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GIUSEPPE GARIBALDI

01/07/2022
Silvestro Lega Ritratto  di Giuseppe Garibaldi 1861

L’uomo il quale difende la sua patria o che attacca l’altrui paese non è che un soldato pietoso nella prima ipotesi – ingiusto nella seconda — ma l’uomo, il quale, facendosi cosmopolita, adotta la seconda per patria, e va ad offrire la spada ed il sangue ad ogni popolo che lotta contro la tirannia è più d’un soldato: è un eroe. Le memorie di Garibaldi di Alexandre Dumas. 

Affresco al Campidoglio di Washington nella Sala dell’Indipendenza
Sottoscrizione della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, Philadelphia 4 luglio 1776

 

Il 4 luglio è il giorno dell’Indipendenza degli Stati Uniti, una festa nazionale, che celebra l’adozione della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, con la quale nel 1776  tredici colonie inglesi si distaccarono dal Regno di Gran Bretagna. Il 4 luglio è anche il giorno, in cui nel 1807 nasceva a Nizza Giuseppe Garibaldi. Se si ripercorre la storia della sua vita intensa e avventurosa – durante la quale combatté, come ricordava Dumas, per la libertà dei popoli contro gli oppressori – non si può fare a meno di cogliere la convergenza simbolica della sua data di nascita con la data di nascita della libertà degli Stati Uniti.

Garibaldi arrivò la prima volta nell’America del Nord nell’estate del 1850, quando dovette allontanarsi dall’Italia dopo la difesa eroica e la sconfitta della Repubblica Romana e l’ancor più drammatica vicenda della fuga da Roma con Anita, conclusasi con la morte della sua amata compagna nelle paludi delle valli di Comacchio il 4 agosto del 1849. Si stabilì a New York e visse come operaio in una piccola fabbrica di candele creata a Staten Island dal suo compatriota Antonio Meucci. Successivamente fu nell’America centrale; e ritornò a New York nell’autunno del 1853, per ripartirne per l’Europa ai primi di gennaio dell’anno seguente al comando di una nave diretta in Inghilterra e a Genova. Ebbe modo così di conoscere, sia pur vivendo in condizioni disagiate, una nazione appena nata, che con luci e ombre come in tutti i processi storici si stava affermando come un Paese moderno e democratico sul piano sociale, economico e politico.

Abramo Lincoln

L’occasione per Garibaldi di dare agli Stati Uniti un aiuto più significativo sul piano militare si presentò nel 1861 allo scoppio della Guerra di Secessione, quando si schierò dalla parte dei Nordisti. Certa­men­te ave­re Ga­ri­bal­di sa­reb­be sta­to un vero suc­ces­so per i nor­di­sti; co­no­sciu­tis­si­mo ol­tre ocea­no e ap­prez­za­to per le sue doti di co­man­dan­te, soprattutto dopo la vittoriosa impresa dei Mille, avreb­be cer­to ri­vi­ta­liz­za­to l’u­mo­re dei sol­da­ti nor­di­sti che pro­prio in quei pri­mi mesi di guer­ra non ave­va­no ot­te­nu­ti an­co­ra suc­ces­si sui cam­pi di battaglia. Lin­coln stes­so, da poco rie­let­to alla pre­si­den­za, lan­ciò un pub­bli­co ap­pel­lo in­vi­tan­do “l’E­roe del­la li­ber­tà di pre­sta­re la po­ten­za del suo nome, il suo ge­nio e la sua spa­da alla cau­sa del­la Re­pub­bli­ca stel­la­ta”, a di­mo­stra­zio­ne ­del­la gran­de po­po­la­ri­tà di Ga­ri­bal­di nel con­ti­nen­te ame­ri­ca­no, dove era an­co­ra viva la me­mo­ria del­le sue bat­ta­glie com­bat­tu­te per anni in Su­da­me­ri­ca per l’in­di­pen­den­za del Rio Gran­de do Sul con­tro il Bra­si­le e del­l’U­ru­guay con­tro l’Ar­gen­ti­na. La partecipazione però a questa ennesima impresa in terra straniera non andò a buon fine in quanto, come scrive lo storico Arrigo Petacco, “Garibaldi era pronto ad accettare all’inizio del 1862 l’offerta di Lincoln, ma a una condizione; che cioè l’obiettivo della guerra dichiarato fosse l’abolizione della schiavitù. Ma in quel particolare momento il presidente non era ancora disposto a fare una simile affermazione, perché credeva che ciò avrebbe potuto solo peggiorare la già seria crisi agricola.” E quindi, pur con rispetto, declinò l’offerta di Lincoln.

