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Storia dimenticata della colonna Zambianchi

22/09/2013 da Comitato Fiorentino per il Risorgimento

Dino Messina             La nostra storia                       La Lettura      Corriere della Sera 15 settembre

Callimaco Zambianchi (Forlì, 1811 – Cordoba, 1862) è certamente una delle figure minori più suggestive del Risorgimento. A raccontare l’episodio che lo rese famoso è Maurizio Mambrini nel breve e suggestivo saggio «Quel Garibaldi minore – Storia dimenticata della colonna Zambianchi» che viene pubblicato assieme ad altri contributi sul «Quaderno Storico della Maremma» a cura di Lucio Niccolai (Moroni editore). A questo rivoluzionario di professione, che aveva incrociato varie volte Garibaldi sulla via dell’esilio, venne affidato il compito di gestire un’importante diversione durante la spedizione dei Mille. Nel percorso da Quarto a Marsala, i vascelli Piemonte e Lombardo il 7 maggio fecero sosta per fare rifornimento al porto di Talamone, a sud di Grosseto. Sessanta camicie rosse, guidate da Zambianchi, non si imbarcarono più ma proseguirono per il sud della Toscana (Pitigliano) con il compito di entrare nello Stato pontificio e suscitare un’insurrezione popolare, seguendo le teorie della guerriglia mazziniana. Un’impresa disperata, non per nulla affidata all’energico romagnolo che durante l’esperienza della Repubblica romana s’era guadagnato la fama di terrore dei preti, poiché ne aveva fatti fuori ben otto.
All’inizio la spedizione sembrò andare per il meglio, nella «colonna» si arruolarono decini di toscani. Arrivati a ridosso dello Stato pontificio i volontari erano 320. Ma il loro comandante perse tempo e a Grotte di Castro il manipolo garibaldino incontrò un drappello di gendarmi, sul quale peraltro riuscì vittorioso. Ma il verso pericolo era alle spalle: i piemontesi, preoccupati delle conseguenze diplomatiche della diversione garibaldina, fecero di tutto per fermare la spedizione. I garibaldini tornarono a Sorano e si asserragliarono nella fortezza Orsini a Sorano, dove vennero assediati dai granatieri sabaudi del capitano Collobiano. Zambianchi fu arrestato «per evitare di rendere pubblico il doppio gioco del Governo sabaudo» e nel 1861 venne rispedito in Sudamerica. Morì in Argentina il 13 febbraio 1862.

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