Gli abiti per Eleonora Duse e Patty Pravo: riaprono dopo tre anni le prime dodici sale che raccontano l’evoluzione della Moda del Novecento.
Chiara Dino Corriere Fiorentino 13 dicembre 2023
Di decennio in decennio il viaggio nella moda del Novecento parte (e si conclude) nelle prime dodici sale del Museo della Moda inaugurate ieri per la seconda volta in era Schmidt (dopo tre anni di chiusura per Covid, restauri delle sale al secondo piano di Palazzo Pitti, adeguamento delle luci). Per le altre dieci — che comprenderanno gli abiti rappresentativi dei 4 secoli compresi tra il Rinascimento e l’Ottocento — occorrerà invece aspettare la primavera del 2024.
Il direttore Eike Schmidt annuncia che negli anni il museo crescerà ancora, perché «è pronto un progetto esecutivo per il recupero del 4°piano di Palazzo Pitti, che ospiterà parte della collezione moda e parte della Galleria d’arte Moderna». Poi con un appello chiede ad attrici, modelle, case di moda o influencer nuove donazioni per andare ad arricchire una collezione forte di 14 mila pezzi di cui 7 mila sono abiti (ci sono anche accessori, cappelli, gioielli).
Scorrere questa infilata di sale dedicate al secolo che sancisce la nascita del Made in Italy e del fashion come business e forma d’arte in senso proprio dà la misura di tanti cambiamenti avvenuti nella nostra società. «La moda infatti — ricorda la studiosa Roberta Orsi Landini — va studiata e capita rispetto al suo tempo e ai valori etici, politici, economici di cui è portatrice». Seguiamoli questi mutamenti. Negli anni antecedenti la Prima guerra mondiale la vera rivoluzione è la liberazione della donna dalla costrizione di busti e corsetti: emblematico è lo stile di Mariano Fortuny, coi suoi lunghi abiti plissettati e morbidi e manti di forte impatto come quello qui esposto disegnato per Eleonora Duse.
Gli anni Venti sono il tripudio di una certa liberazione della donna: si susseguono abiti charleston, gli orli si accorciano, inizia lo stile garçonne e il punto vita non è più segnato, come nell’abito da sera rosso di Maria Monaci Gallenga o come nello splendido vestito da sera, a paillettes degradanti dal rosa al fucsia, appartenuto a donna Franca Florio. Fra le due guerre non si può dire ci sia un ritorno all’ordine, ma certo la moda cerca rassicurazioni in un femminile più convenzionale, con abiti a sirena come quelli di Madame Vionnet e con il seno che ritorna a essere messo in risalto. Ma è negli anni Cinquanta che questa esasperazione delle curve trova il suo compimento. Sono quelli dell’emersione di uno stile caro a Sophia Loren e Gina Lollobrigida, quelli in cui a a Firenze inizia in Sala Bianca a Palazzo Pitti la stagione delle sfilate: è tutto un fiorire di abiti da cocktail, di giro-vita strizzatissimi, di gonne che si allargano a campana come nei modelli di Jole Veneziani o di Emilio Schubert che vestiva la Loren e la Lollo ma anche la regina Soraya e di cui è in mostra un vestito da sera bianco.
Gli anni Sessanta mettono in scena una vera rivoluzione: tra i consumatori della fashion crescono i giovani e le nuove generazioni chiedono linee essenziali, forme trapezoidali, gonne e abiti corti. Federico Forquet coi suoi azzardi di paillettes riceve il titolo di Dior italiano, Pino Lancetti (con i suoi miniabiti di cui uno è in mostra) veste i nuovi miti del mondo femminile, tra cui Catherine Spaak. Poi, negli anni Settanta impazza il lurex, arrivano i pigiami palazzo di Pucci, il pantalone va spesso più della gonna e rigorosamente a zampa e i motivi delle stoffe si fanno geometrici. Negli Ottanta, quando le top model sembrano diventare le padrone del mondo, quando Milano — diventata da bere — porta via da Firenze la stagione delle sfilate e la fashion è anche fenomeno di massa, i grandi nomi sono quelli di Armani, Gucci, Missoni, Krizia, Moschino.
Gucci disegna per due anni consecutivi il look che sceglierà Patty Pravo per partecipare a Sanremo contendendosi la cantante e il palco dell’Ariston con Gianni Versace. Ma tra i modelli più belli, a parte un abito da sera targato Armani che rappresenta il passaggio di millennio ce n’è uno partorito a metà degli anni Novanta da Issey Miyake. Quando il Giappone parte alla conquista dell’Ovest.