La popolarità di Garibaldi nel mondo anglosassone fu confermata negli stessi anni quando fece un viaggio in Inghilterra dopo i fatti drammatici di Aspromonte del 29 agosto 1862, in cui fu ferito dai militari italiani mentre con i suoi volontari cercava di raggiungere Roma per liberarla dal potere pontificio.

Dai giornali inglesi: La nave giunse al porto di Southampton alle quattro del pomeriggio del 3 aprile 1864. Era domenica, faceva freddo e pioveva. Una folla enorme tuttavia lo stava attendendo fin dalla mattina. Si trattava di gente comune, immigrati italiani, operai, nobili, esuli di molti paesi. Quando lo videro ritto in piedi sulla nave intento a salutarli, andarono letteralmente in delirio. L’eroe, il messia laico, il comandante intrepido era vestito come suo solito con stivali, casacca rossa sotto un mantello grigio e l’immancabile sciarpa rossa. Al gesto della sua mano, quasi benedicente, la folla rispose gridando il suo nome e “viva l’Italia”. Era giunto il liberatore dei popoli, l’eroe di tante battaglie a favore della povera gente, l’incarnazione degli ideali di libertà e di giustizia, conosciuto, amato e invocato in tutto il mondo… e poi, arrivò il giorno della partenza per Londra. Nella capitale una folla mai vista prima, secondo l’Illustrated London News lo attendevano oltre 500.000 persone, riempiva tutta Trafalgar Square. I giornali parlarono della più grande manifestazione della storia inglese.

Garibaldi  a Trafalgar Square

La popolarità di Garibaldi non nasce solo dal suo coraggio di combattente per la libertà dei popoli, ma anche dal suo disinteresse per il successo mondano e per gli agi materiali: ideali di una vita sobria e dignitosa. All’indomani dello storico incontro di Teano, dopo aver consegnato a Vittorio Emanuele un regno di nove milioni di abitanti, Garibaldi fece ritorno a Caprera, la sua piccola patria ideale, con un sacco di sementi, tre cavalli e una balla di stoccafisso.

Sfortunato quel popolo che ha bisogno di eroi” è il famoso ammonimento di Bertold Brecht, rivelatore di una visione utopica, ma anche ideologica, di un’umanità liberata per sempre da guerre e oppressioni. Un auspicio che non fa i conti con la storia degli uomini, che è fatta anche di lacrime e sangue e del sacrificio eroico di chi combatte per una causa giusta. Il Risorgimento italiano è stato uno di questi momenti storici e di tanti suoi protagonisti serbiamo un reverente ricordo. E tra questi spicca Giuseppe Garibaldi, che resta anche per l’oggi un fulgido esempio per le nuove generazioni, smarrite in tempi di crisi, di pandemie, di guerre e di disastri ambientali.

Durante la guerra franco-prussiana i Tedeschi occuparono Digione il 29 ottobre 1870. In soccorso della repubblica francese soccombente – Napoleone III era stato fatto prigioniero, l’Impero era caduto ed era nata una Repubblica – l’armata garibaldina dei Vosgi condotta da Garibaldi, ormai arrivato all’età di 63 anni, riuscì a liberare la città; e fu l’unica vittoria per i francesi in una campagna militare disastrosa. Certamente oggi Giuseppe Garibaldi con i suoi volontari sarebbe a fianco degli ucraini per l’indipendenza del loro Paese, coerentemente con l’impegno di offrire la spada ed il sangue ad ogni popolo che lotta contro la tirannia.

Sergio Casprini

Garibaldi a Digione

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato in: Editoriale
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