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La festa della Repubblica

01/06/2012 da Sergio Casprini

Est igitur” inquit Africanus “res pubblica res populi, populus autem non omnis hominum coetus quoquo modo congregatus, sed coetus multitudinis iuris consensu et utilitatis communione sociatus. Cicerone

 

Lo stato è dunque – disse l’Africano – una cosa del popolo, e il popolo non è ogni aggregato di gente riunito in qualche modo, ma un insieme di persone associato per consenso della legge e per una comunità di vantaggi… si legge in De Republica di Cicerone e a distanza di secoli questa frase conserva tutta la sua attualità nella ricorrenza del 2 giugno, quando si festeggia la nascita della Repubblica italiana. Gli antichi romani pur vissuti in un contesto storico e sociale diverso dal nostro si sono dimostrati maestri di democrazia e di diritto, riconoscendo la sovranità del popolo all’interno dello stato romano, ovviamente con le dovute differenze con oggi perché nell’antica Roma repubblicana governava il Senato dei patrizi e non la plebe, le donne non avevano alcun ruolo politico ed esisteva la schiavitù.

Eppure allora  il popolo romano viveva fortemente  il senso di cittadinanza, di appartenenza ad una comunità e quindi non sorprende che le antiche parole di Cicerone ci appaiano ancora moderne e che sicuramente abbiano ispirato i nostri padri costituenti nel lontano 1946.

La Repubblica italiana è nata con questo spirito che purtroppo negli anni si è attenuato, quando progressivamente sono venuti meno i valori e le idealità che tengono unito un popolo: l’interesse generale, la coesione sociale, il sentimento di italianità, l’amore per la patria ed il tricolore. A conferma di ciò il 2 giugno negli anni ‘70 scomparve come data nel calendario delle feste civili.

Fu il presidente Ciampi che ripristinò la festa del 2 giugno e la sua opera di proselitismo patriottico la sta portando avanti l’attuale presidente Napolitano, nella consapevolezza che i popoli hanno bisogno di date simboliche, in cui riconoscersi come comunità nazionale, di quella religione civile che per primi gli antichi romani avevano teorizzato e onorato.

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