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Un popolo senza storia

01/11/2018

“L’onesto uso della memoria è il più valido antidoto all’imbarbarimento. E lo è in ogni stagione politica, in ogni momento del dibattito culturale, in ogni epoca della storia. Un uso onesto che, in quanto tale, presuppone non ci si rivolga al passato in cerca di una legittimazione per le scelte di oggi. Anzi, semmai, per individuare in tempi lontani contraddizioni che ci aiutino a modificare o a mettere a registro quel che pensiamo adesso. Ben diverso (e diffuso, purtroppo) è il ricorso a forzature della memoria come arma per farci tornare i conti nel presente. Un’ arma usata con infinite modalità di manipolazione, che producono danni quasi irreparabili alla coscienza storica, deformano il passato, intossicano il ricordo collettivo anche dei fatti più prossimi. E che, come tale, merita di essere combattuta.” Paolo Mieli L’arma della memoria

Nel sito di una scuola media superiore della Campania è stato pubblicato Il lager di Fenestrelle, un testo di propaganda neoborbonica che punta esplicitamente a demolire le basi storiche su cui è costruita l’unità nazionale, diffondendo sui suoi momenti iniziali notizie false e a volte grottesche. Il titolo fa riferimento a una fortezza piemontese che nell’Ottocento fu carcere militare per i prigionieri di  guerra, tra i quali i soldati dell’Esercito delle Due Sicilie.

La manipolazione dei fatti storici, che sono alla base di una rigorosa formazione culturale, contribuisce all’ignoranza della storia, in particolare di quella patria, purtroppo diffusa tra i giovani. Ne fanno fede i numerosi strafalcioni sulle date e sui personaggi storici, che si trovano persino nelle prove degli esami un tempo detti “di maturità”. E proprio mentre la conoscenza del passato evapora nelle scuole di ogni ordine e grado, paradossalmente il Ministero della Pubblica Istruzione ha di recente tolto la traccia di Storia da quelle che verranno proposte nella prima prova scritta degli Esami di Stato.

Il declino dello studio della Storia nel nostro Paese va di pari passo con il declino dell’Italiano a scuola, come è stato denunciato l’anno scorso dalla Lettera aperta al Governo e al Parlamento, sottoscritta da oltre 700 docenti universitari: “alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente”. Lingua madre e memoria del passato sono i fondamenti dell’identità culturale di ogni nazione, la base del sentimento di appartenenza al proprio Paese e di una forte coesione sociale. La formazione a una cittadinanza consapevole dei giovani, italiani o immigrati che siano, deve quindi basarsi prima di tutto su questi due pilastri.

E se certamente vanno rivisti i programmi, sperimentate forme più efficaci di didattica della Storia e dell’Italiano, è pure importante ridare significato a quelle ricorrenze nazionali, che costituiscono la religione civile di ogni nazione. Ricordare con una certa solennità i momenti significativi della storia d’Italia – come il prossimo centenario del 4 Novembre 1918 – non significa promuovere stanchi e retorici riti istituzionali, ma (anche contro l’uso politico e le manipolazioni della storia) cogliere l’occasione per una rilettura critica dei fatti, con i chiaroscuri, le pagine luminose, i lutti e le tragedie, oltre che per celebrare la Vittoria e la conclusione positiva del nostro Risorgimento.

Il popolo italiano non sarebbe così povero di memoria storica e avrebbe altresì l’orgoglio di appartenere a un Paese unito, indipendente e democratico.

Sergio Casprini

 

 

Pubblicato in: Editoriale
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