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La Storia con i se e con i ma

18/01/2012 da Sergio Casprini

La storia è l’arte che non rinnega la conoscenza dei fatti.
Bernard Berenson

Fu colpa dei Borbone? Per le mancanze della dinastia spagnola l’Italia fu unificata nel segno del Nord e il Mezzogiorno condannato a inseguire a distanza? A Isernia, che nel 1860 fu terra di resistenza estrema filoborbonica, teatro di stragi di garibaldini e piemontesi, giovedì 12 Gennaio hanno messo in scena un «Processo ai Borbone». Capo di imputazione: «Alla guida del più grande e più “italiano” regno della penisola, rinunciarono a dirigere il processo risorgimentale, lasciando campo libero a Garibaldi, ma soprattutto ai sabaudi». Principale tesi a difesa: «Il regno di Napoli e i Borbone furono vittime di un’aggressione, tutto il Sud subì una violenza carnale e l’Unità d’Italia ne porta, incancellabili, i segni». Vanno, in questi tempi, i processi alla Storia e sussiste in ambienti meridionali il rancore verso l’Unità e quindi il rimpianto per re Franceschiello e predecessori.

Così in un articolo del Corriere della Sera si fa la cronaca di una manifestazione, in cui sceneggiando il processo ai Borbone si dà un giudizio sul Risorgimento, proponendo una sorta di storia controfattuale con i se e i ma, negando sostanzialmente gli esiti di un processo storico, il Risorgimento appunto, che vide attuarsi l’Unità d’Italia con il successo dei Savoia e la sconfitta dei Borbone, dei Lorena, degli altri regnanti italiani.

La politica vincente dei Savoia, grazie alla lungimiranza di Cavour, a partire dalla sconfitta nella prima guerra d’indipendenza, fu da una parte quella di giocare un ruolo nell’arengo internazionale, cercando il sostegno d’Inghilterra e della Francia contro l’Austria, dall’altra quella di saper interpretare la volontà degli italiani di ogni regione, moderati o democratici che fossero, di liberarsi dal giogo dell’Austria.

 I Borbone non capirono il senso degli avvenimenti in quella congiuntura italiana ed internazionale, non fecero alcuna scelta politica a favore di loro stessi e del loro popolo e quindi a distanza di cento cinquantanni è vano istruire processi alla storia, cercare alibi alla loro insipienza, accentuare o sminuire le loro responsabilità, con l’unico esito di alimentare pulsioni antistoriche neo-borboniche e giudizi negativi sul valore del Risorgimento.

Il quale non va certamente santificato e celebrato in maniera acritica, ricordando infatti che i processi storici, e non solo quello risorgimentale, presentano sempre luci ed ombre; se quindi nel Sud, pur con l’Unità d’Italia, permangono condizioni di arretratezza economica, scarso senso dello stato ed ancora ampie zone di illegalità non è il caso di rimpiangere il bel tempo dei Borbone e  negare il reale corso dei fatti storici, ma oggi nel presente ritrovare ancor di più un senso di coesione nazionale tra tutti gli italiani per risolvere questi problemi, guardando al futuro e non rimpiangendo un passato che non c’è stato.

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