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Tricolore e leone possono e debbono stare assieme

27/11/2017 da Comitato Fiorentino per il Risorgimento

Aldo Cazzullo Corriere della Sera 21 novembre

Caro Aldo,

lei cita la «storica rivalità tra Venezia e la terraferma». Vorrei ricordare l’inesistenza di castelli e fortezze nel Veneto, sostituiti dall’ideologia extraurbana, con Andrea Palladio e le ville venete… oppure la resistenza di Treviso durante la guerra di Cambrai (1509). La città rifiutò la resa all’Impero, perché un certo Pellicciari aveva trascinato la folla percorrendo a cavallo la città con la bandiera di S. Marco. E Venezia riconquistò i territori perduti. Persino un episodio così pregnante è quasi sconosciuto. La storia può essere censurata e nascosta, e su Venezia questo processo è in atto da due secoli. Ma non è giusto dimenticare. Giovanni Lupato, Treviso

Caro Giovanni,

Si potrebbero raccontare episodi di segno contrario. Per secoli i veneziani guardarono i sudditi – veneti compresi — dall’alto in basso, e di conseguenza non venivano certo amati. In laguna i traffici e i commerci, in terraferma l’agricoltura e a volte la fame. Preferisco però mettere in comune con lei e con i lettori un altro racconto che va nella direzione da lei indicata. Quando nel 1848 Venezia insorse contro gli austriaci, gli operai dell’Arsenale – all’epoca la più grande fabbrica d’Europa – presero prigioniero il direttore, il conte Marinovich, uomo spietato: ogni volta che chiedevano un aumento dei loro magri salari, gli arsenalotti si sentivano rispondere: «Forse la prossima settimana». Marinovich tenta di fuggire, viene ferito a morte, chiede un prete, gli operai gli rispondono: «Forse la prossima settimana». Venezia, governata da un ungherese, il conte Palffy, era tenuta da una guarnigione composta per metà da croati e per metà da veneti di terraferma. Ma quando la guarnigione ha l’ordine di sparare, accade il miracolo: veneti rifiutano di sparare su altri veneti; italiani rifiutano di sparare su altri italiani. Risorge la Serenissima, torna la Repubblica, ed è allora che – come ci siamo raccontati il mese scorso – Daniele Manin sceglie per vessillo il tricolore italiano, con il glorioso leone di San Marco in alto a sinistra: segno che le due bandiere possono stare assieme.

Aldo Cazzullo

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