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