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2019: saremo dei buoni cittadini italiani nella Comunità europea?

01/01/2019 da Sergio Casprini

…Ma il futuro è aperto: mentre ci sforziamo di dare un’ottima educazione a figli e nipoti, cerchiamo allora di non dare l’idea che questo serva per scappare da un Paese consegnato al declino. Serve per essere cittadini del mondo. Serve per essere cittadini europei. Serve per essere cittadini italiani e giustificare un orgoglio nazionale beninteso. 

Michele Salvati,  Corriere della Sera, 20 dicembre 2018

Come dare un’ottima educazione alle nuove generazioni e fare anche in modo che ritrovino l’orgoglio di essere cittadini italiani?  Se vogliamo approfondire l’analisi sulla condizione di declino del nostro Paese che Michele Salvati ha fatto in un lucido e recente intervento sul “Corriere della Sera”, è necessario fare i conti con la storia patria, con i suoi momenti cruciali, vedendone in maniera né moralistica né ideologica gli aspetti positivi ma pure quelli negativi, i successi e i fallimenti, le luci e le ombre di un processo storico che ha portato sì al compimento dell’Unità italiana e alla nascita della nostra Repubblica, ma anche alla crisi attuale di idealità e valori condivisi.

Tra poco più di un mese cadrà il centosettantesimo anniversario della Repubblica Romana, nata il 9 febbraio del 1849. Uno Stato repubblicano sorto in Italia durante il Risorgimento a seguito di una rivolta interna allo Stato Pontificio, che portò alla fuga di Pio IX e alla fine dei poteri temporali del Papato. Com’è noto fu governata da un triumvirato composto da Carlo Armellini, Giuseppe Mazzini e Aurelio Saffi.

La repubblica ebbe però vita breve (finì il 4 luglio 1849) a causa dell’intervento militare della Francia di Luigi Napoleone Bonaparte, il futuro Napoleone III, che per convenienza politica ristabilì l’ordinamento pontificio, nonostante la difesa eroica dei cittadini romani e di tantissimi volontari accorsi da altre regioni sotto il comando di Giuseppe Garibaldi. Tuttavia quella della repubblica romana fu un’esperienza significativa nella storia dell’unificazione italiana. In quei mesi Roma passò dalla condizione di Stato tra i più arretrati d’Europa a banco di prova di avanzate idee democratiche. La vita politica e civile veniva fondata su principi – quali, in primis, il suffragio universale maschile, l’abolizione della pena di morte e la libertà di culto – che si sarebbero pienamente affermati in tutta Europa solo un secolo dopo. Ma i principi e gli ideali repubblicani nulla poterono contro la forza delle armi dell’esercito francese; e infatti di lì a poco molti esponenti del partito d’azione mazziniano compresero lucidamente le ragioni della sconfitta e fondarono nel 1857 la Società nazionale italiana con l’obiettivo di fornire un’organizzazione di sostegno al movimento unitario, guidato dal Piemonte di Cavour e di Vittorio Emanuele II. E fu grazie all’intelligenza politica di Cavour nel costruire alleanze e all’esercito del re sabaudo che il 17 marzo 1861 nacque l’Unità italiana, nel segno della monarchia e con l’accantonamento del sogno repubblicano.

Ricordare quindi il valore dell’esperienza della Repubblica Romana con i suoi principi democratici, celebrare l’eroismo sulle barricate dei volontari che in tanti che vi morirono (tra loro Goffredo Mameli, l’autore del Canto degli Italiani) può certamente essere un modo corretto di coltivare la memoria storica del nostro Paese e di fissare un’altra data significativa della nostra religione civile. A condizione, però, di vederne le ragioni del fallimento, gli aspetti utopici, la mancata consapevolezza dei reali rapporti di forza tra i cittadini romani in armi e l’esercito francese, ma soprattutto il dividersi tra buoni, i repubblicani e i cattivi, i monarchici, quando in gioco era il bene dell’Italia.

Oggi in Europa le guerre si combattono solo sul piano economico e diplomatico, ma anche in questo caso deve vigere il principio di realtà, la consapevolezza e direi la responsabilità, per quanto riguarda l’Italia, delle nostre ragioni e dei nostri torti, l’affermazione dei nostri diritti ma anche dei nostri doveri rispetto alla Comunità europea.

Tutto questo serve per essere pienamente cittadini europei. Serve anche per essere orgogliosamente cittadini italiani nell’auspicio di un domani, a partire dal prossimo anno, più sereno per le nuove generazioni.

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