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L’élite, il Paese e il Risorgimento

01/03/2012 da Sergio Casprini

…il rapporto fra élite e gente comune è tema che accompagna gli ultimi duecento anni di vita nazionale. Io amo spesso ricordare un intellettuale e  uomo politico risorgimentale   Angelo Camillo De Meis  per il quale in Italia convivono un «primo popolo che sfanga la vita negli affanni quotidiani» e un «secondo popolo, che pensa il sentimento del primo e ne è quindi il legittimo sovrano». Sublime questa autoesaltazione delle élite, confermata da  l’editore e letterato Giulio Bollati, che a commento chiariva che per molti padri del Risorgimento «il popolo italiano è materiale spento e inerte finché non lo penetri la luce e l’attività dell’élite pensante».
Non è un riferimento erudito, è il riferimento al modo in cui per decenni si è posto il rapporto fra élite e corpo sociale: la prima che pensa e progetta, il secondo che deve solo «sfangare la vita
…

 Giuseppe De Rita 

 

Negli anni successivi all’Unità d’Italia l’élite politica e culturale si propone di educare il popolo italiano ai valori e agli ideali della patria, appena conquistata, manifestando però giudizi contraddittori sulla possibilità di una sua reale emancipazione politica e culturale,in particolare del popolo meridionale.

Rimane per esempio celebre il giudizio  del politico Luigi Carlo Farini sulla città di Napoli e sui suoi abitanti che riportò in uno dei suoi resoconti al presidente del Consiglio, Cavour nel  1861: Altro che Italia! Questa è Africa. I beduini, a riscontro di questi cafoni, sono fiori di virtù civile!

D’altro tenore invece è la valutazione dello storico Pasquale Villari  nel 1866:

Bisognerà però che l’Italia cominci col persuadersi che v’è nel seno della nazione stessa un nemico  più potente dell’Austria,ed è la nostra colossale ignoranza…Non è il quadrilatero di Mantova  e Verona che ha potuto arrestare il nostro cammino, ma è il quadrilatero di 17 milioni  di analfabeti e di 5 milioni di Arcadi »

Una prima risposta fu l’emanazione  nel 1877 della Legge Coppino che rendeva gratuita l’istruzione elementare e introduceva le sanzioni per chi disattendeva l’obbligo scolastico Nel corso degli anni la classe dirigente, sia la Destra che la Sinistra, mise in moto un processo riformatore, che pur non risolvendo tutte le emergenze, in primis quella del Sud riuscì a colmare il distacco tra elite e il popolo che “sfanga la vita negli affanni quotidiani”. 

Ed oggi?

Nonostante la situazione di crisi politica ed economica in cui versa l’Italia, la gente comune si sente unita da un sentimento di appartenenza e di condivisione della stessa storia e dello stesso destino.

La conferma l’abbiamo avuto l’anno scorso con il successo delle manifestazioni, che celebravano i 150 anni dell’Unità ed Indipendenza italiana e l’élite non era formata in questo caso dalla classe politica, ma da alcuni esponenti delle istituzioni, in primis il presidente Napolitano, e da molteplici associazioni della società civile tra cui va annoverato sicuramente il Comitato Fiorentino per il Risorgimento.

Pertanto, se in Italia si è affermata tra la gente la necessità di una memoria storica condivisa,questa consapevolezza non va lasciata cadere.

E contribuirebbe senza dubbio a rafforzarla l’istituzione della festa nazionale del 17 marzo che l’anno scorso con una petizione il Comitato Fiorentino aveva proposto al Parlamento; questa data probabilmente nel 2012 non verrà ricordata, purtuttavia  il Comitato Fiorentino   con la forza dei suoi ideali ed in ragione della credibilità acquisita si appresta comunque ad onorare il 17 marzo a Firenze con manifestazioni la mattina ed il pomeriggio, perchè quel legame  necessario tra élite e Paese reale non venga mai meno.

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