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I migranti non vanno mai in ferie!

09/08/2015 da Sergio Casprini

copertinaDall’inizio dell’anno ben duemila sono i migranti morti nel tentativo di traversare il mare Mediterraneo e quando riescono a sbarcare nelle belle coste della Calabria e della Sicilia non vanno certo a riposare negli ospitali alberghi presenti in quei litorali e tantomeno a prendere il sole negli stabilimenti balneari ma conducono vita grama nei centri di accoglienza in attesa che venga deciso il loro destino.

Occorre pertanto una saggia e concreta politica nei loro confronti se vogliamo che il processo della loro integrazione nel nostro Paese non resti una petizione di principio o peggio espressione di posizioni ideologiche e demagogiche con il rischio di alimentare reazioni di intolleranza e razzismo contro i migranti da parte degli italiani.

Ernesto Galli della Loggia da tempo conduce sul Corriere della Sera una campagna per una realistica politica di accoglienza nella consapevolezza della gravità di una situazione che si trasforma sempre di più in una emergenza sociale non episodica ma epocale.

Nella ricerca di soluzione concrete, che ottemperino ad un tempo alla salvezza dei migranti ed alla sicurezza dei nostri concittadini Galli della Loggia prova a suggerire alcune proposte di buon senso e non a fare sermoni buonisti sull’obbligo dell’ «accoglienza» che lasciano il tempo che trovano !

Quello che seguono sono appunto le conclusioni di un suo editoriale, pubblicato sul Corriere della Sera domenica 2 agosto:

…L’insicurezza dei nostri concittadini è prodotta dal vedere un estraneo comportarsi senza alcun riguardo verso la comunità di cui si fa parte. Per esempio orinare a proprio piacere contro i muri, ubriacarsi e schiamazzare a perdifiato, non pagare il biglietto sui mezzi pubblici, accamparsi nei parchi cittadini, vendere dovunque merce contraffatta, invadere gli spazi comuni (stazioni, marciapiedi) per dedicarsi apertamente al taccheggio, o tenere analoghi comportamenti: e però venendo sanzionato, bene che vada, solo una volta su mille. Per simili gesta, infatti, le forze dell’ordine e le polizie locali non solo non intervengono quasi mai, ma quando lo fanno la cosa di regola non ha alcun esito significativo. Non so se i ministri dell’Interno e della Giustizia, i sindaci, si rendono contro che assecondando questo andazzo essi si assumono la grave responsabilità di contribuire ad esasperare lo spirito pubblico, ad eccitarlo al massimo contro gli immigrati. Se invece si trovasse il modo di intervenire contro le suddette infrazioni con frequenza e in senso immediatamente punitivo (sì, punitivo: guai ad aver paura delle parole), ciò avrebbe un importantissimo effetto di rassicurazione… Oppure introdurre la possibilità di comminare, in sostituzione di pene pecuniarie spesso inesigibili, l’obbligo di eseguire lavori socialmente utili? Perché non pensarci? Il governo neppure immagina, mi pare, la molteplicità di effetti positivi che avrebbe sull’opinione pubblica vedere un passeggero abusivo o una taccheggiatrice costretti, che so, a spazzare una strada per una settimana o a cancellare le scritta dai muri di una scuola: nati in Italia o altrove non importa, naturalmente, ma non nascondiamoci che nel caso degli immigrati il valore di una simile politica sarebbe davvero strategico. Trasmetterebbe loro il messaggio che il primo obbligo che essi hanno, venendo in Italia, è quello di rispettare, come chiunque, le norme che regolano la nostra collettività. E ai nostri concittadini farebbe capire che in una situazione di confronto difficile con estranei che adottano comportamenti impropri (come fanno assai spesso gli immigrati, non nascondiamoci dietro un dito) essi non sono abbandonati a se stessi ma possono, al contrario, contare sull’aiuto efficace dello Stato. Il secondo sentimento che specie negli strati popolari è colpito più negativamente dall’immigrazione è il sentimento della giustizia, ovvero il bisogno di eguaglianza. Ogni beneficio concesso agli immigrati è visto come qualcosa tolto agli italiani, gettando così le basi per una contraddizione, politicamente micidiale, tra spesa sociale e spesa per l’accoglienza, tra «noi» (che paghiamo le tasse) e «loro». È sciocco negare che questa sensazione si basi su dati reali, riguardanti soprattutto i rifugiati e i richiedenti asilo: per i quali i regolamenti europei prevedono la concessione di varie provvidenze. Basti pensare che in Germania, quest’anno, la loro accoglienza peserà sul bilancio dello Stato per qualcosa come 6 miliardi di euro… mi sembra comunque ancora più urgente un’altra misura. E cioè – riprendo un’idea lanciata da Giovanna Zincone sulla Stampa – che nel nostro Paese si stabilisca che ad ogni provvidenza erogata dallo Stato per gli immigrati o i rifugiati corrisponda un’erogazione di pari ammontare di beni e servizi ai territori che li accolgono (sotto forma di restauro di edifici, di nuove attrezzature pubbliche, di dotazione di asili e centri sociali, di miglioramento della pulizia e della vivibilità dei luoghi, ecc.)…

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