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Nostalgia di Cavour

01/08/2012 da Sergio Casprini

La politica è la dottrina del possibile.
Otto von Bismarck

Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, conte di Cavour, di Cellarengo e di Isolabella, noto semplicemente come conte di Cavour nacque a Torino, il 10 agosto 1810; due anni fa in occasione del centocinquantenario della sua nascita Ernesto Galli Della Loggia titolò un suo articolo sul Corriere della Sera Nostalgia di Cavour, in cui riconosceva le notevoli capacità politiche dello statista  nella realizzazione dell’Unità d’Italia, capacità superiori nel confronto con Mazzini e con Garibaldi,  e pertanto ne avvertiva la mancanza in un momento come oggi di crisi e degrado della vita politica italiana.

Cavour infatti ha saputo interpretare in maniera efficace il famoso aforisma di Bismarck sulla politica, come l’arte del possibile ed ha saputo guidare il processo d’Indipendenza di Unità dell’Italia, momento per momento, coniugando capacità tattiche e visione strategica.

Anzi a differenza di Bismarck l’uomo di Stato piemontese fu anche  costretto a battersi contro l’ostilità di tutti gli Stati preunitari della penisola ed inoltre dovette misurarsi con la Chiesa di Roma, una istituzione che aveva allora una doppia natura: era uno Stato e governava una parte considerevole dell’Italia centrale, ma esercitava al tempo stesso una considerevole influenza sulle coscienze della società italiana. A causa della sua visione laica dello stato Cavour fu  infatti scomunicato alla sua morte nel 1861 ed il sacerdote disobbediente che gli dette l’estrema unzione fu duramente redarguito.

La visione messianica di Mazzini suscitò molti entusiasmi tra i giovani durante il Risorgimento, ma non portò ai risultati sperati e la stessa eroica azione militare di Garibaldi non sarebbe stata efficace senza il sostegno dell’intelligenza politica di Cavour: l’utopia rivoluzionaria infiamma i cuori ma se non si misura con il principio di realtà è destinata a cocenti sconfitte.

Il politico idealista, radicale e moralista non vuole né può capire che una politica vincente è invece l’intreccio di elementi nobili e poco nobili, di idealità alte e tatticismi; è la combinazione di dissimulazione e di coerenza, di ambizione personale e di devozione ad una causa, di opportunismo contingente e lungimiranza; ma è anche la drammatica serietà che deve esserci in chi si assume il peso di dominare la complessità, sempre difficile e spesso contraddittoria, del momento storico in cui vive.

Galli della Loggia concludeva il suo articolo del 2010 in onore di Cavour, con queste parole:

La consapevolezza della nostra storia, il senso della cosa pubblica, un’idea alta ma vera e realistica della politica, la rimessa in vigore di certe virtù civiche: non è forse di queste cose che nell’accavallarsi disordinato delle lotte dei partiti, dello scontro di tutti con tutti, ha bisogno oggi più che mai il Paese? Non ha forse bisogno l’Italia di ritrovare il senso originario della sua esistenza come Stato libero e moderno?

In questo agosto caldo ,non solo per ragioni climatiche, in cui il nostro Paese è a rischio di bancarotta economica e politica, queste parole sono ancora attuali e se vogliamo sperare in un autunno meno drammatico c’è da augurarsi che il ceto politico italiano, di destra o di sinistra, recepisca prima possibile la lezione feconda di Cavour

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