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Asproni, il sardo che disse no a Cavour

14/01/2013 da Comitato Fiorentino per il Risorgimento

Un libro di Francesca Pau su un patriota autonomista nemico del moderatismo

Arturo Colombo      Corriere della sera   8 gennaio

copertina libroGiorgio Asproni, sardo nato a Bitti nel 1808, è protagonista del saggio di Francesca Pau, Un oppositore democratico negli anni della destra storica (Editore Carocci), che ricostruisce attraverso una ricca documentazione anche inedita l’attività parlamentare e giornalistica da lui svolta lungo un trentennio, dal 1848 al 1876.

Figura singolare, quella di Asproni, che aveva preso i voti e poi abbandonato l’abito talare, dedicandosi interamente alla politica, sempre più convinto che occorreva opporsi vigorosamente alla linea moderata di Cavour e dei successori, se si voleva dar vita a un’autentica democrazia partecipativa, che mettesse fine a ogni discriminazione.

Utilizzando con accortezza interventi giornalistici e brani dei discorsi pronunciati dai banchi della Camera, la Pau spiega gli aspetti-chiave dell’alternativa politica proposta da Asproni. Anzitutto l’esigenza di un’educazione politica, da diffondere in ogni strato della popolazione, così da trasformarsi in una fertile «pedagogia della libertà», capace di dare addirittura un fondamento «etico» alla futura democrazia.

Giorgio Asproni (1808-1876, nell’immagine) autonomista e repubblicano, fu deputato in tutto per nove legislature

Infatti, se è vero – precisa Asproni – che «la politica è madre di ogni bene come di ogni calamità sociale», diventa indispensabile che a eleggere i rappresentanti in Parlamento e al governo concorrano tutti, senza distinzioni di censo né di sesso, ossia «uomini e donne, ricchi e poveri». Aggiunge: «È incomprensibile che un fatto che tocca i singoli – cioè la scelta di chi è chiamato a governarci – non sia consentito ed approvato da tutti». Ma non basta. L’ordinamento democratico non deve reggersi su due soli poteri – legislativo ed esecutivo, come prevedeva lo Statuto albertino – ma garantire anche l’autonomia della magistratura: allora «un’arma in mano del potere» taglia corto Asproni, e fin dal 1866 ribadisce con fermezza: «Abbiamo procuratori del re manubri del potere politico, e poliziotti, sbirri, sfrenata autorità d’imprigionare senza processo, impunemente».

Ha ragione la Pau nel sottolineare l’attualità di tante delle proposte avanzate da Asproni, che non assunse mai posizioni estremistiche o demagogiche, ma – anche come oppositore – cercò sempre di operare a favore di una coraggiosa politica delle riforme, ancora oggi così difficile da rendere operante.

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