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L’idea di Nazione

01/07/2023

“Il principio di nazionalità non può essere scisso dagli ideali di libertà e fratellanza tra i popoli. È il messaggio implicito nel brano tratto dal saggio L’idea di nazione di Federico Chabod. A questo proposito l’autore chiama in causa due protagonisti del Risorgimento. Camillo di Cavour perseguì il traguardo dell’unità nazionale sotto un regime liberale, mentre nel pensiero di Giuseppe Mazzini il patriottismo si fonde con il progetto di un’Italia repubblicana e democratica”. Così inizia, sul Corriere della Sera, il commento di Antonio Carioti alla suggestiva traccia di argomento storico per lo scritto di italiano agli esami di maturità di quest’anno.

Per i giovani che escono dall’adolescenza per entrare in maniera consapevole e responsabile nell’età adulta, una riflessione sul concetto di Nazione è opportuna nel contesto attuale della politica italiana, in cui nazione e nazionalismo sono considerati valori della destra a cui contrapporre da sinistra i principi della solidarietà tra i popoli e dell’internazionalismo.

Se all’idea di nazione si accompagna invece quella di libertà e quella di umanità, allora la si rende incompatibile con i totalitarismi di destra e di sinistra. Federico Chabod, storico di tradizione laica e liberale, laureatosi nel 1923 con Salvemini, poi esponente politico della Valle d’Aosta (di cui rivendicava l’italianità), aveva fatto la resistenza con le formazioni di Giustizia e Libertà e vedeva come compimento del Risorgimento l’affermazione della nazione italiana, liberandone quindi l’idea dalle distorsioni del fascismo che si basava sull’idea della disuguaglianza tra i popoli, le razze, le religioni.

Nella traccia proposta agli studenti, Chabod afferma che le nazioni sono «gl’individui dell’umanità come i cittadini sono gl’individui della nazione…Ora, l’umanità è ancora, essenzialmente, per il Mazzini, Europa: ed infatti insistente e continuo è il suo pensare all’Europa, l’Europa giovane che, succedendo alla vecchia Europa morente, l’Europa del Papato, dell’Impero, della Monarchia e dell’Aristocrazia, sta per sorgere.»

I maturandi però non hanno accolto con favore questa traccia: infatti solo il 4% dei candidati si è cimentato nell’analisi e interpretazione del testo, mentre invece la maggioranza si è orientata sull’”Elogio dell’attesa nell’era di WhatsApp“, di Marco Belpoliti. Si conferma così che da tempo i social network sono diventati praticamente l’unico strumento di informazione e, se va bene, di qualche conoscenza storica e politica; ma è anche il sintomo di quanto poco la scuola sappia (o voglia?) valorizzare la nostra eredità culturale attraverso lo studio della storia, con l’impegno che questo comporta con l’aiuto dei manuali e magari di saggi storici come quello di Chabod da cui questo scritto ha preso le mosse.

Com’è noto, Gramsci scriveva nei Quaderni dal carcere: “Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza. La partecipazione di più larghe masse alla scuola media tende a rallentare la disciplina dello studio, a domandare «facilitazioni”.

E della facilitazione la scuola italiana da anni ha fatto molto uso a scapito del merito e della responsabilità nello studio delle singole discipline, in particolare l’italiano e, appunto, la storia. Quest’ultima dovrebbe acquistare un peso maggiore nel corso del curriculum scolastico e diventare una prova importante in sede di esami di maturità, perché permette di riscoprire i valori costitutivi di una società civile e politica, dalla famiglia alla comunità nazionale o sovranazionale. Coltivare infine la memoria storica delle vicende dei popoli, delle nazioni, degli stati può essere il viatico per sentirsi, con passione e razionalità, sia italiani che europei e per riprendere, dopo anni di crisi economiche, pandemiche e belliche, il cammino iniziato negli anni del Risorgimento verso la piena realizzazione della democrazia.

Sergio Casprini

Pubblicato in: Editoriale
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